I leader sono stati informati all’ultimo, alcuni ministri hanno appreso di esserlo solo dalla lettura della lista. Ma non mancano gli scontenti. Il governo dei competenti di Mario Draghi alla fine appare figlio dell’attenta lettura del manuale Cencelli. L’ex direttore della Bce ha dato spazio alla rappresentanza parlamentare ma ha messo i tecnici in ruoli chiave soprattutto nell’ottica del Recovery plan, da Daniele Franco a Roberto Cingolani. La prospettiva appare di lunga durata, ma secondo alcuni il pluralismo politico sarebbe un viatico anche per una eventuale futura elezione di Draghi alla presidenza della Repubblica. Dopo aver letto la lista dei suoi ministri, Draghi si è recato prima dai presidenti di Camera e Senato e poi a Palazzo Chigi dal suo predecessore: il colloquio è durato mezz’ora. Il governo giurerà sabato al Quirinale alle 12, mentre un’ora dopo si terrà la cerimonia della campanella col presidente del consiglio uscente, Giuseppe Conte. Il nuovo governo chiederà la fiducia in Parlamento mercoledì alle 10 in Senato e giovedì mattina alla Camera.
Le prime reazioni a caldo per un governo che partirà da un sostegno pari a tre quarti del Parlamento sono venate di malumore: esempio di tutte le difficoltà a mettere insieme le sensibilità della larga maggioranza. Non solo, più di un partito lamenta deleghe poco ‘pesanti’. Ufficialmente i 5 stelle esultano, con un post su Facebook dell’account del Movimento. “Buon lavoro al presidente Draghi e a tutto il governo. Un in bocca al lupo in particolare Luigi Di Maio, Stefano Patuanelli, Fabiana Dadone, e a Federico D’Incà, ministro dei Rapporti con Parlamento. E poi un augurio al nuovo “super ministro” all’Ambiente e alla transizione ecologica, Roberto Cingolani. Un profilo e un risultato che abbiamo fortemente voluto. Adesso subito al lavoro!”. Secondo alcune fonti del Movimento, Beppe Grillo sarebbe particolarmente soddisfatto per la nomina di Cingolani che, stando alle stesse fonti, avrebbe lui stesso suggerito a Draghi. Delusione filtra però da quelli contrari all’appoggio a Draghi su Rousseau. “Rispetterò il voto degli iscritti ma vi dico chiaramente che sono orgoglioso di aver votato no ad un governo con Forza Italia e Lega. Spero con tutto il cuore di sbagliarmi, ma sarà difficile”, scrive su twitter Danilo Toninelli. “Il super ministero chiesto da Beppe Grillo non c’è. Il ministero dell’ambiente non sarà fuso con il ministero dello sviluppo economico. Eh no, perché il ricco ministero dello sviluppo economico sarà affidato alla Lega con Giorgetti. Noi non abbiamo votato per questo sulla piattaforma Rousseau”, dice la senatrice M5S Barbara Lezzi.
Nel campo del centrodestra emerge il malcontento di chi vede nei nomi scelti per Forza Italia e Lega un’impronta anti-sovranista, che guarda apertamente ai moderati e al Ppe. Si racconta di una telefonata a tratti tesa anche tra Silvio Berlusconi e Draghi. Salvini fa buon viso a cattivo gioco: “Imprese, turismo, disabili. Lega da subito al lavoro pancia a terra per aiutare e rilanciare il cuore dell’Italia”, dice a caldo. Nicola Zingaretti, da parte sua, fa mea culpa per le poche donne al governo: sono 8 su 23, nessuna del Pd. “In questi mesi – dice il segretario – nel lavoro di ricostruzione del partito, abbiamo scommesso molto sulla valorizzazione della forza e della risorsa delle donne e, in questi giorni, nella centralità del tema della differenza di genere come cuore del programma per la ricostruzione italiana. Nella selezione della componente del Pd nel governo questo nostro impegno non ha trovato rappresentanza. Pur rispettando i criteri di autonomia dei ruoli farò di tutto perché questo si realizzi nel completamento della squadra di governo“. Tommaso Cerno, senatore eletto col Pd, contesta apertamente la nomina di Marta Cartabia alla Giustizia: “Ci lascia perplessi come cittadini e come omosessuali viste le posizioni sostanzialmente reazionari della guardasigilli va detto che tanto tuonò che piovve. Il governo a un primo esame è un elenco prevedibile composto di soliti nomi e da manuale Cencelli con qualche nome di amarcord a destra ed i soliti storici della sinistra. Voterò la fiducia perché si parta. Ma non mi pare il piede giusto né la vigilia di una grande rivoluzione. Viva l’Italia e gli italiani”.