L'ex sindaco, presidente della regione e ministro del Lavoro annuncia via social la sua candidatura. L'ipotesi era nell'aria da tempo, Bassolino auspica l'unione delle "forze migliori" della città per superare una fase di crisi senza precedenti. Dopo le cariche, la stagione dei processi che l'ex sindaco ha sempre vinto
L’annuncio arriva con un post in tarda mattinata: Antonio Bassolino si candida a sindaco di Napoli. “Fare il Sindaco è stata l’esperienza più importante della mia vita e sento il dovere di mettermi al servizio della città: con la passione di sempre e con la testa rivolta in avanti. Napoli prima di tutto, prima di ogni interesse di parte”, scrive l’ex primo cittadino ed ex governatore della Campania. “Siamo dentro una crisi senza precedenti. Si apre una fase nuova per il Paese e a Napoli serve una svolta, in primo luogo sul piano economico-sociale e civile. È difficile ma è possibile, con l’impegno di tutti: quando vogliamo e si crea il giusto clima di collaborazione sappiamo fare come e meglio di altri”. “È dunque fondamentale – conclude Bassolino – chiamare a raccolta le forze migliori e valorizzare le energie giovani: è nelle loro mani il nostro futuro”.
Sindaco dal 1993 al 2000 – La notizia non è una sorpresa, e non sorprende che arrivi attraverso i social, che Bassolino utilizza da anni con la sapienza di un comunicatore nato. L’ex sindaco partecipa dal tempo al dibattito cittadino, attraverso i suoi interventi e attraverso la presidenza della Fondazione Sudd. Una ‘presenza politica’ che si è intensificata a partire da novembre, dopo la diciannovesima sentenza di assoluzione nei processi in cui è stato imputato per vicende risalenti a quando era presidente della Campania. Bassolino è stato sindaco di Napoli dal 1993 al 2000. Gli anni del ‘Rinascimento napoletano’, di Napoli che riconquista il centro della produzione artistica, che si riscatta dalle ombre di Tangentopoli che ha flagellato i discussi esponenti locali della Dc e del pentapartito, Alfredo Vito, Francesco De Lorenzo, Giulio Di Donato, Paolo Cirino Pomicino, Antonio Gava.
Al posto loro e dei loro uomini, Bassolino forma giunte con nomi di altissimo profilo – Renato Nicolini, Amato Lamberti, solo per ricordarne un paio – e scelte coraggiose e contro corrente, come quella di chiudere alle auto piazza del Plebiscito, che diventa epicentro di concerti, mostre, iniziative. Provvedimento che resiste da quasi trent’anni, totem intorno al quale si è ricostruita l’identità culturale di Napoli. La popolarità di Bassolino raggiunge picchi altissimi. Il regista Mario Martone gli dedica un personaggio di un cortometraggio, interpretato da Toni Servillo: un sindaco in fascia tricolore che percorre a fatica a piedi il Vesuvio. “La salita”, il titolo. “Era il 1997, il sindaco di Napoli stava per essere eletto a un secondo mandato con un sensazionale 72% e al Festival di Venezia arrivava I Vesuviani, film collettivo e manifesto del Rinascimento napoletano, quella breve stagione in cui la città provò a farsi capitale mondiale della cultura e Bassolino si era auto-nominato suo Cosimo de’ Medici” scrive Ferdinando Cotugno su Rivista Studio. Una sintesi perfetta di anni durante i quali il centrosinistra pensa a Bassolino per sostituire il defenestrato Romano Prodi alla guida dell’Ulivo e del Paese. Non accadrà. Massimo D’Alema prende il posto di Prodi e ‘disinnesca’ la crescita di Bassolino. Come? Lusingandolo con la nomina di ministro del Lavoro. Il doppio incarico di sindaco e ministro non sarà precisamente un successone.
Alla guida della Regione – Peggio gli andrà l’esperienza da presidente della Regione Campania, dieci anni dal 2000 in poi. Bassolino si dimette da sindaco un anno prima della scadenza del mandato – lasciando al fido Riccardo Marone da facente funzioni la guida di Napoli – e stravince due volte le elezioni contro la destra di Antonio Rastrelli e Italo Bocchino. Sono gli anni della feroce lottizzazione politica della giunta regionale – dove convivevano l’Udeur di Mastella, i Verdi di Pecoraro Scanio e la Margherita di De Mita – necessaria per preservare i sottili equilibri del governo Prodi/2 a Roma, e della tragica emergenza rifiuti, quando Napoli piomba in semi-lockdown non per un virus, ma per il puzzo nauseabondo della spazzatura abbandonata e bruciata per le strade.
Rapida l’ascesa, rapidissima la caduta. Nel 2008 Veltroni impedisce a Bassolino di salire sul palco del suo comizio da candidato premier. Nel 2010 il Pd gli impone di non ricandidarsi preferendogli Vincenzo De Luca. Bassolino torna ai suoi affetti e ai processi. Li vincerà tutti. Nel 2016 si candida alle primarie dem, vinte di un soffio da Valeria Valente tra le polemiche dei presunti brogli e delle monetine regalate ai seggi. Cinque anni dopo ci riprova. Il Pd di Napoli gli ha già riferito di essere contrario. Il segretario dem Marco Sarracino ha detto: “Bassolino è mal consigliato” (e lui ha reagito dicendo che ‘anche la scostumatezza dovrebbe avere un limite’). Sarracino lavora a un’alleanza col M5s, che per ora ha individuato come mere ipotesi quelle di Enzo Amendola e Gaetano Manfredi, ministri di Conte non riconfermati da Draghi.
Più chiara appare la situazione nel centrodestra, dove galoppa veloce il nome del pm anticamorra Catello Maresca, sul quale si registrano gli endorsement di Matteo Salvini, una sostanziale adesione di Silvio Berlusconi e dei vertici locali di Forza Italia, una diffusa e trasversale stima di pezzi importanti dell’imprenditoria e della società civile. Sia Bassolino che Maresca recentemente si sono dichiarati contrari a uno slittamento delle amministrative a settembre. Forse perché già pronti, e da tempo, a scendere in campo.