L’alleanza col M5s? Non so se sarà strutturale o meno. Penso che se si vuole costruire un campo alternativo alla destra, anche in vista delle prossime elezioni, il passaggio obbligato è il rapporto con il M5s, che è l’unica via che si presenta, le altre sono chiacchiere. Chi nel Pd critica questa linea proponga un’alternativa credibile. L’auspicio naturalmente di tutti è che non si voglia tornare al Pd del 2018, che non soltanto non aveva numeri migliori di questo, ma soprattutto aveva un sistema di alleanze pressoché nullo, una situazione che nessuno mi auguro voglia riproporre “. Sono le parole pronunciate ai microfoni di “24 Mattino” (Radio24) dal vicesegretario del Pd, Andrea Orlando, circa una futura alleanza coi 5 Stelle.

E spiega: “Io credo che aver tenuto un asse politico nel governo Conte Due sia stata una delle premesse fondamentali per far sì che questa esperienza politica con Draghi si potesse realizzare. Senza il cambio di rotta del M5s, dovuto anche al rapporto tra noi e il Movimento stesso, penso che oggi non ci sarebbero i numeri per governo Draghi. Insistere sul Conte Ter per me è stato giusto, anche perché non ci associamo affatto alla campagna che è stata fatta contro Giuseppe Conte. C’è stata molta strumentalità nelle critiche rivolte al governo Conte Due. Io non sono tra quelli che ha osannato quell’esecutivo, ma mi pare che molte critiche fossero solo finalizzate a far cadere quel governo.”.

Orlando puntualizza che il Pd non ha proposto alcun nome nei colloqui con Draghi, né ha posto alcun veto, ma aggiunge: “Abbiamo fatto presente una sola cosa: una maggioranza non omogenea rende difficile governare il Paese. Già era così col governo che abbiamo alle spalle, ora un suo allargamento senza un asse politico preciso rischia di rendere più complicata la navigazione. Imbarazzo nel governare con la Lega? Veramente la domanda va girata a Salvini, perché l’asse indicato ieri da Draghi è davvero lontano da quello che storicamente caratterizza Salvini. Draghi – continua – ha richiamato all’europeismo, a un rafforzamento del processo di integrazione europeo, al rifiuto della flat tax, all’accentuazione della progressività nel sistema fiscale. Insomma, tutti elementi ben lontani da ciò che Salvini ha sempre sostenuto. Si tratterà di capire se questa sua conversione avvenuta in poche ore sia un escamotage o un fatto reale. Noi siamo europeisti sin da prima di questa vicenda, Salvini lo è diventato in 24 ore“.

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