La banca senese presenta il bilancio 2020 con 1,69 miliardi di perdite. Pesano soprattutto gli accantonamenti in vista dei possibili risarcimenti. La banca è sul mercato da tre anni ma nessun apotenziale cquirente sinora ha avanzato offerte. Nel 2021 il Tesoro dovrà uscire dall'azionariato
Con l’ultimo “rosso” da 1,69 miliardi di euro messo oggi a bilancio 2020 le perdite accumulate da Mps negli ultimi 10 anni toccano i 23,5 miliardi di euro, in pratica sono andati in fumo 6,5 milioni di euro al giorno. Otto degli ultimi dieci esercizi si sono chiusi con il segno meno nell’ultima riga del conto economico. Tra il 2011 e il 2017 la banca, che in Borsa capitalizza meno di 1,4 miliardi, ne ha chiesti al mercato 18,5 sotto forma di aumenti di capitale, di cui 5,4 forniti dallo Stato con la ricapitalizzazione precauzionale del 2017. E ora è in cantiere un nuovo aumento di capitale con il Tesoro a fare la parte principale. Il ministero è infatti azionista al 64% della banca senese dal 2017 ma dovrà cedere la partecipazione entro il 2021 in virtù degli accordi con Bruxelles.
Mps è sul mercato da tre anni. Nessuno si è mai fatto avanti e la cosa più di tanto non stupisce. Il dossier Mps è insomma una delle patate più bollenti che Mario Draghi si troverà tra le mani se diventerà presidente del Consiglio. Da mesi si parla di un possibile intervento di Unicredit di cui Pier Carlo Padoan, che salvò Mps quando era ministro dell’Economia, è diventato presidente. Ma la banca, ora guidata da Andrea Orcel, deve fare i conti anche con importanti soci esteri ed offrirà una sponda solo se il Tesoro saprà impacchettare un bel regalo con tanto di fiocco. Altre ipotesi circolate e circolanti sono quelle di una fusione con Banco Bpm e di un interessamento del fondo statunitense Apollo. Naturalmente nessuno fa opere caritatevoli.
Nel caso in cui Mps non dovesse riuscire a trovare un partner con cui aggregarsi lo Stato italiano ha garantito “pieno sostegno” alla sottoscrizione pro-quota dell’aumento di capitale da 2,5 miliardi che la banca si troverebbe a dover realizzare, si legge nella nota della banca sui risultati 2020, ricordando che il rafforzamento patrimoniale “sconta talune incertezze in quanto necessita la conclusione del processo già avviato di valutazione e approvazione di Dg Comp e Bce”. “Il prossimo governo dovrà salvare un patrimonio di Siena e di tutta Italia come il Monte dei Paschi, tutelando lavoratori e risparmiatori“, ha scritto in serata il leader della Lega, Matteo Salvini in una nota. Fratelli d’Italia ha presentato una mozione per chiedere al prossimo esecutivo di “concordare con la Commissione europea il rinvio della privatizzazione di Mps auspicando un contesto in cui il valore azionario del settore bancario sia più corrispondente alla realtà e le condizioni economiche generali in fase di ripresa”.
L’origine delle disgrazie di Mps risale al 2007 quando la banca, guidata da Giuseppe Mussari (in quegli anni anche presidente dell’Abi) comprò a prezzi elevatissimi banca Antonveneta. L’autorizzazione di Banca d’Italia porta la firma dell’allora governatore Mario Draghi. Da allora i conti hanno iniziato ad avvitarsi in una spirale al ribasso, anche per effetto del ricorso ad escamotage contabili come i famigerati derivati “Alexandria” e “Santorini”.
La predita registrata nel 2020 non è una sorpresa come dimostra l’andamento odierno del titolo in Borsa che ha chiuso con un – 0,1%. A pesare sul bilancio sono stati soprattutto 1,3 miliardi di costi straordinari, tra cui 984 milioni di accantonamenti, in gran parte per far fronte alle richieste di danni degli ex azionisti, e 154 milioni di costi di ristrutturazione per gli esodi incentivati del quarto trimestre e per l’operazione Hydra. Hanno inciso anche 748 milioni di rettifiche su crediti, di cui 348 milioni causate dalla pandemia. Lo stock di crediti deteriorati netti è sceso da 3,9 a 2,2 miliardi e l’npe ratio lordo al 3,4% secondo i nuovi criteri Eba – e la svalutazione per 340 milioni del valore delle attività fiscali differite (Dta).