Il nome dell'ex presidente Istat e ministro del Lavoro potrebbe rappresentare una forte garanzia per il Movimento, posto che Conte ha fatto sapere che non intende entrare nel nuovo esecutivo. Molte affinità tra le sue proposte e quelle presentate dal garante: dall’inserimento nella Costituzione del principio di sviluppo sostenibile al rilancio di garanzia giovani
Dalla riduzione dei sussidi dannosi per l’ambiente all’inserimento nella Costituzione del principio di sviluppo sostenibile. Dalla creazione di un Consiglio superiore ad hoc al rilancio di Garanzia giovani. Le dieci proposte consegnate sabato da Beppe Grillo al presidente del Consiglio incaricato Mario Draghi ricalcano da vicino le richieste dell’Alleanza per lo sviluppo sostenibile di Enrico Giovannini, tra i papabili per l’ingresso nell’esecutivo guidato dall’ex presidente della Bce. Il nome dell’ex presidente Istat e ministro del Lavoro potrebbe quindi rappresentare una forte garanzia per il Movimento 5 Stelle, posto che Giuseppe Conte ha fatto sapere che non intende entrare nella squadra.
I punti programmatici messi sul tavolo dal garante M5s ed elencati sul suo blog sono chiaramente ispirati ai contenuti di Un’economia per stare bene (Chiarelettere), pubblicato la scorsa estate dall’ex ministro del Conte 2 Lorenzo Fioramonti. Ma molto forti sono le affinità con i contenuti del rapporto annuale dell’Asvis e con il pensiero del suo portavoce Giovannini. Da sempre per esempio l’associazione chiede di inserire nella Costituzione il principio dello sviluppo sostenibile, idea che lo stesso Conte aveva abbracciato inserendola come “auspicio” nel suo discorso programmatico alla Camere il 9 settembre 2019, in occasione della nascita del suo secondo esecutivo.
Il rapporto chiede anche la “riduzione e riconversione a favore dello sviluppo sostenibile dei Sussidi ambientalmente dannosi, uno dei dieci punti di Grillo: obiettivo per il quale sarebbe in effetti auspicabile la nascita di un ministero ad hoc per la Transizione ecologica che accorpi le competenze di Ambiente e Sviluppo economico in modo da evitare l’introduzione di aiuti alle imprese in contrasto con la “stella polare” della sostenibilità climatica.
Nel rapporto dell’associazione si auspica poi “il rafforzamento delle strutture della Presidenza del Consiglio per assicurare il coordinamento delle azioni settoriali secondo l’Agenda 2030″. Su questo fronte l’Asvis ha già ottenuto che, dal primo gennaio, il Cipe cambiasse nome diventando “Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica e lo Sviluppo Sostenibile“: l’organo di decisione politica da cui passano tutti i finanziamenti pubblici deve ora fare le sue valutazioni tenendo conto dell’impatto sull’ambiente e sulle nuove generazioni. Concetto che ricalca la richiesta di Grillo di creare un Consiglio superiore per lo sviluppo sostenibile come in Francia e Germania. Giovannini dal canto suo sollecita da tempo, e l’ha ribadito nell’intervista a ilfattoquotidiano.it, una struttura dedicata alla programmazione strategica e agli studi sul futuro per progettare l’Italia di domani nel segno della sostenibilità.
Quanto alla creazione di un ministero per i giovani e a Garanzia giovani per offrire opportunità ai neodiciottenni che non studiano né lavorano, Giovannini da ministro ha gestito l’avvio del programma Ue Youth guarantee, mettendo a punto il piano italiano che poi – sotto i successivi governi – avrebbe avuto risultati scarsi nell’avviare al lavoro i beneficiari, a cui sono stati offerti soprattutto tirocini senza sbocchi successivi. Ora però la Commissione raccomanda di rilanciare quella misura con i soldi del Recovery, come ricordato da Giovannini. Che si è anche espresso più volte a sostegno delle società benefit, cioè aziende “for profit” che per statuto devono creare valore non solo per gli azionisti ma anche per la società nel suo complesso, sulle quali l’Italia è stato il primo Paese europeo ad avere una legge ad hoc.
Sul fronte delle politiche anti povertà care al M5s, va ricordato che nel 2013 Giovannini, da ministro del governo Letta, introdusse la sperimentazione del Sostegno per l’inclusione attiva, prima misura nazionale per la lotta all’indigenza. Un embrione del reddito di cittadinanza sostenuto fin da allora dai pentastellati, che nel 2019 l’avrebbero realizzato con uno stanziamento di risorse incomparabilmente più alto. Il futuro ministro del Lavoro dovrà occuparsi anche di fare il “tagliando” a questo strumento di welfare, che con la pandemia si è rivelato indispensabile ma va migliorato perché i criteri attuali escludono gran parte di quanti si trovano in povertà relativa, penalizzando le famiglie numerose e i residenti al Nord. L’ultimo rapporto Asvis riconosce che sul fronte del contrasto alla povertà “è innegabile l’impatto positivo”, mentre “rimane deficitario l’impianto attivante della misura, sostanzialmente inattuato in un primo momento e poi venuto meno con la sospensione delle condizionalità operata con i decreti anticrisi”. Giovannini parlando con ilfatto.it ha parlato della necessità di aggiustamenti nell’ambito di una riforma degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive, spiegando che basterebbe un decreto per allineare le banche dati regionali dei disoccupati creando un database nazionale di chi cerca un posto.