Enzo Bianchi deve lasciare Bose entro il 16 febbraio e trasferirsi a Cellole di San Gimignano, in provincia di Siena. È l’ordine tassativo che è arrivato da padre Amedeo Cencini, delegato pontificio ad nutum Sanctae Sedis per la comunità monastica fondata da Bianchi nel 1965. Il provvedimento, approvato da Papa Francesco, si è reso necessario a causa della disobbedienza dell’ex priore dopo otto mesi dalla precedente decisione di Bergoglio che aveva già stabilito l’esilio di Bianchi dalla Comunità di Bose. Nel comunicato di padre Cencini, uno dei tre visitatori apostolici inviati dal Papa insieme all’abate Guillermo León Arboleda Tamayo e a all’abadessa Anne-Emmanuelle Devéche, si afferma che l’allontanamento è stato deciso “per i gravi motivi comunicati in via riservata ai singoli destinatari”. Prima della visita apostolica voluta dalla Santa Sede e durata un mese, dal 6 dicembre 2019 al 6 gennaio 2020, tutti i tentativi informali di ricomporre la frattura che si era creata tra il fondatore di Bose e il suo successore, il priore Luciano Manicardi, e l’intera comunità sono falliti. Ciò aveva poi portato il Vaticano a decidere che Bianchi e altri tre componenti della comunità a lui molto vicini dovevano lasciare Bose. Si tratta di Goffredo Boselli, responsabile della liturgia, Lino Breda, segretario della comunità, e Antonella Casiraghi, già sorella responsabile generale.
Nel suo comunicato, padre Cencini ricorda che nel decreto del 13 maggio 2020 approvato dal Papa “si disponeva, tra l’altro, che Enzo Bianchi si ritirasse dalla Comunità monastica di Bose entro e non oltre il termine di dieci giorni dalla data di notifica del medesimo decreto (avvenuta il 21 maggio 2020) e si trasferisse per un tempo indeterminato e senza soluzione di continuità, in un monastero o altro luogo; trascorsi ormai più di otto mesi dalla data in cui Enzo Bianchi avrebbe dovuto eseguire quanto disposto dal decreto, che aveva accettato per iscritto; dopo non pochi tentativi volti a rendere più agevole a Enzo Bianchi l’obbedienza al decreto, operati dal delegato pontificio, in forza del mandato ricevuto dalla Santa Sede, tenendo conto delle esigenze da lui espresse, nel rispetto della giustizia e, soprattutto, della sofferenza di tutte le persone coinvolte; lo scorso 4 gennaio 2021 il delegato pontificio, sentito il priore di Bose, Luciano Manicardi, che ha raccolto anche il parere del discretorio della Comunità, dopo aver consultato monsignor Alberto Silvani, vescovo di Volterra, nella cui diocesi si trova la Fraternità Monastica di Bose a Cellole, e dopo aver ricevuto il benestare del cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, ha emanato un nuovo decreto (notificato l’8 gennaio)”.
In esso viene stabilito che la Comunità monastica di Bose deve “interrompere a tempo indeterminato i legami con la Fraternità Monastica di Bose a Cellole, sita in località Cellole di San Gimignano, la quale pertanto è stata chiusa e non può essere considerata come Fraternità della Comunità Monastica di Bose, fino a quando non si deciderà altrimenti. Di conseguenza, si dovrà escludere in riferimento ad essa, l’utilizzo dei nomi di Fraternità Monastica di Bose, Monastero di Bose, o simili, nella pubblicistica, nella cartellonistica, nei siti Internet, ecc.”. Il Vaticano ha stabilito, inoltre, che è necessario “cedere in comodato d’uso gratuito il complesso di immobili di Cellole a Enzo Bianchi, che vi si trasferirà entro e non oltre martedì 16 febbraio, avendo già dato il suo assenso al riguardo, assieme ad alcuni fratelli e sorelle che hanno manifestato la propria disponibilità ad andare con lui e si troveranno nella condizione di membri della Comunità Monastica di Bose extra domum”. Il Vaticano spera ora che Bianchi e gli altri tre destinatari del provvedimento obbediscano alle disposizioni decise dal Papa senza fare ulteriore resistenza.