Rosario Livatino sarà beatificato ad Agrigento il 9 maggio. Una data per nulla casuale perché in quello stesso giorno del 1993, nella valle dei templi della città siciliana, San Giovanni Paolo II pronunciò il suo forte anatema contro la mafia. Il 9 maggio è anche l’anniversario dell’uccisione mafiosa di Peppino Impastato, avvenuta nel 1978 quando aveva 30 anni. Il giornalista di Cinisi, provincia di Palermo, membro di Democrazia proletaria, noto per le sue denunce delle attività di Cosa Nostra.
“Questi che sono colpevoli di disturbare questa pace, – disse ad Agrigento Wojtyla – questi che portano sulle loro coscienze tante vittime umane, devono capire, devono capire che non si permette uccidere innocenti! Dio ha detto una volta: ‘Non uccidere’. Non può uomo, qualsiasi, qualsiasi umana agglomerazione, mafia, non può cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio!”. E aggiunse: “Questo popolo, popolo siciliano, talmente attaccato alla vita, popolo che ama la vita, che dà la vita, non può vivere sempre sotto la pressione di una civiltà contraria, civiltà della morte. Qui ci vuole civiltà della vita! Nel nome di questo Cristo, crocifisso e risorto, di questo Cristo che è vita, via verità e vita, lo dico ai responsabili, lo dico ai responsabili: convertitevi! Una volta verrà il giudizio di Dio!”
Parole riprese da Francesco nella sua visita, nel 2014, a Cassano allo Jonio, in Calabria. “Coloro – disse Bergoglio – che nella loro vita seguono questa strada di male, come sono i mafiosi, non sono in comunione con Dio: sono scomunicati!”. Per ora il cardinale di Agrigento, Francesco Montenegro, e l’arcivescovo coadiutore, monsignor Alessandro Damiano, si sono limitati a rendere pubblica la data della beatificazione di Livatino e a precisare che la celebrazione si svolgerà nella cattedrale della città siciliana. Non è stato ancora reso noto chi presiederà il rito, anche perché i due presuli insieme al postulatore della causa, monsignor Vincenzo Bertolone, arcivescovo di Catanzaro-Squillace e presidente della Conferenza episcopale calabra, sperano che sia Francesco a farlo. L’invito è stato consegnato da tempo e se il Papa accettasse sarebbe un’occasione per rinnovare la sua scomunica ai mafiosi. Diversamente, è molto probabile che Bergoglio deleghi il cardinale prefetto della Congregazione delle cause dei santi, Marcello Semeraro.
Francesco non ha mai nascosto la sua profonda ammirazione per il “giudice ragazzino” ucciso dalla mafia ad Agrigento il 21 settembre 1990, ad appena 38 anni. “Livatino – ha affermato il Papa – è un esempio non soltanto per i magistrati, ma per tutti coloro che operano nel campo del diritto: per la coerenza tra la sua fede e il suo impegno di lavoro, e per l’attualità delle sue riflessioni”. E ha aggiunto: “Quando Rosario fu ucciso non lo conosceva quasi nessuno. Lavorava in un tribunale di periferia: si occupava dei sequestri e delle confische dei beni di provenienza illecita acquisiti dai mafiosi. Lo faceva in modo inattaccabile, rispettando le garanzie degli accusati, con grande professionalità e con risultati concreti: per questo la mafia decise di eliminarlo”.
Per Bergoglio “Livatino ha lasciato a tutti noi un esempio luminoso di come la fede possa esprimersi compiutamente nel servizio alla comunità civile e alle sue leggi; e di come l’obbedienza alla Chiesa possa coniugarsi con l’obbedienza allo Stato, in particolare con il ministero, delicato e importante, di far rispettare e applicare la legge”. San Giovanni Paolo II definì Livatino “martire della giustizia e indirettamente della fede”. Parole che il Papa polacco disse ai genitori del magistrato proprio prima di rivolgere ai mafiosi il suo storico appello alla conversione. Fin subito dopo la sua morte, la Chiesa cattolica riconobbe l’eroismo del giovane servitore dello Stato che aveva vissuto tutta la propria breve esistenza alla luce del Vangelo.
Per questo motivo, fu successivamente avviata la causa di beatificazione che si è conclusa con il riconoscimento del martirio in odium fidei. Determinante nel processo è stata la testimonianza degli assassini del giudice, tra cui anche Gaetano Puzzangaro, uno dei quattro killer incaricati di uccidere il magistrato. Alla vigilia della decisione del Papa non sono, però, mancate le polemiche. La comunità di Canicattì, paese natale di Livatino e dove è sepolto insieme con i genitori, si è mobilitata a tutti i livelli, dal sindaco ai compagni di scuola del giudice fino ai semplici cittadini, per evitare che il suo corpo possa essere traslato nella cattedrale di Agrigento. Rivolgendosi direttamente al cardinale Montenegro e dicendosi “pronti anche a creare dei cordoni umani davanti al cimitero di Canicattì per impedire che Rosario venga portato ad Agrigento”.