Secondo il Wall Street Journal la Cina si sarebbe rifiutata di fornire al team dell'Oms alcuni dati che avrebbero potuto essere utili per chiarire l'origine del virus. Tra le ipotesi rimane in piedi anche quella di una fuoriuscita del patogeno dal laboratorio di virologia di Wuhan. Gli Stati Uniti chiedono alla Cina più informazioni e maggiore trasparenza
Washington vuole più informazioni da Pechino e nutre “preoccupazioni” per le indagini dell’Oms in Cina sull’origine del coronavirus. La posizione è stata espressa questo pomeriggio dalla Casa Bianca che già nei giorni scorsi aveva espresso le sue perplessità sulle dichiarazioni degli inviati dell’Organizzazione mondiale della sanità a Wuhan, la città cinese dove la pandemia è esplosa nel dicembre 2019 e sede dell’Istituto di virologia. Lo scorso 4 febbraio gli esperti dell’Oms avevano descritto come “estremamente improbabile” e “scenario da film” l’ipotesi che il virus fosse “fuoriuscito” dal laboratorio. L’Organizzazione ha però corretto il tiro tre giorni fa specificando che “tutte le ipotesi rimangono aperte e saranno oggetto di ulteriori analisi”. Il direttore generale dell’Organizzazione Tedros Adhanom Ghebreyesus ha però anche affermato che il raggiungimento di conclusioni più attendibili potrebbe andare “oltre il mandato e l’ambito” della missione condotta Wuhan. L’Oms avrebbe comunque chiesto ulteriori informazioni a Pechino.
Uno dei membri della squadra Oms che ha condotto le indagini a Wuhan, il microbiologo Dominic Dwyer, ha affermato oggi in un’intervista che la Cina si sarebbe rifiutata di consegnare alcuni dati chiave sulle origini del Covid-19. Il team ha richiesto i dati grezzi dei pazienti dai primi casi, in quella che ha definito essere una “pratica standard” ma agli esperti sarebbe stato dato solo un riassunto. La denuncia dell’omissione era stata anticipata dal Wall Street Journal. In particolare le autorità cinesi si sarebbero rifiutate di fornire agli ispettori dati che riguardano 174 di casi registrati nella fase iniziale della pandemia. Funzionari e scienziati cinesi, spiega il quotidiano statunitense, hanno illustrato ampi resoconti e analisi. Hanno anche fornito dati aggregati e analisi sulle ricerche condotte su cartelle cliniche nei mesi precedenti l’identificazione dell’epidemia, affermando di non aver trovato prove della presenza del virus. Al team dell’OMS non è pero stato consentito di esaminare i dati alla base di queste elaborazioni, come invece hanno fatto gli altri paesi.
L’Oms vuole più dati da Pechino, in particolare su possibili casi di Covid-19 prima di dicembre 2019 ha affermato Peter Ben Embarek, il capo della missione di esperti dell’Oms che nei giorni scorsi ha svolto un’indagine a Wuhan per capire l’origine del coronavirus, ha espresso la sua frustrazione per la mancanza di accesso ai dati grezzi. “Vogliamo più dati. Abbiamo chiesto più dati”.
La disputa sulle origini del virus ha anche una valenza diplomatica e geopolitica che trascende quella esclusivamente scientifica. Non è un mistero che i primi contatti tra il nuovo presidente Joe Biden e Pechino non siano stati particolarmente cortesi e rasserenanti. Il braccio di ferro tra le due potenze continua anche nel dopo-Trump. Naturale che Washington spinga anche su questo tasto. Tuttavia sono molti gli osservatori occidentali che in passato hanno giudicato le posizioni dell’Oms come troppo appiattite sulle versioni ufficiali della Cina, al punto che l’ex presidente Donald Trump ha ritirato gli Stati Uniti dall’Organizzazione. Il direttore Ghebreyesus, è stato ministro della sanità e ministro degli esteri dell’Etiopia. Il paese africano ha uno stretto legame con la Cina che è il primo partner commerciale di Addis Abeba e grande investitore in progetti infrastrutturali.