Da settimane il Fatto Quotidiano con un'inchiesta esclusiva aveva posto l'attenzione sulla possibilità sfumata ormai quattro mesi fa di aver una terapia sperimentale che utilizzata negli Stati Uniti stava fornendo risultati incoraggianti
Alla fine l’Italia avrà gli anticorpi monoclonali. Un’arma in più e complementare ai vaccini. Il ministro della Salute, Roberto Speranza, su Facebook ha annunciato che ha firmato decreto che autorizza la distribuzione. “Sulla base delle indicazioni dell’Agenzia italiana del farmaco e del parere del Consiglio superiore di sanità ho appena firmato il decreto che autorizza la distribuzione, in via straordinaria, degli anticorpi monoclonali. Così abbiamo, insieme ai vaccini, una possibilità in più per contrastare il Covid 19”. Da settimane il Fatto Quotidiano con un’inchiesta esclusiva aveva posto l’attenzione sulla possibilità sfumata ormai quattro mesi fa di aver una terapia sperimentale che utilizzata negli Stati Uniti stava fornendo risultati incoraggianti.
Ieri l’Aifa, con il nuovo presidente Giorgio Palù favorevole all’uso di questa terapia, ha fornito le categorie a rischio per cui la terapia potrà essere utilizzata dopo l’ok della Commissione tecnico scientifica. Gli esperti del Cts di Aifa “pur considerando l’immaturità dei dati e la conseguente incertezza rispetto all’entità del beneficio offerto dagli anticorpi monoclonali, ritiene, a maggioranza, che in via straordinaria e in considerazione della situazione di emergenza, possa essere opportuno offrire comunque un’opzione terapeutica ai soggetti non ospedalizzati che, pur con malattia lieve/moderata risultano ad alto rischio di sviluppare una forma grave di Covid 19″. Il via libera riguarda due anticorpi monoclonali, prodotti da Regeneron e Eli Lilly.
In ottobre, come scritto dal Fatto Quotidiano, il virologo Guido Silvestri dagli Stati Uniti aveva tentato di portare in Italia con un trial “clinico pragmatico gratuito” 10mila dosi di Bamlanivimab (Eli Lilly): il primo monoclonale autorizzato al mondo, prodotto anche a Latina. Con il paradosso di avere in casa un prodotto che non poteva essere usato. Aifa lasciò cadere la proposta sollevando dubbi sull’efficacia e sostenendo la necessità di autorizzazione dell’Ema. Il dg Nicola Magrini arrivò a negare l’esistenza stessa della proposta. L’Italia, in realtà, poteva autorizzare, proprio come la Germania, che ha così demolito il castello di obiezioni.
Per riaprire la pratica il 21 gennaio Palù ottiene un “bando per lo studio randomizzato”. Per le “molte richieste ricevute” la scadenza viene prorogata di due settimane: l’Aifa che ha snobbato per mesi i monoclonali, scopriva all’improvviso che c’è la fila per usarli. Non per studi accademici e “ridondanti” però, perché nel frattempo dati validati di fase 3 confermano la riduzione del rischio di morte del 70%. Lo “studio” poteva durare “non oltre 12 mesi”. Un tempo infinito, data l’emergenza. Palù alza il tiro: “Abbiamo bisogno di un approccio combinato – spiegherà al ministro – tra prevenzione dei vaccini e terapia di monoclonali che sono i farmaci più efficaci che conosciamo. Tra l’altro, la loro combinazione è in grado di bloccare la replicazione del virus e può agire sulle varianti. Sono un sistema potentissimo, da utilizzare subito”.
Gli anticorpi vanno infusi entro 72 ore dai primi sintomi tramite una flebo da 700 mg. “È una sfida complessa per l’organizzazione sanitaria, dopo le polemiche è su questo che bisogna concentrarsi – spiega Silvestri –. Bisogna combinare il test antigenico rapido e l’attivazione dei servizi territoriali per la terapia nei presidi ospedalieri e/o a domicilio. Anche negli Stati Uniti incontriamo difficoltà, ma l’Italia ha una solida rete di servizi territoriali. Veneto, Toscana, Emilia-Romagna e altre potrebbero fungere da regioni pilota”. Alcune hanno già risposto all’appello e oggi un altro importantissimo passo avanti è stato fatto.
Oggi Silvestri chiede chiede le dimissioni di Nicola Magrini, direttore generale dell’Agenzia italiana del farmaco Aifa, per la scelta definita “indifendibile sugli anticorpi … scelta ingiustificata non solo dal punto di vista scientifico, ma anche e soprattutto dal punto di vista legale e regolatorio” dice il virologo parlando con l’Adnkronos. E “credo che una situazione del genere si possa risolvere solo dimettendosi”.
Tramite Silvestri, il Chief Scientific Officer di Lilly Dan Skovronsky – come raccontato in esclusiva dal Fatto Quotidiano – aveva offerto gratuitamente all’Italia decine di migliaia di dosi dell’anticorpo bamlanivimab per uno studio clinico. L’introduzione di questo prodotto nel nostro Paese “si sarebbe potuta avere fin da ottobre”, ha più volte spiegato l’esperto, e quella di etesevimab “probabilmente a inizio 2021”. Invece è successo qualcosa che ha frenato il via libera. E siccome “in tanti alludono a gravi conflitti d’interesse”, Silvestri auspica che chi ne è titolato possa far luce su questo sospetto. “L’autorizzazione si sarebbe potuta dare” già a ottobre “in 48 ore – insiste Silvestri – come ha dichiarato in questi giorni l’ex Dg Aifa Pani”.