Dalla Grecia alla Danimarca sono tanti i Paesi che, in vista dell’estate 2021 e per la ripresa del settore turistico, pensano a formule per garantire la mobilità sicura dei propri cittadini in patria e all’estero. Ipotesi che in molti casi si traducono nella formula del “passaporto sanitario” o di un certificato da mostrare via app o in forma digitale, ma che sollevano dubbi sull’utilizzo di dati sensibili e sulla possibilità, come oggi ritiene il Regno Unito, che si tratti di provvedimenti discriminatori. C’è però chi si sta già muovendo concretamente in questa direzione. Se Israele ha deciso che tra 15 giorni renderà possibile l’accesso ai luoghi del tempo libero per chi dimostrerà di essere immune al Covid – dunque vaccinato o guarito -, anche l’Ungheria ha stabilito che emetterà un documento che certifica l’immunità da coronavirus per tutti coloro che sono stati vaccinati, che sono guariti dalla malattia o che possono provare la presenza di anticorpi nel sangue. Gergely Gulyas, capo di Gabinetto del premier Viktor Orban che ha dichiarato l’intenzione del governo, ha inoltre annunciato che il Paese dovrebbe ricevere 500mila dosi del vaccino anti Covid cinese Sinopharm la settimana prossima e prevede di iniziare a breve le vaccinazioni con questo prodotto. Budapest, inoltre, ha già dato il via libera al farmaco russo Sputnik, che l’Ema non ha ancora autorizzato.
Intanto nei giorni scorsi Grecia e Israele, proprio per salvare il turismo in tempo di pandemia e in vista della stagione estiva, hanno concordato un accordo che consentirà ai loro cittadini vaccinati contro il coronavirus di viaggiare senza limitazioni tra i due Paesi, una volta che i voli riprenderanno. L’accordo, ha spiegato il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis in una conferenza stampa congiunta con il suo omologo israeliano Benjamin Netanyahu, “ci permetterà di poter offrire ai turisti israeliani l’opportunità di trascorrere le loro vacanze in Grecia senza alcuna restrizione”. In Israele la campagna vaccinale procede spedita, ma in Grecia sono circa 360mila le vaccinazioni effettuate (su una popolazione di 11 milioni di abitanti) e le restrizioni allentate durante il Natale sono state ripristinate venerdì a fronte di un aumento delle infezioni nelle ultime settimane.
Favorevole al passaporto Covid anche la Svezia, che pensa di lanciarlo entro entro l’estate quando, secondo il governo di Stoccolma, saranno stati stabiliti degli standard internazionali. Della stessa idea anche la Danimarca, che vorrebbe accelerare e renderlo disponibile entro fine mese per facilitare i possessori a compiere una serie di attività tra le quali viaggiare, accedere a eventi sportivi o culturali e ai ristoranti. Un’idea che il 6 febbraio ha scatenato la protesta a Copenhagen di circa 600 “Men in Black Danemark”, un gruppo attivo su Facebook che da oltre un mese organizza raduni per sostenere la “libertà di scelta” e denunciare la “coercizione” e la “dittatura” del semi-lockdown in vigore. Secondo loro la creazione del certificato rende di fatto obbligatorio il vaccino, che rappresenterebbe così un’ulteriore limitazione delle libertà individuali. Chi invece ritiene discriminatoria l’idea di introdurre un documento che attesti l’immunità è il ministro britannico per le vaccinazioni Zahawi Ridge. “Punto primo, non conosciamo l’impatto che il vaccino ha sulla trasmissione del virus”, ha detto l’esponente del governo di Londra. “Punto secondo sarebbe discriminatorio. E poi bisogna fare in modo che le persone vengano a farsi vaccinare perché vogliono non perché devono ottenere il passaporto”.