I dem sono gli unici a non aver affidato un dicastero a una donna, insieme a LeU che, però, ha solo il riconfermato Speranza alla Salute. Secondo Orfini è stato "violato uno dei valori fondanti del partito", mentre per Laura Boldrini si deve "scardinare l’assetto delle correnti che schiaccia il protagonismo femminile e impedisce il rinnovamento"
C’è chi parla di gestione “machista”, chi di “fatto grave” e chi, addirittura, arriva a dire che “Berlusconi ha fatto meglio di Zingaretti”. È polemica all’interno del Partito Democratico dopo la decisione di non affidare nemmeno uno dei tre ministeri del nuovo governo Draghi a una donna, unico caso tra tutti i partiti coinvolti nella coalizione, escluso LeU che, però, ha ottenuto un solo ministero, quello del riconfermato Roberto Speranza alla Salute.
“Il nostro statuto prevede metà delle cariche per le donne. Se ci fossimo comportati come Forza Italia oggi parleremmo di un nuovo governo con dieci donne ministre e tredici ministri uomini, quindi un governo perfettamente in linea con la rappresentanza di genere a livello europeo”, ha detto Lia Quartapelle in un’intervista a Radio Popolare. E quando le viene chiesto se, quindi, su questo specifico aspetto Berlusconi si sia comportato meglio del segretario Nicola Zingaretti, risponde senza indugi: “Sì. E rilevo anche che Draghi ha scelto le ministre tecniche per ruoli importanti, ministeri con portafoglio. Si potevano prendere spunti sia dalla parte tecnica che quella politica e purtroppo il Pd non lo ha fatto. Da noi più che le regole dello statuto, più che i valori prevale una logica di correnti, questo è molto deludente. Per me questo è un punto brutto e deludente per il mio partito”.
Anche Laura Boldrini è convinta che questa situazione sia conseguenza della ricerca di equilibri interni al Pd: “Non aver garantito nella composizione del Governo una pari rappresentanza tra uomini e donne è un fatto grave. Ancor più grave perché determinato dalle scelte del Pd. Tre ministri dem, nessuna ministra. Lo dico chiaramente, il Pd deve scardinare l’assetto delle correnti che schiaccia il protagonismo femminile e impedisce il rinnovamento”, ha scritto su Facebook.
L’ex ministra per la Pubblica amministrazione, Marianna Madia, parla di “gestione machista” della leadership all’interno del partito: “La questione delle donne nel Partito Democratico è un problema di leadership non di ‘riconoscimento’ di specifiche competenze. Se la risposta sarà la spartizione tra correnti di qualche posto da sottosegretario resteremo al punto di partenza. Forse peggio. Io credo che il nostro partito debba affrontare una questione più generale che riguarda il suo profilo progressista, il modello di società e il progetto politico cominciando, per esempio, a non dare per scontato lo schema proporzionale come invece pare ora inspiegabilmente dato per assunto”.
Ma le proteste non arrivano solo dalla rappresentanza femminile in Parlamento o all’interno del partito. Anche Matteo Orfini è stato tra i primi a ricordare che “il rispetto della parità di genere è un valore fondativo del Pd, non a caso scritto a chiare lettere nel suo statuto. Che venga negato in modo così brutale non è un problema delle donne del Pd. È un problema del Pd. E anche piuttosto grande”, ha scritto su Facebook. Gli ha fatto eco il sindaco di Bari e presidente dell’Anci, Antonio Decaro: “Rispetto alla squadra (del nuovo Governo, ndr) devo esprimere un grande rammarico. Nemmeno una donna tra i ministri indicati dal mio partito. Forse le donne del Pd dovranno organizzarsi in una corrente se vorranno contare qualcosa nel partito”.
Dura la lettura di Debora Serracchiani, secondo cui “non ci sono più scuse. Al Governo Draghi e in particolare al premier è affidato il compito di risollevare il Paese da una crisi unica nella storia. Non deve piacere, deve lavorare, bene e presto. Ma non ci sono più scuse nemmeno per le donne dem, che hanno da imparare una dura lezione, nessuno spazio ci sarà dato per gentile concessione“, ha scritto su Facebook.
Parla invece di “ferita interna al Partito Democratico” Alessandra Moretti, secondo cui il partito si è dimostrato “incapace di esprimere una donna tra le figure adatte ad assumersi la responsabilità di un ministero. Un partito ampiamente superato sulla parità di genere da Movimento 5 Stelle, Italia Viva, Forza Italia e Lega. Nonostante le competenze, le professionalità e il consenso delle donne del Pd, la questione di genere è ancora irrisolta. Credo sia irrinunciabile affrontare questo problema di democrazia e di rappresentanza e di farne uno dei fulcri del prossimo congresso, è arrivato il momento di lavorare a una leadership femminile del Pd”.