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Il capo della diplomazia Ue Borrell a Mosca per chiedere la liberazione di Navalny: “Sentenza politica”. Cremlino: “Nessuna repressione”

Secondo le stime della ong Ovd-Info, sono oltre 11mila le persone fermate nelle proteste del 23 e 31 gennaio e del 3 febbraio, mentre 750 sono state condannate all’arresto amministrativo. In carcere anche il direttore della testata online MediaZona, Serghiei Smirnov, accusato di ripetute violazioni delle norme sulle manifestazioni di massa dopo un retweet

L’Unione europea si è mossa per ottenere l’immediato rilascio dell’oppositore russo Alexei Navalny, condannato il 2 febbraio a 2 anni e 5 mesi di carcere. A 48 ore dalla sentenza, il capo della diplomazia di Bruxelles, l’Alto rappresentante per la Politica Estera Josep Borrell, si è recato a Mosca dove incontrerà il ministro degli Esteri, Sergej Lavrov, al quale chiederà di liberare il blogger dissidente: “Porterà a Mosca i messaggi dell’Ue. Il caso Navalny e l’arresto dei manifestanti sarà uno degli elementi di priorità, la situazione per l’Unione è inaccettabile e la richiesta è chiara e forte, vanno rilasciati subito”, ha dichiarato il portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna, Peter Stano.

Si tratta della prima visita di un capo della diplomazia Ue dal 2017. Borrell rimarrà nella capitale russa fino al 6 febbraio, anche se dal Cremlino fanno sapere che non è in programma un incontro con il presidente Vladimir Putin, mentre vedrà anche interlocutori della società civile e del mondo accademico. Oltre al caso Navalny e le preoccupazioni per le libertà fondamentali e i diritti umani nel Paese, si affronteranno anche il tema delle azioni russe in Ucraina e nei Paesi del vicinato, l’importanza di continuare ad attuare l’accordo sul nucleare iraniano, la risposta globale alla pandemia di coronavirus e la lotta ai cambiamenti climatici.

“Crediamo che la sentenza sia motivata politicamente – ha dichiarato lo stesso Borrell all’agenzia Interfax – Nel 2017, la Corte europea dei diritti dell’uomo aveva già stabilito che la condanna di Navalny era illegale e arbitraria. Non si tratta d’ingerenza negli affari interni (come ha invece denunciato il governo russo nei giorni scorsi, ndr), si tratta di principi universali e d’impegni internazionali anche nei confronti dei propri cittadini che la Russia ha sottoscritto come membro del Consiglio d’Europa e come Stato partecipante all’Osce”.

Proprio il Consiglio d’Europa ha condannato la decisione del tribunale russo: “Deploriamo profondamente la decisione di un tribunale di Mosca di condannare al carcere Alexei Navalny, siamo preoccupati dalle ondate di arresti, condotte in parte in modo violento, di dimostranti e giornalisti durante le recenti manifestazioni in tutta la Russia. La decisione del tribunale di Mosca si basa su una precedente condanna penale che la Corte europea dei diritti umani ha ritenuto arbitraria e manifestamente irragionevole”, ricordano invitando la Russia a rispettare questa sentenza. Strasburgo chiede inoltre alle autorità russe di “indagare su tutte le segnalazioni di abusi commessi contro manifestanti pacifici e giornalisti”.

Non è d’accordo però il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, secondo cui non è giusto parlare di “repressione” in seguito all’ondata di fermi per le proteste scoppiate dopo la sentenza. “Non ci sono repressioni, ci sono solo misure adottate dalla polizia contro coloro che violano la legge, contro coloro che partecipano a manifestazioni non autorizzate”, ha dichiarato dicendo di non poter condividere “tali giudizi eccessivamente emotivi”.

Le stime parlano di oltre 11mila persone fermate durante le proteste del 23 e 31 gennaio e del 2 febbraio. Circa 750 sono state condannate all’arresto amministrativo per aver preso parte alle proteste, fa sapere la ong Ovd-Info secondo cui in totale i tribunali hanno imposto ai manifestanti circa 6.300 giorni di reclusione.

Ieri sera un tribunale di Mosca ha condannato a 25 giorni di reclusione anche il direttore della testata online MediaZona, Serghiei Smirnov, accusandolo di ripetute violazioni delle norme sulle manifestazioni di massa dopo un retweet. Smirnov, 45 anni, prima delle proteste del 23 gennaio contro la detenzione dell’oppositore Alexey Navalny aveva ritwittato un messaggio che conteneva l’ora della manifestazione. Un utente aveva risposto che il giornalista assomiglia al leader del gruppo punk Tarakany, Dmitri Spirin, noto sostenitore di Navalny. Così Smirnov è stato arrestato sabato mentre usciva di casa con suo figlio. “Il Cremlino non solo sta tentando un duro giro di vite contro le proteste, ma sta anche cercando di intimidire i giornalisti che scrivono cosa succede”, ha commentato l’editore di MediaZona e noto attivista anti-Cremlino, Piotr Verzilov.

Smirnov è stato posto inizialmente in una cella sovraffollata, progettata per otto detenuti ma con dentro 28 persone, scrive il Moscow Times citando quello che dice essere l’account Twitter del giornalista, momentaneamente gestito dallo staff di MediaZona. I giornali russi danno notizia di centri di detenzione amministrativa colmi dopo l’ondata di fermi di manifestanti. “Forse” i detenuti “saranno redistribuiti dopo, ma adesso Smirnov e molti altri semplicemente non hanno dove coricarsi dopo tutte queste ore tra commissariati, tribunali e camionette della polizia”, scrive l’account pubblicando una foto che mostrerebbe una cella sovraffollata con persone senza mascherine nonostante l’epidemia. Successivamente, lo stesso account ha annunciato che il giornalista è stato spostato in una cella per quattro persone e gli è stato dato un materasso, ma gli è stato sequestrato il cellulare. Ore dopo, ha fatto sapere che il reporter è stato spostato in una cella da solo.