L'aumento della richiesta per i dispositivi elettronici come le console dei videogiochi e l'incapacità dei pochi produttori di far fronte al picco di domanda, mette in difficoltà l'industria delle quattroruote. Dagli Stati Uniti all'Asia tutti i grandi marchi stanno rivedendo le previsioni produttive
Nuova tegola sui grandi produttori globali di auto. Ora a frenare la produzione non è più la pandemia ma la carenza di semiconduttori, ormai vitali in qualsiasi automobile. Questo è uno degli inconveniente delle efficienti ma delicate catene “just in time”, niente scorte e componenti che arrivano sincronizzati con le esigenze produttive. Quando tutto va bene. Ore che non va tutto bene si allunga la lista dei marchi costretti a rallentare le catene di montaggio. L’ultima in ordine di tempo è Subaru che ieri ha annunciato una revisione al ribasso dei ricavi 2021 a causa della frenata produttiva, le auto vendute quest’anno saranno quindi oltre 40mila in meno rispetto a quanto atteso. Due giorni prima era stata Mazda a lanciare un allarme simile e a rivedere al ribasso i dati sulla produzione di febbraio. Il costruttore giapponese dovrà ridurre di 7mila unità le auto costruite nel mese e la decisione “si rifletterà sui piani produttivi dell’intero anno fiscale” ha spiegato l’amministratore delegato Akira Marumoto.
La scorsa settimana il colosso statunitense General Motors ha diffuso una nota per informare che questa settimana chiuderanno gli impianti americani di Cami (Canada), San Luis Potosi (Messico) e Fairfax (Usa), mentre in Corea del Sud verrà dimezzata la capacità produttiva dei due impianti di Bupyeong a causa della carenza di microchip. Provvedimenti analoghi sono stati adottati di recente da altri produttori come Ford, Stellantis, Toyota e Volkswagen. “Nonostante i nostri sforzi per mitigare il problema – si legge nella nota di Gm – la carenza di semiconduttori impatterà sulla produzione 2021”. La carenza di questi componenti potrebbe infatti protrarsi per tutto l’anno. L’offerta limitata riflette in primo luogo l’aumento della domanda nel settore della telefonia mobile e nelle infrastrutture per le tecnologia di quinta generazione. Non solo, i lockdown imposti dalla pandemia hanno fatto crescere gli acquisti di console per i videogiochi, televisioni e laptops, accrescendo la quota di microchip assorbita. Inoltre la produzione globale è concentrata in pochi grandi gruppi che faticano a reagire rapidamente ai picchi di domanda.
A questi fattori c’è da aggiungono le ricadute della guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti, dicono gli analisti. Per evitare le sanzioni imposte dalla precedente amministrazione Usa le aziende di tutto il mondo hanno cancellato le richieste di approvvigionamento inoltrate ai produttori cinesi, mentre società come Huawei – a cui è vietato l’accesso alle componenti di tecnologia statunitense, ha dovuto rivolgersi ad altri fornitori, riducendo le scorte dei principali produttori. La crisi dei semiconduttori dura da alcuni mesi ma solo ora si iniziano a capire i reali impatti sui livelli produttivi. Secondo alcune stime quest’anno potrebbero uscire dagli stabilimenti 500mila auto in meno (di cui quasi 100mila in Europa) di quanto inizialmente programmato.