A distanza di due settimane dal licenziamento della giornalista Lauren Wolfe, colpevole di aver scritto un tweet pro Biden, il New York Times liquida anche suo esperto di Covid, Donald McNeil. L’uomo, 67 anni di cui 45 al giornale, era il cronista di scienza e salute di punta del quotidiano per tutto ciò che riguardava la pandemia. Il motivo del licenziamento è stato l’utilizzo della cosiddetta N-word, ossia la parola “negro”, davanti a ragazzi di liceo che partecipavano con lui a un viaggio in Perù sponsorizzato dal giornale.
La vicenda ha inizio nel 2019: “Eravamo a cena – si era spiegato McNeil circa l’episodio – e una ragazza mi chiese se pensavo fosse giusto sospendere una sua compagna che aveva usato quella parola in un video girato quando aveva 12 anni. Chiesi a mia volta di conoscere il contesto, se avesse voluto insultare qualcuno o stesse citando un brano rap o il titolo di un libro. Nel fare la domanda usai la stessa parola”.
In quell’occasione, il direttore del New York Times, Dean Baquet, difese il reportar accettando la sua versione e affermando che “non c’erano state malizia o intenzioni razziste”. A più di un anno di distanza, però, la vicenda è stata ripresa da The Daily Beast, suscitando proteste da parte di oltre cento giornalisti. Così Baquet ha cambiato idea e ha ceduto alle lamentele licenziando lo storico giornalista. Nello stesso periodo, McNeil era stato anche candidato dal giornale al Premio Pulitzer per il suo lavoro sul Covid.
La decisione della testata ha però scatenato l’indignazione di chi, invece, non ha trovato offensive o razziste le parole di McNeil. Questo licenziamento rappresenta “un segnale pericoloso”, ha protestato la ong Pen America. Suzanne Nossell, Ceo dell’organizzazione degli scrittori, ha commentato: “Che un giornalista come lui concluda la sua lunga carriera per aver usato una singola parola rischia di mandare in giro un messaggio agghiacciante”.
Arrivato al giornale nel 1976, pluripremiato, McNeil è un veterano delle epidemie (Aids, Ebola, Zika) e il giornalista americano che prima di tutti ha previsto i rischi del Covid. Il suo licenziamento è solo l’ultimo al New York Times: a fine gennaio la giornalista Lauren Wolfe aveva interrotto la sua collaborazione col giornale dopo aver scritto un tweet pro Biden il giorno della sua inaugurazione. È stato inoltre licenziato la scorsa settimana con l’accusa di molestie sessuali Andy Mills, il producer co-autore del podcast “The Caliphate”, contestato perché avrebbe riportato informazioni basate sulla testimonianza di un falso combattente delle Bandiere Nere.