Per ora è solo un’ipotesi. Non c’è nulla di nero su bianco ma la notizia filtrata dalle consultazioni del premier incaricato Mario Draghi di tenere aperte le scuole fino a fine giugno ha agitato gli insegnanti, i sindacati della scuola, i presidi, gli studenti, i pedagogisti e persino gli albergatori. A difendere le lezioni oltre l’inizio dell’estate sono rimasti i padri di questa proposta: il direttore della fondazione “Giovanni Agnelli” Andrea Gavosto e il gruppo di dirigenti e docenti che va sotto il nome di “Condorcet”.
Sono quest’ultimi ad aver lanciato tre mesi fa un appello per cambiare il calendario scolastico. L’unico a tacere è Patrizio Bianchi – il cui nome circola come prossimo ministro dell’Istruzione – che, interpellato da ilfatto.it ha detto: “Adesso non voglio parlare di scuola”.
A dire la loro sono invece i sostenitori delle vacanze corte, a partire da Andrea Gavosto, tra i primi ad essere convinto che sia necessario recuperare il tempo perso a scuola a causa della pandemia. “Siamo in un anno eccezionale. In Italia non sappiamo cosa sia successo sul fronte apprendimento perché non abbiamo test Invalsi. In Olanda, dove hanno chiuso le scuole per otto settimane durante il lockdown, hanno misurato gli apprendimenti prima e dopo: i ragazzi nonostante la didattica a distanza non hanno realizzato alcun progresso di tipo cognitivo. Se da maggio-giugno il virus ci darà tregua, sfruttiamo quei mesi per riattivare la scuola in presenza e misurare le lacune a livello di singola classe con prove parallele”.
Gavosto pensa in particolare agli studenti delle scuole superiori, ed è consapevole di scontentare i docenti e di attirarsi le antipatie degli insegnanti. Il direttore della fondazione “Agnelli”, però, mette le mani avanti. Il maxi recupero – dice – va fatto soprattutto alla scuola secondaria di secondo grado che ha fatto meno giorni degli altri ordini in presenza. Ma nessuna generalizzazione: “Va fatta la fotografia a livello di singola sezione, magari c’è qualcuno che non ha bisogno di far nulla”.
E a chi gli fa osservare che i ragazzi saranno costretti a lavorare al caldo, il direttore risponde: “Le scuole sono abituate a lavorare d’estate, tutto il mondo è occupato a giugno e luglio e non tutti hanno l’aria condizionata. Quest’anno va fatto comunque questo sacrificio”.
Più complesso il ragionamento di Mauro Piras, del gruppo “Condorcet” che non si ferma alla contingenza della pandemia ma vorrebbe un modello di calendario scolastico alla francese. A scanso di equivoci il gruppo aveva sollevato la questione ben prima dello scoppio della crisi sanitaria. La soluzione in tasca è la seguente: “In Italia c’è un’estate molto lunga e ci sono poche interruzioni intermedie. Le pause lunghe sono svantaggiose per la didattica. Dobbiamo cambiare marcia”.
Il professore delle scuole superiori guarda poi alla pandemia: “Abbiamo pensato di prolungare i periodi di vacanza nei mesi invernali in cui siamo costretti alla dad e così vorremmo allungare le lezioni nei mesi in cui più facilmente il virus sarà meno aggressivo e potremo fare lezione in presenza”. Una soluzione che dovrebbe, secondo Piras, favorire insegnanti e ragazzi: “La dad è un grande stress, è faticosa per tutti. Interromperla fa solo bene”.
Resta il problema del caldo nelle aule. In molti sono convinti che in Sicilia così come in Pianura Padana è impossibile andare a scuola con 35 gradi. Per Piras la risposta è una sola: “Compriamo i condizionatori; perché non fare un investimento? Abbiamo speso soldi in montagne di mascherine che non usiamo, possiamo spenderli anche per questa ragione”.
Dall’altra parte della barricata, tra i dubbiosi e i contrari all’idea di andare a scuola in estate ci sono i capi d’istituto e i sindacati. Per loro i problemi sono relativi soprattutto alla concomitanza con gli esami, alla mancanza di docenti già impegnati in altre attività, alla non opportunità di fare scuola per tutti indiscriminatamente.
Ad intervenire sulla questione in maniera ferma è Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi. Il parere del numero uno dei dirigenti scolastici è frutto di un ragionamento: “Non abbiamo preclusioni ad arrivare a fine giugno ma ciò significa spostare in avanti lo svolgimento degli esami delle superiori e delle medie. Qualche giorno in più di scuola potrebbe essere utile ma stiamo parlando di tre settimane al massimo. Nessuno però dica che sono stati persi dei giorni. Non è così”.
