Venerdì 5 febbraio 2021. Una data destinata all’agenda storica della Fiorentina e a quella di Rocco Commisso: sarà aperto infatti il cantiere per la costruzione del nuovo centro sportivo Viola Park, a Bagno a Ripoli, un paese di 26mila abitanti sulle colline fiorentine, ad una quindicina di minuti dal centro storico. Il Viola Park, che Commisso promette sarà all’avanguardia in Italia e in Europa, si snoderà su 25 ettari con otto campi da calcio, due piccoli stadi (da 1.500 e 3mila posti), aree fitness e terapia, ristoranti, uffici, foresterie, 400 posti auto. Qui si alleneranno tutti gli atleti della Fiorentina. Da Ribery alla squadra femminile fino ai giovani. Costerà 80 milioni e si annuncia come il fiore all’occhiello dell’era Commisso, iniziata il 6 giugno di due anni fa, quando il tycoon italo-americano acquistò la società dai fratelli Diego e Andrea Della Valle.

L’altro fiore – il più importante – con cui Commisso fin dall’inizio ha voluto caratterizzare la sua gestione nell’intento di reperire le risorse finanziare per far decollare la squadra che, da tre anni, naviga in fondo alla classifica di Serie A, è quello del nuovo stadio. La ‘novella dello stento’, come l’hanno ribattezza molti fiorentini per descrivere le lungaggini di un progetto che risale a quasi 40 anni fa, quando la Viola era di proprietà della famiglia Pontello. Per rimanere in metafora, un fiore che fatica a sbocciare.

Più recentemente, è dal 2008 che Firenze prova ad avere un nuovo stadio che mandi in pensione, almeno per quanto riguarda le competizioni di Serie A, il vecchio Artemio Franchi. I Della Valle proposero la Cittadella Viola, progetto firmato dall’archistar Massimiliano Fuksas, nell’area di Castello, tra Firenze e Sesto Fiorentino, ed è rimbalzato tra annunci e diverbi e ha messo a nudo il complicato rapporto tra la società viola e i sindaci fiorentini, da Leonardo Domenici a Matteo Renzi, da Dario Nardella fino al nuovo presidente della Regione Toscana Eugenio Giani. Calcio e politica, insomma. Questo è il succo dell’annosa vicenda stadio a Firenze.

Le tappe della vicenda sono note. La novità è che forse, mentre si inaugurano i lavori per il lussuoso centro sortivo viola, per lo stadio siamo ai titoli di coda. Dopo che il progetto della Mercafir, cioè lo stadio dove oggi c’è il mercato ortofrutticolo, è stato definito da Commisso “una buffonata”, facendo impallidire di sdegno il sindaco Nardella, che ha accolto Rocco a Firenze suonandogli il violino (altri tempi, oggi tra i due i rapporti sono alquanto gelidi), anche l’ipotesi di costruire lo stadio a Campi Bisenzio, in un’area in cui nell’estate del 1989 si tenne la Festa nazionale dell’Unità che dissanguò le casse del Pci fiorentino, sembra naufragata.

Per realizzare lo stadio a Campi infatti non bastano i soldi di Commisso, servono anche quelli pubblici per costruire strade, parcheggi, accessi, cioè le opere di urbanizzazione. Chi le paga? Giani lo ha ripetuto più volte e a Rocco ha inviato un messaggio gelido: “Se Rocco Commisso mi chiede un appuntamento, lo ricevo in Regione molto volentieri perché è una persona che si è impegnata con passione su Firenze e quindi è degno di apprezzamento. È evidente che però la pianificazione urbanistica è un compito pubblico. Non è una contrattazione tra pubblico e privato. È il pubblico, in primo luogo i Comuni, che decide cosa fare per lo sviluppo del proprio territorio, dando delle destinazioni”.

In breve: disco rosso. Non resta che il restauro del Franchi, la soluzione adottata da Nardella e che piace a Giani. Ma non a Commisso. Che anche nell’incontro con il sindaco di qualche giorno fa si è preoccupato di sapere che attività commerciali saranno possibili con lo storico stadio di Pier Luigi Nervi restaurato. Ma ha più volte ribadito: “Non con i soldi di Rocco”. Ma il duo Giani-Nardella non molla: o restyling del Franchi oppure “se Commisso trova una nuova ubicazione…”, fanno sapere a Palazzo Vecchio. E così , dopo anni di annunci e rimbalzi tra politica e calcio, il cerchio sembra ormai destinato a chiudersi definitivamente.

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