La Regione Calabria ha comprato mascherine, tute e altri dispositivi di protezione individuale da un’impresa legata alla ‘ndrangheta. L’inchiesta “Basso profilo”, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, conferma come l’emergenza Covid-19 sia ormai diventata un business per la criminalità organizzata e per le aziende riconducibili alle cosche mafiose. È quanto emerge dalle carte inserite nel fascicolo dell’indagine coordinata dal procuratore Nicola Gratteri e dai pm Paolo Sirleo e Veronica Calcagno che, nelle settimane scorse, hanno perquisito l’abitazione del segretario nazionale dell’Udc Lorenzo Cesa e hanno chiesto e ottenuto dal gip l’arresto dell’assessore regionale al bilancio Francesco Talarico.

L’impresa Antinfortunistica Gallo (di proprietà di Antonio Gallo, ritenuto il “braccio imprenditoriale” delle cosche crotonesi) “in occasione dell’emergenza Covid ha ricevuto affidamenti diretti per la fornitura di dispositivi di protezione individuale da enti pubblici e partecipate”. La notizia è stata pubblicata dalla Gazzetta del Sud che ha riportato il contenuto di un’informativa della Dia sulle relazioni periodiche redatte dall’amministratore giudiziario della società, il commercialista Gregorio Tassoni, nominato dal Tribunale nel luglio 2019

La società di Gallo era finita nel mirino della prefettura e da allora, per poter continuare a lavorare, l’imprenditore arrestato per ‘ndrangheta aveva chiesto di poter accedere alla procedura del controllo giudiziario. Ciò ha comportato che, ogni due mesi, l’amministratore Tassoni doveva verificare i conti dell’azienda e trasmettere una propria relazione alla prefettura e al Tribunale.

In quella del 4 giugno scorso, il commercialista scriveva che “la situazione economica al 31 marzo 2020, denota un notevole incremento dei ricavi dovuto alla vendita di dispositivi dì protezione individuale, oggetto principale dell’attività aziendale, richiesti per fronteggiare l’emergenza sanitaria Covid-19”.

Tra i clienti della società di Gallo c’è proprio la Regione Calabria che è l’ente che ha speso di più per avere mascherine e dpi dall’imprenditore finito al centro dell’operazione “Basso profilo”: ben 113mila euro per un acquisto con procedura d’urgenza, quindi senza appalto pubblico.

L’unico ente, invece, a fare l’acquisto tramite trattativa Mepa è stata l’Agenzia delle Dogane (per 9282,50 euro). Tutti gli altri, invece, hanno proceduto all’acquisto di mascherine e altri tipi di dpi con “ordine diretto emergenza Covid-19”. Tra questi ci sono la società Amc partecipata del Comune di Catanzaro (14.657,55 euro), la Lamezia Multiservizi (14.786 euro), l’Usl di Reggio Emilia (40.072 euro), l’Usl di Bologna (8.625 euro), l’Usl della Romagna (48.370,5 euro), il Comune di Crotone (533 euro), l’Asp di Catanzaro (5.375 euro), l’Azienda sanitaria locale di Novara (52.800 euro) e l’ospedale Mater Domini di Catanzaro (54.846 euro).

A proposito di dispositivi di protezione individuale, nella stessa informativa della Dia, gli investigatori segnalano alla Procura che mentre la ditta Infortunistica Gallo era sottoposta alla procedura del controllo giudiziario, nel maggio 2019 l’imprenditore arrestato ha costituito una nuova società della quale era amministratore e socio unico: la AG Sales Agents Srls con 2900 euro di capitale sociale interamente versato e sede legale a Roma. “La suddetta Srls – scrive la Dia nella nota trasmessa al sostituto procuratore Paolo Sirleo – risulta operante nel campo della fornitura di dpi”.

La pandemia è stata, quindi, un business per Antonio Gallo. Il tutto mentre con la sua azienda, nonostante la procedura del controllo giudiziario, continuava a “intrattenere rapporti commerciali con le società risultate essere ‘cartiere’, asseverate al sistema fraudolento”, emerso nell’inchiesta della Dda.

Le relazioni del commercialista nominato dal Tribunale, infatti, secondo gli inquirenti, cristallizzano il “perdurare dell’ipotizzato fraudolento comportamento con la conduzione di un sistema illecito dedito alla creazione di indebiti crediti di imposta”.

Il sistema è sempre lo stesso: “Infatti, – si legge nell’informativa – se da un lato vi è un rapporto commerciale con la pubblica amministrazione, che genera indubbiamente un debito di imposta, dall’altro viene simulato un rapporto economico con le cosiddette cartiere per la generazione di un credito di imposta”. Non è un caso che l’azienda che ha fornito mascherine alla Regione Calabria e a molti altri enti pubblici al 4 giugno 2020 vantava un credito Iva con l’erario di oltre 68mila euro. Poco più di un mese prima, la Dda aveva già chiesto al gip l’arresto di Antonio Gallo e dell’assessore regionale al bilancio Francesco Talarico dell’Udc.

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