Tra i benefici effetti di una nuova maggioranza guidata da Mario Draghi e della fine dell’orribile governo Conte (il ritorno immediato della competenza, la fine dell’uno vale uno che d’ora in poi varrà nessuno o centomila, la distribuzione di 200 miliardi senza neanche un tentativo di corruzione) ce n’è uno che seguo con particolare interesse. Se i segnali di questi primi giorni verranno confermati, ci aspetterà presto la morte del talk show più diffuso e popolare, quello politico.
Il talk politico è nato e cresciuto a dismisura in un clima di assoluto bipolarismo, che prevedeva la contrapposizione frontale di due schieramenti, su tutto: dall’intervento in Iraq alla fecondazione assistita. Vi ricordate quando un noto e bravo conduttore in ogni puntata schierava i suoi ospiti contrapposti nello spazio dello studio, seduti su eleganti poltrone e divisi da una linea come quella che gli arbitri tracciano con la bomboletta?
La logica del talk politico era una logica biscardiana, quei talk erano una evoluzione che dava contenuti politici alla forma del Processo del lunedì, più un pizzico di funarismo. Ecco, ora come si farà? Ora che siamo tutti uniti, tutti insieme (“scusa ma quello non è il padrone?” direbbe Dario Fo) quel tipo di discussione, accalorata, confusa, improduttiva ma vitale per un genere che ha sempre tenuto ben presenti le esigenze dello show, non si potrà più fare. Ora al posto dello scontro su tutto, del derby infinito che cambiava il motivo del contendere ma teneva quasi fisse le squadre dei contendenti, andrà in scena un genere nuovo, anzi antico visto che i greci lo conoscevano già, l’epinicio, con tutte le sue componenti ambiguamente mercenarie: chiamiamolo l’epinicio show.
Tutti d’accordo su Draghi, sulla sua politica, il suo passato, il suo futuro e sua moglie. Si può discutere, prima della dovuta celebrazione, chi sia il vero vincitore della rivoluzione: oltre a Draghi, l’imprevedibile Salvini o Berlusconi il magnanimo? Renzi il machiavellico o, come dicono i più audaci, gli italiani tutti? Gli sconfitti non c’è nemmeno bisogno di dirlo.
C’è solo un problema per questo elegante tipo di show: che gli spettatori, travolti da tutta la melassa dopo un po’ di salamelecchi, si stufino e cambino canale, ripiegando magari su un vecchio western. Lì almeno c’è un po’ di lotta, accanto ai buoni ci sono anche i cattivi e la diligenza carica di competenza non è ancora arrivata a sbaragliare quei populisti dei pellerossa.