Dritta per la sua strada, con un piccolo rallentamento dovuto all’impatto – tra le 23.02 e le 23.04 – senza virare, senza lanciare allarmi. Così naviga la notte del 12 maggio la petroliera Vulcanello M, mentre la Nuova Iside, un piccolo peschereccio che si trova ancorato, in rotta nei radar della petroliera già dalle 22.38, viene affondato e tre uomini perdono la vita. Uno di loro resta in balìa delle onde ancora vivo per 12 ore, ma i soccorsi non vengono chiamati, non finché non se ne accorgeranno i familiari a terra. Questa è la ricostruzione, finora emersa dalle indagini preliminari, di quel che è accaduto quella notte del 12 maggio 2020 al largo di San Vito Lo Capo, mentre il peschereccio era attaccato ad una boa e la petroliera navigava verso Vibo Valentia.

Ma qualcosa, non irrilevante, è successo anche dopo: “Quell’altra minchiata che lui ci ha fatto fare ripitturare la nave… lasciamo perdere va…” così parlano tra di loro il nostromo e un marinaio della Vulcanello M dopo che i tre pescatori (Matteo Loiacono, il padre Vito e il cugino Giuseppe Loiacono) hanno perso la vita. I due marittimi parlano al telefono il 23 giugno e la conversazione viene intercettata dalla Guardia Costiera. La pitturazione alla quale fanno riferimento è avvenuta, secondo quando ricostruito dalla procura di Palermo, nonostante l’imbarcazione fosse sotto sequestro. Particolare che non sfugge ai due: “Ora loro vogliono sapere con quel fatto che hanno ripitturato la nave ora va a finire che sono state nascoste le prove… si no…”. Ma la conversazione prosegue svelando altri risvolti: “Il comandante stesso va a mettere la musica pure in plancia… la musica in plancia… loro questo devono anche metterlo in conto e lui pure non è che dà un buon esempio pure… il comandante…”.

È solo una delle tante prove raccolte dalla procura di Palermo le cui indagini hanno portato oggi all’arresto del comandante della petroliera Gioacchino Costagliola, il terzo ufficiale Giuseppe Caratozzolo (entrambi in carcere) e l’armatore Raffaele Brullo, che andrà ai domiciliari. I primi due sono accusati di omicidio colposo e omissione di assistenza a navi o persone in pericolo mentre all’armatore vengono contestati la frode processuale e il favoreggiamento. “È evidente, quindi, che a bordo della petroliera fossero assunte abitualmente e comunque tollerate prassi assolutamente incompatibili con quelle necessarie per la corretta e sicura navigazione di una imbarcazione, soprattutto in un tratto di mare che, per comune esperienza, è frequentato anche da imbarcazioni di medio-piccole dimensioni, intente alla pesca”, così scrive la gip Annalisa Tesoriero che ha accolto la richiesta del procuratore aggiunto Ennio Petrigni e del sostituto Vincenzo Amico. A suo parere, morti che si potevano evitare, soprattutto quella di Giuseppe Loiacono che restò vivo per 12 ore in mare. Ma dopo l’impatto dalla Vulcanello non fu lanciato nessun allarme, e questo nonostante l’impatto, i rumori e la porta che si apre in plancia: questo suggeriscono le registrazioni sulla nave. Qualcuno, cioè, pare sia entrato dopo l’impatto ma nessuno si è premurato di verificare cosa fosse successo, lasciando i pescatori in mare senza soccorsi, continuando dritto senza perturbazioni, stando alla ricostruzione fin qui fatta dall’accusa e accolta dalla gip.

E questo è quanto ricostruito dalle indagini svolte – ma ancora in corso – dalla guardia Costiera, e anche dal Ris di Messina: “Dalle ore 23.02 alle ore 23.04 del 12 maggio la petroliera Vulcanello M, in navigazione verso il porto di Vibo Valentia, con velocità di crociera di 12 nodi e pilota automatico inserito) ha intercettato il peschereccio Nuova Iside (già visibile a rada sulla rotta della Vulcanello Ma a proravia della stessa fin dalle ore 22.30 circa), nell’impatto conseguente la petroliera ha speronato il peschereccio, probabilmente trascinandolo con sé per almeno trenta secondi, scontrandosi più volte (almeno quattro, stando al numero dei tonfi che si percepiscono nitidamente dall’esame del sistema Vdr) con lo scafo di quest’ultimo, che poi riappare sullo schermo radar a poppa della petroliera, questa volta sul lato sinistro, per scomparire subito dopo. A seguito dello speronamento è derivato l’affondamento del peschereccio e la morte dei componenti l’equipaggio (Vito, Matteo e Giuseppe Lo Iacono). In seguito all’impatto, sebbene il personale di condotta abbia avuto contezza di anomalie nulla è stato fatto per accertare cosa fosse successo, nessun segnale di allarme è stato inviato: la petroliera ha proseguito la propria rotta”. Una ricostruzione che la gip sottolinea, “si ricava da gravi elementi indiziari”.

Le testimonianze dei familiari, i tabulati, le rivelazioni satellitari. Perfino le mail che aggiungono evidenze sulla pitturazione avvenuta dopo il sequestro. Come nel caso dello scambio avvenuto tra il comandante e la società armatrice: “Buongiorno, comandante Costagliola – scrive in una mail del 21 maggio Salvatore Di Nucci, sovraintendente del dipartimento tecnico della Augusta due srl, società armatrice della Vulcanello – come da nostra comunicazione telefonica avvenuta ieri, prego farci pervenire settimanalmente stato avanzamento pitturazione aggiornato”. Il comandante Costagliola rispondeva sei giorni dopo: “Si allegano foto scafo ove si evincono i ritocchi fatti con il blu e fino a dove si è potuto arrivare con le aste allungabili. Il lavoro è stato svolto durante la navigazione tra Augusta e Vibo Valentia”.

Indagini che portano a conclusioni “molto amare”, sottolineano Cinzia Pecoraro e Giuseppina Scrudato, legali di Giuseppe Loiacono: “Il gip ha raccolto i nostri rilievi durante l’incidente probatorio di novembre – aggiungono – . Quella che ha portato alle misure è una ricostruzione puntigliosa per una vicenda molto amara: fossero stati chiamati i soccorsi si sarebbero salvati tutti. Ma non solo: se avessero prestato maggiore attenzione prima, avrebbero avuto tutto il tempo di evitare la collisione. Una storia che lascia davvero l’amaro in bocca”.

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