Sul piede di guerra, invece, sono i sindacati che hanno ben presenti i problemi che vivono le scuole. Lena Gissi, segretaria nazionale della Cisl Scuola non ha dubbi: “Aspettiamo di ascoltare il programma di Draghi. Certo abbiamo problemi di povertà educativa, ci sono realtà dove le famiglie non hanno potuto seguire le lezioni a distanza ma va detto che in giugno ancora non ci sarà la campagna vaccinale per tutti; ci saranno ancora condizioni per cui dovremo garantire la mascherina e il distanziamento; vogliamo parlare di un prolungamento senza parlare delle date degli esami che dovremo spostare? Come faremo con i trasporti a giugno? In quindici giorni pensiamo davvero che recupereranno gli apprendimenti? Non parliamo di scuola con gli slogan. Se serve saranno le singole scuole a programmare dei recuperi”.
Ancora più duro Rino Di Meglio della Gilda: “È un’idea stravagante. Se lo scopo è recuperare i ragazzi che son rimasti indietro meglio fare corsi individuali. Abbiamo un’Italia con fasce climatiche diverse, è meglio lasciare alle Regioni decidere sul calendario scolastico. E poi cosa succederà con il turismo? Le famiglie vivono con la speranza di poter passare qualche settimana di semi normalità. Mi offende sentir parlare di tempo perso perché i docenti hanno lavorato”.
Ma non ci sono solo i sindacati degli insegnanti a storcere il naso. L’altro aspetto finora sottovalutato è quello del turismo. Se i ragazzi non terminano le scuole, le famiglie non possono partire a giugno. Il coordinatore di Federalberghi spiagge venete si è fatto sentire. Al Corriere del Veneto ha detto: “Sono sbigottito. Sentiamo i politici sbandierare la grande crisi che sta vivendo il settore turistico e poi si propone una misura che sarebbe l’ennesima mazzata. Prolungare l’anno scolastico significherebbe far partire la stagione a metà luglio con perdite economiche incalcolabili”.
Chi non ha interessi in campo perché non è un insegnante, uno studente, un albergatore o un sindacato sono i pedagogisti e i sociologi che hanno pareri diversi. Paolo Crepet al fatto.it spiega: “Sacrosante parole quelle di Draghi. Allungare le lezioni a giugno è una scelta di buon senso. È chiaro che vista la stagione le scuole faranno più attività esterne. Non penso al problema del recupero degli apprendimenti ma a quello delle relazioni. Il vero problema è che questi ragazzi riescano a ritrovarsi, a incontrarsi”.
Per lo psichiatra milanese serve un cambio di direzione della didattica. Le lezioni estive non potranno essere uguali a quelle fatte finora: “La scuola si dovrà reinventare. Il sindacato dovrebbe rappresentare anche i ragazzi. La scuola non è solo degli insegnanti e dai presidi. Di fronte alla pandemia non ci può essere egoismo”.
Diverso il punto di vista del pedagogista Daniele Novara: “La ripresa di un’attenzione verso la scuola è un segnale positivo ma va indirizzata in maniera adeguata. Non è in gioco la quantità della scuola ma la qualità”.
D’accordo con lui il collega Raffaele Mantegazza, che ha scritto una lettera aperta al futuro ministro dell’Istruzione chiedendogli di ascoltare i ragazzi: “Mi ha preoccupato l’idea che si debba ‘recuperare il tempo perso’; questo penso sia un errore che lei non dovrà commettere: non si è perso tempo ma si è lavorato, i ragazzi si sono fortemente impegnati per rimanere studenti, per non perdere la loro identità di persone che tutti i giorni affrontano la cultura, la scienza e ciò che lo scibile umano ha prodotto in questi millenni”.
Nessuno, invece, ha sentito i protagonisti di questa novità: gli studenti. In questi giorni nelle classi non si parla d’altro che della possibilità di dover venire a scuola fino a fine giugno. E per la prima volta il nome di Draghi è stato pronunciato persino nelle aule della scuola primaria dove qualche bambino ha detto: “Se dobbiamo venire a scuola d’estate vorremmo svolgere più attività sportive; vivere di più all’aperto; recuperare le uscite scolastiche non fatte; evitare lezioni seduti in classe perché farebbe troppo caldo”.