Ormai è sicuro: a capo del Wto, l’Organizzazione mondiale del commercio, ci sarà per la prima volta una donna. E per la prima volta sarà un’africana. L’ultimo ostacolo è caduto con il ritiro dell’altra candidata, anch’essa donna, la sudcoreana Yoo Myung-hee. Manca ancora l’ufficializzazione, ma Ngozi Okonjo-Iweala resta l’unica candidata a Direttrice generale dell’istituzione con sede a Ginevra.
Sebbene lo statuto del Wto, creato nel 1995, non preveda una rotazione geografica per il direttore generale, da molte parti si sottolineava che il ruolo dovesse spettare a un africano. Dalla sua creazione, nel 1995, l’istituzione è stata diretta da sei uomini: tre europei, un neozelandese, un tailandese e un brasiliano. Il veto sul nome dell’economista nigeriana era stato posto da Donald Trump, ma l’amministrazione Biden venerdì ha dato ufficialmente “il suo forte appoggio” alla nomina. Il commissario europeo al commercio, Valdis Dombrovskis, ha accolto con favore questo sostegno: “È la candidata dell’Unione europea. Ora andiamo avanti con la sua nomina per dare la necessaria stabilità al Wto e avviare le riforme di cui l’organizzazione ha così tanto bisogno ”, ha scritto su Twitter.
La candidata, con doppia nazionalità nigeriana e statunitense, laureata a Harvard e al Massachusetts Institute of Technology (Mit), ha un curriculum politico, che contrasta con il profilo tecnico del suo predecessore, il brasiliano Roberto Azevêdo, che lo scorso maggio aveva annunciato a sorpresa le proprie dimissioni per motivi personali, un anno prima della scadenza del suo secondo mandato, nel bel mezzo della pandemia.
A 66 anni, Okonjo-Iweala ha alle spalle 25 anni di carriera come economista dello sviluppo presso la Banca mondiale, dove è stata direttrice esecutiva. Nel 2012 era stata anche candidata alla presidenza della Banca Mondiale. In Nigeria, è stata la prima donna ministro delle finanze, per due mandati, e ministra degli Esteri. Fra le politiche attuate, la regolamentazione del settore petrolifero, centrale in Nigeria, e la lotta alla corruzione dilagante. I suoi avversari politici la accusavano di non aver saputo o voluto fare abbastanza, ma Ngozi Okonjo-Iweala, soprannominata amichevolmente Noi, rispose con un libro, pubblicato in inglese nel 2018 col titolo Fighting Corruption Is Dangerous, “Combattere la corruzione è pericoloso”: vi narra le molte pressioni subite, fra cui, nel 2012, il rapimento della madre che i sequestratori avrebbero liberato in cambio delle sue dimissioni da ministro e del suo allontanamento dalla Nigeria. Lei non cedette e la madre riuscì fortunosamente a scappare. I mandanti, scrive Okonjo-Iweala, erano persone danneggiate dalla sua riforma delle concessioni petrolifere.
Fra gli altri numerosi incarichi, attualmente è consigliera della Lazard Investment Bank, siede nel consiglio d’amministrazione di Twitter, presiede l’alleanza per i vaccini Gavi e lo scorso luglio è stata nominata inviata speciale dell’Unione Africana nella lotta contro la pandemia. E proprio la pandemia costituirà la sfida maggiore per il suo lavoro, in particolare dovrà risolvere la spinosa questione dei diritti di proprietà intellettuale che regolano la produzione di vaccini e prodotti sanitari. A tal proposito, lo scorso aprile sulle pagine del Foreign Affairs affermava: “Un modo di assicurare un’offerta sufficiente di vaccini e la loro distribuzione equa è di sopprimere alcune barriere erette dalle leggi sulla proprietà intellettuale e il trasferimento di tecnologie”. Una dichiarazione d’intenti tutt’altro che scontata.