Calcio

Paesi Baschi, la storica vittoria dell’Athletic in Supercoppa e l’utopia di una nazionale

Il successo del club che tessera soltanto giocatori baschi contro il Barcellona di Messi ha rinvigorito l’orgoglio di un popolo che sente la necessità di mettersi in proprio, anche nel calcio: la richiesta formale di affiliazione è stata consegnata a Uefa e Fifa, ma si tratta di un obiettivo pressoché impossibile

L’entusiasmo è alle stelle. È difficile da contenere. Canti e cori nonostante ci si trovi sotto a un tunnel marcio, con un cancello che spezza sul nascere ogni tipo di contatto fisico. Da una parte gli eroi dell’Athletic Bilbao, dall’altra centinaia di tifosi venuti ad accogliere la squadra dopo l’incredibile vittoria in Supercoppa di Spagna contro il Barcellona di Messi. Un trionfo che continua a premiare la filosofia centenaria della società, quella di tesserare soltanto giocatori baschi o ragazzi che si siano formati nelle giovanili di un club dell’Euskadi. L’orgoglio di un popolo che sente la necessità di mettersi in proprio e di avere una nazionale: la storia della selezione dei Paesi Baschi è ultracentenaria (l’esordio nel 1915 con il 6-1 alla Catalogna), ma non è mai stata riconosciuta né dalla Fifa né dalla Uefa. Le amichevoli occasionali iniziano a stare strette, è tempo di allargare gli orizzonti.

I negoziati hanno subìto un’accelerata negli ultimi mesi con il viaggio a Zurigo e Nyon dei massimi esponenti della Federcalcio e di alcuni componenti del governo basco. La richiesta formale di affiliazione è stata consegnata con la relativa documentazione legale. Tra i punti più interessanti la convinzione di avere tra le mani un obiettivo legittimo e assolutamente percorribile da un punto di vista giuridico, il precedente di Gibilterra e Kosovo e – cosa un po’ meno rilevante per la decisione finale – il desiderio della maggioranza della società basca. Ma nonostante la recente apertura del premier spagnolo Pedro Sanchez, che opera già da tempo con il capo della comunità autonoma Iñigo Urkullu, il sogno sportivo sembra essere ancora lontano.

È un percorso che va avanti da anni. La Corte costituzionale si è espressa in modo netto nel 2012 con una sentenza che ha minato le speranze del popolo basco. Volete la vostra indipendenza sportiva? Ok, ma soltanto in manifestazioni e tornei che non prevedono la partecipazione della nostra federazione. L’evidenza è arrivata nel 1999 con l’ingresso della Spagna (e la relativa esclusione dei Paesi Baschi) nell’ISA, la struttura che disciplina il surf. Non proprio lo sport con più seguito, ma almeno rende l’idea. Uno scenario, quindi, che al momento suona come impossibile, a maggior ragione se si tratta di calcio. La strada è piena di pendii e gli ostacoli principali sono tre. Innanzitutto l’approvazione della RFEF, la federcalcio di Madrid presieduta da Luis Rubiales, che ha accantonato la questione invitando i Paesi Baschi a fermare un processo che tenta di destabilizzare l’unità della Spagna. Gli altri riguardano invece i due organi governativi, Fifa e Uefa. Entrambi sono strettamente collegati, dato che per “accedere” alla prima bisogna essere all’interno della seconda. E per essere ammessi in quest’ultima è necessario essere riconosciuti come Stato indipendente dalla maggioranza dei membri dell’Onu. È successo con il Kosovo e non è il caso dell’Euskadi.

C’è chi dice che la mediazione di Sanchez nasconda ben altro. La squadra di Luis Enrique giocherà le partite del prossimo Europeo al San Mamés di Bilbao, a 54 anni dall’ultima apparizione. La candidatura dello stadio era stata promossa dalla premiata ditta Platini-Villar. Inutile far luce sulla mancanza di entusiasmo di un popolo che, come disse il suo parlamento, “non si sente rappresentato dai simboli del potere centrale spagnolo, tra cui la nazionale di calcio”. Le spaccature e le divergenze di vedute all’interno del Pnv (il partito nazionalista basco) sono andate per le lunghe, tra chi ha negato il suo assenso tirando in ballo la sicurezza dei cittadini e chi – al contrario – ha agito mettendo al primo posto il tornaconto economico che avrebbe ricevuto il capoluogo della Biscaglia. Ma l’impegno preso da Sanchez per il riconoscimento della selezione basca sarebbe da ricondurre più a una strategia politica, volta a ottenere consensi e a quietare possibili malumori, che non a un concreto interesse. Anche perché ha fiutato l’impossibilità della trattativa, ben sapendo che non sarà un accordo bilaterale a cambiare le norme di Fifa e Uefa.

Poi esiste un lato più romantico che fa capo alla figura di Javier Clemente. Una carriera infinita, un passato da ct della Spagna e la voglia di tenersi ancora in gioco. A quasi 71 anni guida la nazionale dei Paesi Baschi e si batte come un leone, infiammando l’opinione pubblica con martellanti richieste che puntano all’agognata affiliazione. Dichiara di voler affrontare la Roja al più presto, anche se nel frattempo deve accontentarsi di sfide molto meno quotate, e fissa l’obiettivo: “Dobbiamo essere consapevoli di essere una squadra e iniziare a competere”. Considerevole il livello dell’ipotetico undici. Da Ander Herrera del Psg a Mikel Oyarzabal, stella della Real Sociedad e ormai presenza fissa tra i convocati di Luis Enrique, passando per i freschi vincitori dell’Athletic Bilbao che portano con sé delle storie meravigliose. Come quella del capitano Muniain, che nel 2018 rinnovò il contratto senza una clausola rescissoria, in Liga di norma obbligatoria: “Non voglio mettere un prezzo perché non sono in vendita, io resto qui. Questa città mi ha dato tutto”.

Parole e sentimenti che lo accomunano a Inaki Williams, autore del capolavoro che ha deciso ai supplementari la finale contro i blaugrana. I genitori sono originari del Ghana, ma lui è nato a Bilbao e ha legato il suo nome a due curiosità. È stato il primo giocatore di colore a segnare per il club e, per evitare di cadere nella trappola del Manchester United, ha prolungato con l’Athletic per altri…9 anni. Anche se il basco più virale dell’ultimo periodo è sicuramente il “Bufalo di Guernica”, Asier Villalibre, riuscito a monopolizzare le pagine dell’intera stampa spagnola. Nella gara di Supercoppa è entrato all’83’, è andato in gol sette minuti più tardi costringendo il Barça all’extra time e ha causato la prima espulsione di Messi in Catalogna dopo 753 partite. E per paura di chiudere la serata da miglior attore non protagonista ha calato l’asso finale: un assolo di tromba in mezzo al campo, circondato dall’affetto dei compagni che hanno intonato un classico del ricchissimo repertorio dei Leones.