L'ex Cavaliere lascia la Provenza ed è atteso a Roma. La scelta dell'ex capo della Bce "va nella direzione che abbiamo indicato da settimane", ha detto ai suoi, aprendo a un ingresso nell'esecutivo. Ma presentandosi a Roma, per conquistare fisicamente e mediaticamente la scena, rischia di complicare il percorso dei 5 stelle. Che su nomine e giustizia non hanno intenzione di arretrare
Le voci si sono susseguite per tutta la giornata, poi la conferma di Antonio Tajani: “Sarà Berlusconi a guidare la delegazione di Forza Italia nelle consultazioni con Draghi. Del resto fu lui a indicarlo come governatore alla Banca centrale europea, tra loro c’è un’antica conoscenza e assonanza sulle politiche economiche seguite quando era alla guida della Bce”. L’ex Cavaliere lascia quindi la blindatissima villa in Provenza, dove si è rifugiato dall’inizio della pandemia (salvo sporadiche apparizioni a Milano), per incontrare di persona il premier incaricato. Una decisione dal chiaro peso politico che non era stata adottata nemmeno durante le consultazioni al Quirinale, quando davanti al capo dello Stato si sono presentati solo i colonnelli del partito. L’altra differenza è che in quell’occasione il centrodestra è salito al Colle compatto, mentre ora ognuno andrà per conto suo. Il perché è evidente: se Giorgia Meloni è ancora indecisa su un’eventuale astensione e Matteo Salvini tentenna tra le elezioni a tutti i costi e la linea filo-governista del suo vice Giorgetti, Berlusconi ha già le idee molto chiare. La scelta dell’ex capo della Bce “va nella direzione che abbiamo indicato da settimane – ha detto ai suoi – Quella di una personalità di alto profilo istituzionale attorno alla quale si possa tentare di realizzare l’unità sostanziale delle migliori energie del Paese“. Una netta apertura che, se unita alle spinte di Conte e Di Maio per portare i 5 stelle sulla posizione di Pd e Leu, potrebbe subito spalancare a Mario Draghi le porte di Palazzo Chigi sul solco della ben nota maggioranza Ursula. Oppure complicare il percorso, visto tutto quello che Berlusconi porta con sé e che la base del Movimento ha combattuto da sempre: le leggi ad personam, il conflitto d’interessi, la P2, i processi, la sentenza passata in giudicato su Marcello Dell’Utri e Cosa Nostra, le epurazioni dalla Rai, il Bunga bunga, il caso Ruby.
Senza Lega e Fratelli d’Italia, però, i numeri di Forza Italia soprattutto al Senato sono determinanti. Ed è chiaro che Berlusconi non ha intenzione di mettersi in viaggio dalla Francia solo per omaggiare “un vecchio amico”. Da quando ha contratto il coronavirus – “tra le peggiori esperienze della mia vita”, ha ammesso a Fabio Fazio – dal punto di vista della salute non si è mai ripreso del tutto. Tra fine novembre e metà gennaio più volte i suoi avvocati hanno giustificato l’assenza al processo Ruby ter per un “peggioramento” del quadro clinico, fino al ricovero disposto “d’urgenza” nel principato di Monaco per “un problema cardiaco“. Se Berlusconi si muove, quindi, c’è un motivo preciso. Ed è quello di sedersi al tavolo delle trattative con il premier incaricato. Per ritagliarsi, fisicamente e mediaticamente, un ruolo di primo piano in questa partita. Una mossa che però rischia di essere controproducente, perché per i 5 stelle un conto è costruire una maggioranza Ursula con i suoi parlamentari, un conto è dialogare direttamente con lui. Che potrebbe provare a incidere sulla scelta dei ministeri in alcune caselle chiave, dalla Giustizia alla delega per le telecomunicazioni, le riforme strutturali che l’Unione europea chiede in parallelo agli investimenti del Recovery plan (i 209 miliardi da spendere entro i prossimi anni), le nomine nelle aziende di Stato, una nuova legge elettorale.
“È naturale da parte nostra guardare senza alcun pregiudizio al tentativo del Presidente incaricato, al quale proporremo – nella naturale prosecuzione di un atteggiamento responsabile che contraddistingue l’azione di Forza Italia – idee e contenuti“, ha detto durante un collegamento con il vicepresidente Antonio Tajani e le due capigruppo Bernini e Gelmini. Il timore è che su qualcosa l’ex presidente Bce dovrà cedere, anche in virtù di quell'”antica conoscenza” tra lui e il fondatore di Forza Italia. A Palazzo Chigi c’era infatti Berlusconi quando Draghi nel maggio 2011 fu indicato dall’Eurogruppo come il candidato alla presidenza della Banca centrale europea. Le date però sono significative: soltanto pochi mesi dopo il banchiere avrebbe firmato insieme al presidente uscente Jean Claude Trichet la famosa lettera segreta con cui si chiedeva all’Italia di varare drastiche misure di correzione dei conti pubblici per evitare il default. Tutto inutile, perché con lo spread alle stelle, Berlusconi travolto dagli scandali e il Paese a un passo dal baratro, il governo di centrodestra fu sostituito dai tecnici guidati da Mario Monti.
Oggi la situazione è ben diversa. E Berlusconi lo sa bene: “Ho parlato di ‘governo dei migliori’ ed è ovvio attendersi una squadra di governo di profilo adeguato all’enorme impegno che l’esecutivo avrà di fronte”, ha ribadito ai suoi. “Ci aspettiamo ovviamente anche un programma all’altezza delle esigenze e delle aspettative della Nazione, su temi cruciali come il piano vaccinale, il Recovery Fund, i ristori, il fisco, la burocrazia, la giustizia“. Già, la giustizia. A parte Mediaset e tutto ciò che ruota intorno alle telco, è sempre stato questo il principale interesse dell’ex Cavaliere. Che si è sempre districato tra gli attacchi ai “pm di sinistra“, il lodo Schifani e il lodo Alfano per mettersi al riparo dalle inchieste (puntualmente bocciati dalla Consulta), il continuo viavai dalle aule di tribunale. E la condanna passata in giudicato per frode fiscale. Berlusconi potrebbe richiedere quindi garanzie in nome del “garantismo“.
E in questo c’è ben poca differenza con Matteo Renzi, che proprio sulla riforma dei processi voluta da Alfonso Bonafede e la legge “Spazzacorrotti” che ha rivisto la prescrizione in linea con le richieste dell’Ue ha fatto cadere il governo Conte. Il prossimo esecutivo, a prescindere da chi lo guiderà, sarà chiamato a rivedere strutturalmente il sistema giudiziario italiano. Per poter spendere i soldi del Recovery fund, infatti, la Commissione impone a ogni Paese di proporre misure con cui “affrontare efficacemente” i punti deboli rilevati dal Consiglio nelle sue raccomandazioni specifiche pubblicate ogni anno. Per l’Italia in cima alla lista c’è proprio la lentezza della giustizia. Rischia quindi di essere questo il principale terreno di scontro con il Movimento 5 stelle, non intenzionato a cedere di un passo sui tempi della prescrizione, sulle leggi anti-corruzione, sullo stop alle porte girevoli tra politica e magistratura. E l’annunciato arrivo a Roma di Berlusconi non fa altro che complicare le cose.