L’orrore delle foibe colpisce le nostre coscienze. Il dolore, che provocò e accompagnò l’esodo delle comunità italiane giuliano-dalmate e istriane, tardò ad essere fatto proprio dalla coscienza della Repubblica”. Sono le parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella nel Giorno del Ricordo in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale. La data del 10 febbraio ricorda il giorno in cui, nel 1947, fu firmato il trattato di pace che assegnava alla Iugoslavia l’Istria e la maggior parte della Venezia Giulia. “I crimini contro l’umanità scatenati in quel conflitto”, ha continuato il capo dello Stato, “non si esaurirono con la liberazione dal nazifascismo, ma proseguirono nella persecuzione e nelle violenze, perpetrate da un altro regime autoritario, quello comunista. Tanto sangue innocente bagnò quelle terre”.

Mattarella nel suo discorso ha colto l’occasione anche per ringraziare “il presidente della Repubblica di Slovenia, Borut Pahor“, riferendosi all’incontro e alle iniziative del luglio scorso, in occasione della firma del protocollo d’intesa per la restituzione del Narodni Dom alla minoranza linguistica slovena in Italia. Dal dialogo e dall’amicizia, afferma il Capo di Stato “discendono progetti altamente apprezzabili come la scelta di fare di Gorizia e Nova Gorica, congiuntamente, capitale della cultura europea 2025“. “Il passato non si cancella”, dice il presidente, “ma la ferma determinazione di Slovenia, Croazia e Italia di realizzare una collaborazione sempre più intensa nelle zone di confine costituisce un esempio di come la consapevolezza della ricchezza della diversità delle nostre culture e identità sia determinante per superare per sempre le pagine più tragiche del passato e aprire la strada a un futuro condiviso”.

Nella sala dei gruppi parlamentari, alla presenza della presidente Mattarella, dopo la proiezione di un estratto del documentario Le perle del ricordo, è intervenuto anche il presidente della Camera, Roberto Fico, secondo cui questa giornata “deve ricordarci che la pace, la convivenza tra i popoli, il rispetto dei diritti umani non sono acquisiti per sempre. Ma richiedono un impegno quotidiano affinché i conflitti, gli estremismi ideologici e nazionalistici, i totalitarismi, l’odio etnico e di classe non portino nuovamente ad atrocità, persecuzioni e crimini contro l’umanità. A seguire, la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati: “La storia non è un racconto di parte: è testimonianza di ciò che è stato. E come tale va ricostruita, documentata, studiata e tramandata: specie quando ci riguarda direttamente come italiani. Perché italiani erano i giuliani, gli istriani e i dalmati fatti cadere -uno ad uno, legati insieme con il fil di ferro- e lasciati morire nelle gole del Carso”.

Il sindaco di Trieste, alla Foiba di Basovizza, sul Carso triestino, ha sottolineato che lì “ogni pietra ha un lamento“, poiché “per mano dei comunisti titini, con la connivenza dei comunisti italiani, sulle nostre terre si è consumato l’olocausto delle foibe” e “la tragedia dell’esodo”. Il sindaco ha ricordato che, “a guerra finita”, si è scatenata “una furia cieca nei confronti di indifesi, inermi, vinti, di coloro che rappresentavano un ostacolo alla ideologia comunista”. Poi, dal 30 marzo 2004, quando “il Parlamento italiano, con legge proposta dall’on. Roberto Menia, ha istituito il Giorno del Ricordo”, la verità “ha iniziato a squarciare il muro di un silenzio complice di stati, governi, politici”. “Sarà impossibile avere una memoria condivisa”, ma “vale comunque continuare questo percorso di amore avviato”. “Non si tratta di chiedere perdono, ma di riconoscere quanto accaduto chiedendo scusa e con una preghiera rendere omaggio ai nostri martiri”. Dipiazza e il presidente della Regione Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga sono tornati a chiedere il ritiro dell’onorificenza a cavaliere della Repubblica che fu conferita oltre 50 anni.

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