di Paolo Di Falco e Marta De Vivo
La scorsa settimana siamo stati tutti talmente presi dagli sviluppi della crisi di governo che forse ci è sfuggito quello che è accaduto a Collesalvetti. Ci troviamo in provincia di Livorno e dall’opposizione si alza la voce della Lega con una richiesta insolita: schedare le coppie omosessuali in città. Sì, avete letto proprio bene: il capogruppo leghista in consiglio comunale ha preteso, secondo quanto riporta anche il sito Fanpage, di avere “i dati numerici di questo fenomeno nel nostro territorio nel suo sviluppo negli anni e se si è in grado di avere contezza circa la stabilità di queste unioni”.
Tralasciando le parole discriminatorie con cui quest’ultimo definisce semplicemente “fenomeno” due persone dello stesso sesso innamorate, si è davvero arrivati a “schedare” le persone in base al loro orientamento sessuale? Perché porre l’attenzione solamente sulla “stabilità di queste unioni”? Cos’hanno di diverso dalle altre?
Se ci pensate un po’ su, nel momento in cui si iniziano a schedare delle persone solamente per il loro orientamento sessuale, il colore della loro pelle, il loro credo religioso, si inizia a generare una differenza esplicita: le persone schedate diventano in automatico i diversi, quelli da tenere sotto controllo. È davvero assurdo che in un Comune italiano possano essere formulate tali richieste.
Qualcuno parlava di corsi e ricorsi storici e, come si evince dalla notizia di Collesalvetti, il passato è sempre dietro alla porta di servizio: alle volte sembra di vivere nel Medioevo e altre, a causa dell’ignoranza e della stupidità umana, torniamo a quando nelle liste di proscrizione volute dal fascismo veniva schedato chi era considerato scomodo per il regime, da eliminare.
E se da un lato abbiamo una schedatura che ci porta a ricordare episodi tristemente noti, dall’altro c’è ancora il mancato riconoscimento dell’uguaglianza che dovrebbe primeggiare su qualsiasi altra questione: basta alle discriminazioni, basta alle schedature!
Di recente si è tenuta una manifestazione contro queste dichiarazioni spiacevoli per far capire che il vento è cambiato, per far capire che siamo nel 2021 e non nel Medioevo o nel fascismo. Alla manifestazione hanno partecipato il sindaco di Collesalvetti, Adelio Antolini, il sindaco di Livorno, la senatrice e grande sostenitrice della legge sulle unioni civili, Monica Cirinnà, in collegamento telefonico, e l’assessora regionale alle pari opportunità e all’attuazione della Legge Regionale 63/2004 contro le discriminazioni Alessandra Nardini.
La stessa Nardini ha affermato chiaramente che “in Italia e in Toscana non c’è spazio per l’omofobia, né per qualsiasi tipo di propaganda discriminatoria. L’idea della schedatura delle unioni civili tra cittadine e cittadini omosessuali, regolate da una legge dello Stato, fa venire i brividi e richiama oscure e drammatiche vicende del passato, che nel passato devono restare”. Insomma su questo terreno c’è ancora tanto da fare ma almeno “la Toscana è sempre stata apripista per quanto riguarda i diritti civili e continuerà orgogliosamente a esserlo”.
Bisogna, infatti, ribadire che la Regione Toscana, oltre a disporre di una legge contro queste tipologie di discriminazioni per orientamento sessuale, identità di genere e simili, prende da moltissimi anni parte al Pride, tramite il Toscana Pride, ed è tra gli enti fondatori della Rete Re.a.dy, che si occupa di affrontare e combattere tutte le discriminazioni.
Come ci ha dimostrato anche questa manifestazione, la Toscana è una “terra aperta”, una terra che non escluderà mai nessuno, che non sarà mai e poi mai relegata ad una scheda o ad un foglietto scritto qualsiasi. Speriamo però che le cose inizino a cambiare in tutta Italia e che in futuro non sentiremo più parlare di discriminazione o proposte del genere.