È "importante che tale decisione venga presa al di là della crisi politica in atto", fa sapere il Pirellone, vista la "situazione di estrema emergenza in cui versa un’intera categoria". Ma la Regione, uscita dalla zona arancione solo da una settimana, è ancora alle prese con più di mille casi quotidiani e una classificazione complessiva di rischio "moderata" secondo l'ultimo monitoraggio dell'Istituto superiore di sanità
È trascorsa meno di una settimana da quando la Lombardia è passata dalla zona arancione alla zona gialla, ma il governatore Attilio Fontana già chiede di più: insieme all’assessore lombardo allo Sviluppo economico, Guido Guidesi, ha inviato una lettera formale al governo per consentire a bar e ristoranti di fare servizio al tavolo fino alle 22. È “importante che tale decisione venga presa al di là della crisi politica in atto”, fanno sapere i due, vista la “situazione di estrema emergenza in cui versa un’intera categoria”. Una proposta che il Comitato tecnico scientifico ha già giudicato irricevibile, perché “potrebbe modificare l’efficacia delle misure” adottate finora. Tra l’altro la Lombardia è ancora alle prese con più di mille casi quotidiani e una classificazione complessiva di rischio “moderata” secondo l’ultimo monitoraggio dell’Istituto superiore di sanità. Nel documento si legge anche che l’occupazione dei posti letto in terapia intensiva resta sopra la soglia critica del 30% (è al 33) e c’è una diminuzione della capacità delle strutture sanitarie di condurre una “regolare indagine epidemiologica con ricerca dei contatti stretti/totale di nuovi casi di infezione confermati”. Tutti fattori che pesano nella classificazione delle Regioni e che, con una riapertura dei ristoranti anche a cena, rischiano inevitabilmente di peggiorare vista la velocità di circolazione del virus quando non si indossa la mascherina.
Nella loro richiesta al governo, Fontana e Guidesi citano invece i dati dell’andamento epidemiologico, della campagna vaccinale ormai entrata nel vivo, nonché della necessità di scongiurare la crisi del settore dei pubblici esercizi per giustificare l’eventuale riapertura. Campagna vaccinale che ha subito un’improvvisa accelerazione rispetto all’iniziale tabella di marcia: le somministrazioni agli over 80 non partiranno più il 25-26 marzo, come l’assessora Letizia Moratti aveva annunciato mercoledì 27 gennaio in commissione Sanità al Pirellone. Ma, secondo quanto la stessa assessora al Welfare ha detto in consiglio regionale, scatteranno il 24 febbraio sull’onda di altre Regioni che sono ai nastri di partenza. Il presidente e l’assessore di Regione Lombardia chiedono quindi a Palazzo Chigi di “intraprendere ogni utile azione affinché sia concesso al mondo della ristorazione questa ulteriore facoltà, nel rispetto, ovviamente, delle misure di contrasto e contenimento dell’epidemia”.
La decisione di impedire tout-court la possibilità di andare a cena fuori risale però all’autunno scorso, quando il Paese si è trovato nel pieno della seconda ondata e il governo ha introdotto il sistema dei colori per trovare un punto di equilibrio tra le necessità economiche delle attività produttive e la tutela della salute. Il governatore lombardo ora chiede di rivedere quella scelta, oscillando come già tante volte in passato tra la richiesta di “riaprire” agli allarmi sull’aumento dei contagi: a metà gennaio, a pochi giorni dalla stretta del ministero della Salute, avvertiva che la Lombardia stava andando a grandi passi verso la zona rossa. Salvo poi accusare il governo di aver sbagliato classificazione nonostante l’Iss abbia dimostrato che l’errore è stato causato proprio dai dati forniti dai suoi tecnici. Stessa cosa prima di Natale: risale all’inizio di dicembre l’avvertimento a suon di “no al liberi tutti, il virus c’è ed è pericoloso”; poche settimane dopo, però, sempre Fontana bolla come “folli” i provvedimenti adottati dall’esecutivo per le vacanze e si dice “d’accordo con chi non rispetterà le regole”.