C’era una volta, lontano, lontano, nel regno di Televoto, la strega cattiva Renzi che tutti i giorni compulsava ansiosamente la rubrica dei sondaggi per controllare il proprio livello di popolarità: “Schermo, schermo delle mie brame/ dimmi: chi è il più figo del reame?”. E la risposta che non si faceva attendere era sempre la stessa: “Il più figo sei ancora tu, o mia signora”.

Ma un brutto giorno dallo schermo giunse la ferale notizia: “Assai figo tu sei, o mia signora. Ma al mondo c’è/ qualcuno in abito blu e pochette ancora più figo di te”.

La strega invidiosa capì subito dall’accenno sartoriale che il messaggio riguardava il candido prence Giuseppi; e la rabbia s’impossessò del suo animo vendicativo. Come osava quel parvenu, quel bricoleur della politica insidiare la sua primazia?

Nani e ballerine tra i più celebrati del reame – l’ebbro giullare Rosatellum e la cavallina nitrente Etruria Boschi – vennero convocati per distrarre la Renzi e mitigarne le furie; mentre quella continuava ad appesantirsi a vista d’occhio per l’accumulo di grasso ansioso.

Quando ormai appariva evidente che la strega cicciona stesse trasmigrando di storia (e così finire nell’altra della rana gonfiata fino a scoppiare imitando un bue), si decise di adottare estremi rimedi per mali estremi. Perciò venne convocata la guardiacaccia Teresa Bellanova, che la Renzi utilizzava in tutte le soluzioni finali.

“Portami il cuore del fighetto Giuseppi”, l’odine impartito.

Così, il giorno dopo, la monumentale donna di mano convinse la sua futura vittima a seguirla nel bosco, promettendogli che l’avrebbe fatto incontrare con un mago della pianificazione in materia di investimenti strategici di fondi europei.

Ma la feroce Bellanova era anche una terribile pasticciona, come si era visto quando fu spedita in Apulia a ordire una congiura elettorale ai danni del margravio locale, ser Emiliano, e finì per farlo votare. Così si fece scoprire mentre cercava il coltellaccio da macellaio per sgozzare il candido prence, rovistando nella sporta da bracciante,

Comprese le intenzioni dell’accompagnatrice, quello si diede precipitosamente alla fuga, dimettendosi dalla compagnia. Sicché la sgozzatrice mancata, per salvare le apparenze, afferrò un tremulo leprotto Scalfarotto di passaggio; il cui muscolo cardiaco ancora pulsante fu portato al cospetto della Renzi, che ne fu deliziata.

Intanto il fuggitivo si aggirava sperduto nel bosco. Finché arrivò davanti a una casupola cadente. Lesse la targhetta sulla porta con la scritta Pd e bussò: come al solito era vuota. Non c’erano catenacci e così il nostro eroe poté entrare: scoprì un ambiente dove tutto era minimal, compresi i sette lettini su cui coricarsi come se fosse un unico giaciglio di normali dimensioni. Era stanchissimo e si addormentò subito. Al risveglio era circondato dai padroni di casa, che lo guardavano interrogativi: i sette nani Orlandolo, Zingarettolo, Franceschinolo, Bersanolo, Gualtierolo, Dalemolo e Speranzolo. Visto che era un ospite garbato ed elegante si decise di ospitarlo, in attesa che i suoi amici del ducato delle Cinque Stelle smettessero di litigare accorgendosi della sua scomparsa. Invece chi se ne era accorto era la solita strega malvagia, a cui lo schermo aveva rivelato l’accaduto.

Per questo la bieca Renzi, travestita da vü cumprà arabo saudita, si presentò all’uscio della casetta del sette nani, che avevano raccomandato a Giuseppi di non far entrare nessuno. Attraverso la finestra aperta la strega offrì al prence una mela contenente il veleno della sfiducia, invitandolo ad assaggiarla. Appena addentato il frutto fatale, l’incauto cadde a terra fulminato. Nel frattempo i sette nani erano tornati dal lavoro in miniera e si ricordarono che un tempo, prima di finire rimpiccioliti, avevano militato in un grande partito. Così presero coraggio e attaccarono l’avvelenatrice con pale e picconi, fino a precipitarla nel baratro del 2 per cento. Poi composero le spoglie di Giuseppi in un’urna di cristallo piangendo, alcuni lacrime sincere e altri di coccodrillo. Ma costui non era morto: fortunatamente serbava nel taschino l’antidoto di una santa immaginetta di Padre Pio, che aveva sviato l’avvelenamento mortale in un sonno eterno. Così c’era ancora l’opportunità per la fata turchina Mattarella di assicurare il previsto lieto fine. Purtroppo, per il risveglio del bell’addormentato in coma, non aveva trovato a disposizione niente di meglio di Roberto Fico, quale cavaliere sul bianco destriero. Fico per figo? Bah…

(continua)

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