Martedì 2 febbraio io ed Enzo Favoino faremo parte della delegazione congiunta Zero Waste Europe e Zero Waste Italy invitata dalla Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici della Camera per raccogliere le proposte circa il Recovery Plan del movimento Rifiuti Zero. È certamente un risultato importante preparato da vari incontri promossi in rete che hanno portato ad un mio incontro con nove deputati e senatori del MoVimento 5 stelle quasi tutti membri delle Commissioni Ambiente di Camera e Senato.

Da questi incontri emerge chiaro che siamo ad un bivio: o proseguire verso il “disastro” accentuando la rotta di collisione con gli equilibri naturali del Pianeta o cambiare passo iniziando in concreto una conversione ecologica fuori dal fanatismo dello spreco, dell’usa e getta, della plastica e dello spreco.

Concretezza vuol dire investire l’enorme mole di soldi provenienti dall’Ue sulla rivoluzione ecologica che deve rappresentare il tema trasversale che superi approcci settoriali alla crisi pandemica che chiede all’intero mondo economico di riconvertirsi da un approccio lineare ad uno circolare come ormai come un “mantra” chiede la stessa Unione Europea. Questo è ciò che diremo alla Commissione della Camera, chiedendo di porre al centro dell’azione parlamentare la questione ambientale che può e deve essere anche occasione e volano di nuova economia e di decine di migliaia di posti di lavoro. Economia Circolare, agricoltura biologica e a chilometro zero da diffondere anche nei tessuti urbani, riequilibrando e riparando i dissesti idrogeologici riscoprendo e promuovendo la funzione di custode dei territori e della fertilità dei suoli da parte degli agricoltori che dovranno essere incentivati ad utilizzare compost proveniente dalle raccolte differenziate della frazione organica e verde degli scarti, generalizzando soprattutto al Sud la raccolta differenziata porta a porta integrata con piattaforme ed impianti in grado di valorizzare i materiali recuperati da reinserire nei cicli produttivi sia agronomici che manifatturieri.

Seguendo questa impostazione sarà possibile gradualmente spostare occupazione da modelli inquinanti a modelli in grado di uscire in modo pragmatico dai modelli lineari dell’industria sporca responsabili del massacro ambientale che i numeri, impietosamente, pongono sotto i nostri occhi e che non possono che condurre ragionevolmente ad una svolta. Riparare, riusare, bonificare, recuperare, riprogettare sono le porte principali da cui passa la resilienza di cui oggi non possiamo fare a meno nell’utilizzo degli oltre 200 miliardi di euro stanziati dall’Europa per il nostro paese (circa 700 miliardi per l’intero continente). La stessa crisi di governo non può che essere risolta senza cambiare l’ordine delle priorità al vertice delle quali si impone un ripristino degli equilibri naturali infranti in modo pesantissimo da uno sviluppo alternativo ad un sensato progetto di civilizzazione e di progresso.

Il movimento Zero Waste che in questi ultimi 20 anni si è sviluppato in tutta Europa ma a partire una volta tanto dalla’Italia non mancherà di portare il proprio contributo vincente (ormai sono 311 i comuni italiani che attuano il percorso Rifiuti Zero su di una platea di oltre 7 milioni di abitanti!) a favore di una nuova governance in cui difesa della salute, difesa del pianeta, sviluppo di imprese locali e coinvolgimento diffuso di civismo e di scienza dal basso sono le basi fondante in grado di generare crescente attenzione ed entusiasmo tra coloro che soprattutto sono impegnati senza conflitti di interessi a non sbagliare, questa volta, l’accesso al bivio.

Sullo sfondo anche una sfida tutta politica. Valuteremo, controlleremo, verificheremo: se le forze esistenti non saranno capaci o peggio vorranno riproporre vecchi modelli distruttivi dell’ambiente. Sarà il momento di dar corpo ad un nuovo soggetto politico con i piedi per terra in grado di scendere anche in politica elettorale. Il progetto “Terra Terra per la Rivoluzione Ecologica” è pronto a spiccare il volo! Intanto sta facendo volare gli aquiloni, aquiloni ben radicati nei territori dove le comunità, tutt’altro che artificiali, hanno le proprie radici.

Aggiornato da redazione web il 2 febbraio alle 14.00

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