La critica all’arte della canzone in Italia è molto varia, così come l’oggetto artistico di cui si occupa. La canzone è fatta di note e poesia; attiene dunque, spesso in egual misura, tanto alla letteratura quanto alla musica, anche se va ribadito che le due cose dovrebbero sempre essere considerate nella loro unione, come unico segno. Ma la stessa canzone riguarda, oltre all’arte, anche la sociologia e il mondo dello spettacolo, e anzi spesso questi tre ambiti si tengono allo stesso modo dell’equilibrio dei tre poteri di uno Stato.

Ecco dunque che la canzone può essere osservata da diversi punti di vista, e sono rari i casi in cui una voce riesca a inquadrare tutti questi aspetti in un unico approccio. Credo dipenda dal fatto che non sia neanche giusto unificare gli ambiti in cui le canzoni si trovano a proprio agio. Nella critica musicale la differenza la fa l’autorevolezza di chi scrive e quanto questi abbia le idee chiare. Le questioni estetiche che riguardano la canzone sono complesse e, come nella politica, anche qui spesso le cose vengono bellamente mischiate, confuse e capovolte. È così che nascono i malintesi.

Tutto questo preambolo mi serve per introdurre un libro molto bello, che mi è arrivato nelle scorse settimane e che ho letto con molto interesse. In particolare, per parlarne voglio partire dalla prefazione e da una frase scritta da Luigi Ciotti, che dice così: “Io penso che la musica e l’arte in generale siano preziose quando non mirano a fini puramente commerciali”. A ben vedere, mi sembra un aspetto essenziale.

Il libro in questione si intitola Coltivo una rosa bianca (Vololibero edizioni, novembre 2020), scritto da Enrico de Angelis, e tratta di antimilitarismo e nonviolenza nelle canzoni di Tenco, De André, Jannacci, Endrigo, Bennato e Caparezza. È di quelli che personalmente preferisco, perché considera la canzone come letteratura musicale, senza mai perdere di vista il fatto che quei versi sono cantati, pur nell’ovvia necessita di costringerli nell’impaginazione per poterne parlare. Critica musicale purissima, che racconta la forza delle opere senza perdersi in chiacchiere di costume.

D’altra parte, Enrico de Angelis è semplicemente colui che ha inventato, oramai 52 anni fa, l’espressione “canzone d’autore”. Non si può certo dire, dunque, che non sia una persona autorevole e che non abbia le idee chiare. Per chi fa il mio mestiere, de Angelis è un vero punto di riferimento: ha una scrittura pulita e precisa, che non ama quasi mai tenersi sul generale e spesso gira intorno al nucleo tematico di un’intuizione, un preciso aspetto, un passaggio di una canzone che possa farsi emblema di un’intera poetica o di uno stile.

Procuratevi anche il libro Musica sulla carta (Zona editrice, 2009), che raccoglie diversi suoi articoli scelti della sua quarantennale collaborazione con il giornale l’Arena di Verona. Vi accorgerete per esempio che è stato uno dei pochissimi a dare il giusto spazio alle canzoni di Claudio Baglioni negli anni Ottanta, per dirne una. I suoi libri su Tenco, Conte o Ciampi sono fra i più importanti che riguardano questi artisti.

Non fa eccezione questo suo nuovo libro, i cui proventi saranno devoluti al Movimento Nonviolento. Apparentemente può sembrare un libro che tratti un aspetto parziale della musica italiana, quando invece si occupa della sorgente da cui scaturisce il fiume ispirativo di molta della migliore canzone d’autore. Affrontando la tematica dell’antimilitarismo, infatti, de Angelis si occupa di uno dei più importanti motori della canzone di impegno sociale, quelli che hanno permesso a questa espressione artistica di uscire dalle pastoie del puro intrattenimento. E lo fa per mezzo di artisti selezionati con cura, di cui svela aspetti anche non usuali. Così potrete scoprire la vera storia di Ciao amore, ciao, di Tenco fino a districarvi nel percorso coerente del caustico e materico antimilitarismo di Caparezza.

Completano e impreziosiscono il volume alcuni ritratti dei protagonisti del volume fatti da Milo Manara e Massimo Cavezzali. Un libro più che consigliato.

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