Poi tra mirabolanti avventure arriva il film d’amore che non t’aspetti. Un amore da cinecomic duraturo e nostalgico che si cela dietro l’assenza di un amante perduto da decenni. Così anche l’illusione di riportarlo in vita grazie a una pietra magica può essere un appiglio. Accade in Wonder Woman 84. Se quest’avventura dell’amazzone Diana, alias Gal Gadot, s’infarcisce di un tripudio di forme estetiche anni ‘80 anche per struttura del racconto oltre all’audacia di costumi, acconciature e caratterizzazioni dei personaggi, ne troviamo il fulcro decisivo proprio nei sentimenti della nostra supereroina.

Risulta spesso scanzonato e dai toni leggeri come un Thor Ragnarok minore di casa DC Comics, e con innesti visivi ostentatamente più posticci ad opera della regista Patty Jenkins, questo nuovo Warner Bros. In Italia capitola sull’on demand dal 12 febbraio, giocandosi il tutto per tutto con alle spalle un budget di 200 milioni di dollari, avendo rastrellato nei cinema del mondo 155 milioni solo di box office. Stando alla testata americana Deadline, ha totalizzato, al 29 gennaio, anche 2,252 miliardi di minuti di streaming: il 35% in più rispetto a Soul di Disney+ e l’85% in più della serie Netflix Bridgerton.

Un’astuta trovata numerica per misurarne il successo, se pensiamo che dura oltre 2 ore e mezzo. Minuti come dollari… Benvenuti nel fantastico mondo del marketing cinematografico in tempi pandemici. A guardarlo risulta comunque abbastanza piacevole ma non meraviglioso, vuoi anche l’assenza del grande schermo. Troppo lungo con i suoi 151 minuti, quindi preparatevi per tempo cena e stuzzichini vari da sofà. Sperando sempre di tornare a passeggiare al più presto verso un cinema vero.

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San Valentino, Wonder Woman e dintorni: amori, uscite e candidature da Oscar

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