Economia

Tassare i ricchi è l’ultimo tabù rimasto nel dibattito politico italiano. La patrimoniale citata dalla Corte dei Conti sparisce nel nulla

Prima la precisazione della stessa Corte poi il "trattamento" dei grandi quotidiani. In Italia parlare di tasse sui ricchi è quasi vietato. Eppure sarebbe uno dei modi per ribilanciare il prelievo fiscale e alleggerire il prelievo sulle classi medie. All'estero intanto il dibattito sulla tassa si accende e i sondaggi mostrano un altro gradimento nell'elettorato

Se ne parla in tutto il mondo ma in Italia non si può quasi nominare. La tassa sulle grandi ricchezze è forse l’unico tabù rimasto nel dibattito politico italiano, che ormai ha sdoganato di tutto, dal cannoneggiamento dei barconi dei migranti, alla distribuzione dei vaccini in base alla ricchezza delle regioni. Tassare i ricchi invece è “osceno”, ossia, riprendendo una certa etimologia della parola, che dev’essere tenuto “fuori scena”, non mostrato in pubblico. L’ultimo esempio lo abbiamo avuto venerdì scorso. Nella mattinata il presidente della Corte dei Conti Guido Carlino ha la malaugurata idea, durante il suo intervento alla Camera, di definire “auspicabile” una patrimoniale. Nel tardo pomeriggio, spaventato dal senso delle sue parole, arriva la precisazione: ” La Corte dei Conti non ha proposto alcuna patrimoniale. Semplicemente ritiene preferibile una riorganizzazione delle imposte patrimoniali esistenti (IMU, Imposta di bollo sui valori finanziari, Ivie sugli immobili esteri, Ivafe sulle attività finanziarie all’estero, ecc.) e, in particolare, di quelle che riguardano i patrimoni immobiliari”.

Il Corriere della Sera relega quindi la notizia in un trafiletto a pagina 34. Ma a guardare gli altri quotidiani è davvero grasso che cola. Colonnina a pag 24 per Repubblica, per spiegare bene che la Corte non ha affatto proposto la patrimoniale. La Stampa la risolve così: “L’accenno alla patrimoniale scatena la politica” e poi qualche riga per spiegare che la Corte dei Conti non voleva intendere che servirebbe una tassa del genere. Idem il Sole 24 Ore che confonde un po’ le acque e rircorda che bisognerebbe invece rivedere i valori catastali della prima abitazione. Insomma di tasse sulle grandi ricchezze non si può parlare. Famiglia Agnelli (la cui holding Exor è domiciliata fiscalmente in Olanda) e soci di Confindustria, proprietari di Repubblica, Stampa e Sole 24 Ore, sarebbero peraltro tra i pochi che dovrebbero forse mettere mano al portafogli. Il dibattitto su cosa abbia voluto o non voluto intendere il presidente della Corte diventa alla fine quasi stucchevole. Quello colpisce è la reazione isterica che si scatena ogni volta che si tocca l’argomento

Intanto questa mattina sul Financial Times, quotidiano di riferimento della finanza internazionale, compare l’ennesimo contributo sull’argomento. Il finanziere Tim Bond scrive “in Gran Bretagna e Stati Uniti c’è una cosa molto semplice da fare in questa fase di emergenza sanitaria: una tassa sulla ricchezza”. Bond ricorda come il provvedimento sia anche popolare: negli Usa un sondaggio di Reuters/Ipsos ha mostrato come il 64% dei cittadini sia a favore di questa soluzione. Del resto negli ultimi decenni in tutto il mondo occidentale, Italia compresa, si è assistito a un rimodellamento dei sistemi fiscali in senso molto favorevole ai ceti più abbienti. Il sistema del prelievo è così drammaticamente sbilanciato a danno dei lavoratori dipendenti e della classe media. Benefici per l’economia? Nessuno come ha recentemente documentato una ricerca della London School of Economics.

“Se non ora quando?” si è chiesto di recente uno dei capi economisti della banca mondiale Jim Brumby ricordando come un prelievo sulle grandi ricchezze consentirebbe di aggredire molti degli squilibri che in questo momento affliggono l’economia globale. Di tassa sulle ricchezze si discute ormai apertamente negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Germania, in Sud Africa, Argentina, Francia, Spagna. La consigliano Ocse e Fondo monetario internazionale. Ma in Italia no. Qui è dura a morire l’erronea idea che patrimoniale significhi più tasse per tutti. Pensarla così fa molto comodo ai pochi che dovrebbero versare qualcosa in più all’erario. E’ vero esattamente l’opposto, chiedere un maggior contributo a chi dispone di più risorse consentirebbe di alleggerire il carico fiscale sugli altri. All’interno di un più ampio ripensamento del sistema fiscale italiano è un tipo di prelievo che potrebbe favorire una maggiore progressività. E in questa fase di piena emergenza sarebbe utile per alleggerire la pressione sulle finanze pubbliche che devono sostenere settori produttivi e lavoratori. A lanciare il tema ci ha provato qualche settimana fa anche la Banca d’Italia. Nessuna risposta.

Il Fattoqutidiano.it ha lanciato una petizione (ormai a 75mila sottoscrizioni) per sollecitare un dibattito sull’introduzione di un prelievo sulle ricchezze superiori ai 50 milioni di euro per aiutare il paese a fronteggiare l’emergenza sanitaria. Un prelievo che riguarderebbe meno di 3mila contribuente ma garantirebbe un gettito di circa 10 miliardi di euro.

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