Secondo gli scienziati che hanno condotto la ricerca, diverse specie di pipistrello si sarebbero spostate verso la regione dello Yunnan, da dove è partita la pandemia, proprio in virtù dei cambiamenti climatici
L’innalzamento delle temperature globali avrebbe innescato la pandemia da Covid-19. Almeno secondo l’ultimo studio del Dipartimento di Zoologia dell’Università di Cambidge che in parte conferma ipotesi già messe in campo negli ultimi mesi e che trovano ampio spazio nella letteratura scientifica del 2020. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista scientifica Science of the Total Environment. Secondo gli studiosi “il cambiamento climatico degli ultimi cento anni (e il conseguentemente innalzamento delle temperature) ha trasformato la provincia cinese dello Yunnan in un habitat ideale per i pipistrelli”. Gli stessi, per intenderci, che secondo gli scienziati hanno innescato la pandemia, passando il coronavirus ai pangolini e all’essere umano.
Il team di scienziati inglesi è arrivato a questa conclusione innanzitutto mappando la vegetazione globale di 100 anni fa e quella di oggi e mettendone a confronto i dati relativi a temperatura, precipitazioni e copertura nuvolosa. I ricercatori hanno poi redatto i requisiti necessari per un habitat a misura di pipistrello, accorgendosi che l’attuale distribuzione di questi animali nel pianeta dipendeva proprio dai parametri atmosferici cambiati. Come spiega Robert Beyer, zoologo a Cambridge e primo autore dello studio: “Quaranta specie di pipistrelli, che ospitano circa 100 tipi diversi di coronavirus, si sono trasferite nell’ultimo secolo verso la provincia cinese meridionale dello Yunnan”. Stessa zona da cui i dati genetici suggeriscono che possa essere nato il Covid-19. “Il cambiamento climatico degli ultimi 100 anni ha reso la provincia dello Yunnan l’habitat ideale per più specie di pipistrelli”, spiega ancora Beyer. Proprio il cambiamento delle temperature, quindi, ha innescato la migrazione di tante specie da alcune aree ad altre, che inevitabilmente hanno portato i loro virus con sé. “Ciò ha cambiato le regioni dove erano presenti i virus, e ha permesso nuove interazioni tra gli animali e i patogeni, rendendoli più dannosi nel trasmettersi o evolversi”, si legge ancora nello studio.
Nel mondo ci sono circa 3mila diversi tipi di coronavirus veicolati dai pipistrelli e ogni specie di questi mammiferi ne ospita in media 2,7, senza quasi mai mostrare sintomi. Con l’aumento del numero di specie di pipistrelli in una regione, aumenta anche la probabilità, comunque bassa, che un coronavirus dannoso possa fare il salto di specie dai pipistrelli all’uomo. Secondo lo studio, il cambiamento climatico ha inoltre aumentato il numero di specie di pipistrelli in Africa Centrale, Centro e Sud America. Secondo i ricercatori: “Servono limiti all’espansione delle aree urbane e agricole e bisogna cercare spazi negli habitat naturali per ridurre il contatto tra umani e animali che veicolano malattie”.