di Cristina Rolfini *

Non sono una donna dai colpi di testa, preparo la rivoluzione passo dopo passo. La mia è iniziata con le dimissioni, esito di un lento quanto meditato percorso di cambiamento, e della costruzione di quel po’ di fiducia necessaria per compiere il salto. Allo scoccare dei 50 anni ho lasciato il posto fisso in casa editrice. Non per disperazione, anzi. Ho chiuso il cerchio nel punto di massima soddisfazione, professionale e umana. Paradossalmente, proprio la condizione felice non produceva più crescita. Ero al sicuro, ma ferma.

Sembrava una follia, a quest’età poi. Una buona posizione, un ambiente amico e confortevole, un settore interessante, un’azienda solida. Eppure dovevo evadere dalla bolla protetta: desideravo con tutta me stessa provare un’altra vita. E le cose o si fanno o non si fanno.

Sono andata via senza garanzie né incentivi, con qualche promessa. Potevo contare sulle mie sole forze, professionalità, esperienza, una certa affidabilità che porto in dote, la sottile e un po’ incosciente speranza che le cose sarebbero andate bene e che avrei avuto lavoro anche “dopo”. Non avevo mai pensato che si potesse diventare nomadi digitali. Ma in effetti il mio punto di vista di lavoratrice dipendente era molto limitato, me ne sono accorta poi. Dopo vent’anni di sedentarietà in un ufficio milanese anelavo al movimento più di ogni altra cosa, ero uscita per quello. Volevo provare a riorganizzare l’esistenza in libera professione viaggiando, e il lavoro sarebbe venuto con me, computer nello zaino.

Caraibi, Baleari, Sudafrica, Serbia, Seychelles, Svezia, Sardegna, Armenia, ci sono andata da viaggiatrice-lavoratrice, a volte pienissima, nel fuoco delle chiusure dei libri, a volte più scarica. L’ultima esperienza si è conclusa a dicembre alle isole Canarie, una delle poche mete possibili in questi tempi di pandemia. Qui anzi proprio il Covid ha cambiato la prospettiva: a La Gomera chiamano i professionisti a trasferirsi per un po’, clima caldo tutto l’anno, wi-fi veloce, prezzi accessibili.

Lavoro in viaggio, da modulare nella giornata secondo il carico, il luogo e il tempo a disposizione. Specialmente nei posti freddi, in inverno, quando fa buio presto, il lavoro si concentra nel pomeriggio-sera. In ogni latitudine è la mattina il momento che preferisco per le esplorazioni in città o nel luogo di natura dove ho deciso di fissare la sosta. Flessibilità e adattamento sono però necessari per andare incontro alle occasioni; perché funzioni, viaggio e lavoro devono mantenersi in equilibrio.

L’ufficio mobile ha bisogno di un tavolo, una connessione buona, un contesto favorevole alla concentrazione. Ho lavorato in barca, in un resort della selvaggia West Coast sudafricana, in un remoto ostello in Lapponia, nelle eleganti caffetterie di Stoccolma, in comode case affittate per una o due settimane, nelle stanze di piccoli hotel, ospite dagli amici, nelle biblioteche delle città. Ci vuole senz’altro una certa disciplina nell’impostazione della giornata e capacità di programmazione per non mancare le scadenze; può essere faticoso, soprattutto quando ci si trova a recuperare fino a tarda notte, ma dà molta soddisfazione.

Così il lavoro non costringe a rinunciare al viaggio, anzi gli conferisce qualcosa di nuovo e diverso. Rendendolo innanzitutto sostenibile dal punto di vista economico, ma c’è molto di più. Si evita il sorvolo turistico, le tappe sono necessariamente più lunghe e un ambientamento lento favorisce una maggiore conoscenza del luogo e delle persone. Il viaggio a sua volta arricchisce il lavoro, lo fa uscire dagli spazi angusti in cui troppo spesso è relegato e lo rende in questo modo più creativo. Si supera la distinzione tra lavoro e vacanza a favore di un’esperienza più piena, meno segmentata in compartimenti stagni. Il viaggio diventa vita incorporandone tutte le dimensioni.

Certamente non tutti gli incarichi si prestano ad essere trasportati, ma sempre di più lo potranno diventare. L’attività di revisione e scrittura di testi che ho svolto in questi anni si è rivelata adatta, almeno in certe fasi. La gamma di mestieri attuabili da remoto è tuttavia davvero sorprendente e si sta ampliando in questa particolare fase di pandemia che accelera la digitalizzazione. L’ho imparato dai Digital Nomads Around the World, una tribù variegatissima presente su Facebook, che condivide questo stile di vita nelle forme più diverse. La mia è senz’altro intermittente e parziale, non sono ancora arrivata a viaggiare un intero anno o l’intera vita. Ma è questo il sogno che mi muove.

* Freelance con lunga esperienza nell’editoria scolastica. Curo per Pearson Italia il sito Agorà. Nel mio blog Pensieri Nomadi raccolgo esperienze, viaggi, riflessioni di una vita in movimento e in cambiamento.

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