La Catalogna va al voto, ma i pronostici a ridosso dalle elezioni del 14 febbraio sono incerti. Da quando il ministro della Sanità spagnolo Salvador Illa si è dimesso per candidarsi con i socialisti regionali, i sondaggi hanno segnalato un indebolimento del fronte indipendentista. La mossa del premier Pedro Sánchez per recuperare terreno nella comunità autonoma più complicata sta sortendo l’effetto sperato: il suo candidato è dato primo al 22%. Ma comunque non basterebbe per governare e a poco servirebbero i voti di alleati come Podemos.

I socialisti devono sperare che i partiti indipendentisti non raggiungano i voti sufficienti per replicare l’attuale alleanza, formata da Junts x Catalunya, la formazione di Carles Puigdemont, al 20% nei sondaggi, ed Esquerra Republicana (Erc), al 21%. Se dovesse accadere, Sánchez spera che Erc ripeta l’esperienza di Madrid, quando a fine dicembre ha appoggiato la manovra di bilancio. La scelta di candidare Illa è stata vista però come un colpo basso e ha infastidito non poco i catalani. Gli indecisi, il 37%, possono risultare decisivi nel risolvere la disputa, ma come sostiene Pablo Simón, politologo dell’Università Carlos III, è difficile fare previsioni: “Se il Partito Socialista appoggia Erc da fuori per governare in minoranza senza Junts x Cat, si consoliderebbe l’alleanza. Sarebbe diverso se Erc non fosse il primo partito indipendentista o se i socialisti arrivassero primi alle elezioni. Non possiamo anticipare niente per il momento, perché c’è un triplo pareggio”.

La campagna elettorale che si accinge a terminare si è svolta in un clima atipico, con la pandemia che spaventa tutta la regione. Il Tar catalano ha annullato la decisione della Generalitat di rimandare le elezioni al 30 maggio e ha confermato la data precedentemente stabilita, questa domenica, nello stupore generale. I risultati si stanno già vedendo: il voto per posta è cresciuto del 300%, oltre 270mila richieste, e il 25% degli scrutatori ha preferito declinare la chiamata del governo. Secondo la legge, queste persone andrebbero sostituite con i primi elettori che si recheranno alle urne, ma le autorità hanno consigliato di cominciare dagli anziani. L’alternativa è quella di distribuire i supplenti di ogni tavolo elettorale in collegi dello stesso municipio. Anche gli affetti da covid e i loro contatti stretti potranno esprimere la loro preferenza, tra le 19 e le 20.

“I politici indipendentisti in carcere per il referendum del 2017 sono tornati a svolgere un ruolo di rilievo “per cercare di mobilitare quegli indecisi che si pongono tra Junts x Cat ed Erc”, sostiene Simón. Il dipartimento di giustizia regionale gli ha concesso il regime di semilibertà e la possibilità di partecipare alla campagna elettorale. L’opportunità è stata immediatamente sfruttata: i condannati hanno letto un manifesto condiviso che rivendica l’unità sovranista. L’ex presidente Puigdemont, in esilio a Bruxelles, si è addirittura candidato come capolista per portare consensi alla sua numero due, Laura Borràs, ma non potrà votare, perché il suo documento d’identità è scaduto e per rinnovarlo dovrebbe presentarsi in ambasciata, dove verrebbe probabilmente arrestato.

Borràs, la vera rappresentante di Junts x Cat, ha inasprito la campagna elettorale per un’accusa di corruzione: avrebbe tentato di raccomandare un amico per ottenere un contratto in un istituto di cultura. Se il suo partito vincesse le elezioni e lei risultasse colpevole, sarebbe destituita dalla carica come Quim Torra, l’ex presidente accusato di disobbedienza per aver esposto durante le ultime elezioni nazionali uno striscione a favore dei politici arrestati. In un caso molto simile è coinvolta la leader di Candidatura d’Unitat Popular (Cup), gli indipendentisti anticapitalisti che spesso hanno appoggiato l’attuale coalizione.

Il panorama indipendentista è più complesso di quel che sembra. Le stesse idee secessioniste sono diverse, più o meno radicali, e contemplano varie soluzioni. Le tre formazioni principali, Junts x Cat, Erc e Cup, difendono la disobbedienza come strumento per fare pressioni sullo Stato. Ma, se Junts x Cat propone di attivare nuovamente la dichiarazione unilaterale di indipendenza in caso il fronte comune superi il 50%, Erc sembra essere più cauto e preferisce altre opzioni. Non a caso, la formazione del presidente ad interim uscente, Pere Aragonés, è stata promotrice di una mozione a Madrid per la riattivazione del tavolo di dialogo sull’indipendentismo. In ogni caso, l’amnistia o l’indulto ai prigionieri è un’assoluta priorità. Secondo Simón “non ci sarebbe nessuna dichiarazione unilaterale d’indipendenza. Di fatto c’è molta confusione nel blocco indipendentista su cosa fare. La grande questione è sapere chi arriverà primo tra Junts x Cat ed Erc e che tipo di governo verrà fuori dalle elezioni”.

Tra le forze contrarie all’indipendentismo, En Comú Podem, il ramo catalano di Podemos, è il partito più aperto ad assecondare le richieste di Erc e Junts x Cat. Infatti, difende il diritto all’autodeterminazione, dentro lo Stato, e intende farsi promotore di una riforma della Costituzione che riconosca nuove competenze alla Catalogna. I socialisti di Illa si limitano alle concessioni sul piano fiscale e all’idea più volte palesata di spostare il Senato a Barcellona. Sulla liberazione dei prigionieri entrambi gli alleati di Madrid sono d’accordo ma alla possibilità di un’amnistia generale si preferisce quella di indulti individuali per ogni politico. La magistratura si è già dichiarata a sfavore e ha bocciato l’iniziativa come una mossa puramente politica.

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