Presentando il nuovo governo al Paese, Mario Draghi ha già deluso, almeno in parte, quanti, in questa dura emergenza, speravano di essere governati – se non dai “migliori” – da un Esecutivo di alto profilo. La battuta più benevola che circola sui social oggi è: “Se questo è un governo di alto profilo, com’è uno di basso profilo?”. E giù irridendo i nuovi ministri: Carfagna, Gelmini, Giorgetti, Di Maio… Sinceramente, io vedo il bicchiere anche mezzo pieno. Per esempio, il nuovo ministro dell’Economia Daniele Franco – neoliberista ma non propriamente un economista duro e puro – ha un’eccellente competenza sui conti pubblici e i meccanismi di spesa, una conoscenza profonda delle istituzioni, uno stile pacato che favorisce il compromesso: è più o meno quello che serve nella situazione odierna. Idem Colao e Cingolani.

Ma la parte mezza vuota del bicchiere colpisce. La folta presenza al governo di navigati politici sembra quasi una mancanza di rispetto nei confronti del Presidente della Repubblica. Il quale aveva dato mandato a formare “un governo di alto profilo”, non meno, ma che poi si è dovuto piegare alla volontà del Presidente incaricato: dopo aver umiliato i partiti con l’incarico a Draghi, Mattarella non poteva andare oltre. Noi oggi non sappiamo quanto forti siano state le pressioni dei partiti per “abbassare” il profilo del governo. Draghi avrebbe dovuto resistere, a costo di varare un governo politicamente debole? O di andare verso le elezioni: lasciando a ciascuno le sue responsabilità? Non potremo mai esserne certi: la controprova non c’è.

Una cosa però possiamo sicuramente imputare a Draghi. Qualcosa che è sfuggito ai più: imbottiti come siamo di retorica nazional-popolare da una stampa “libera” solo a parole; che difende “a prescindere” la propria parte politica; così provinciale da non guardare mai oltre l’Europa (e gli Usa)… Non so quanti lettori accendano la Tv alle 4 del mattino per vedere, in diretta da Auckland, le splendide regate di Luna Rossa; o guardino i video in differita sul sito dell’America’s Cup. Se lo facessero, vedrebbero apparire sugli schermi un altro mondo, del quale la nostra stampa non parla, mai. Un mondo Covid-free, dove tutti, senza mascherine, ridono e scherzano, si abbracciano e lavorano serenamente. Questa prospettiva ieri ci è stata tolta per molto tempo ancora.

Sento parlare di prescrizione, parità di genere, Nord, Sud, ambiente: tutte cose importanti! Ma c’è una gerarchia dei problemi e delle urgenze. Mattarella l’aveva ben indicata a Draghi. Secondo il Recovery Fund. Primo la crisi sanitaria. Perché l’economia dipende dalla pandemia ma non viceversa. Draghi è troppo intelligente per non capirlo, ma la cattiva notizia è che si ferma qui. Come molti altri – scopriamo – pensa di risolvere tutto con un approccio manageriale: una efficiente campagna vaccinale! Ma le cose sono un po’ più complicate. Meglio di me, noti epidemiologi internazionali hanno già spiegato perché i vaccini, pur essendo parte importante della soluzione, da soli non risolveranno la pandemia: tantomeno nei tempi brevi richiesti dalla nostra economia.

Potevamo avere un Crisanti (Pregliasco, De Vogli…) ministro della Sanità, e varare anche da noi le politiche di prevenzione epidemiologica (test, trace, isolate, support) che hanno fatto in Viet-Nam, Australia, Norvegia, Giappone… insomma in quel quarto di mondo che è stato liberato dal Covid. Se c’era una figura determinante per il nostro bene comune, su cui Draghi doveva impuntarsi, questi è il ministro della Salute. Confermare il ministro uscente significa che non ci sarà un cambio di passo sulla questione all’origine di tutti (o quasi) i nostri guai presenti. Lo si evince anche dal nuovo inadeguato Piano pandemico pubblicato a fine gennaio. Questo perseverare nell’errore costerà all’Italia almeno altri 4-5 punti di Pil da qui alla fine del 2022, 8 punti percentuali di debito pubblico (sul PIL), e tanta sofferenza. Né ci rassicura Giorgia Meloni, che denuncia il nuovo governo con toni indignati, ma in caso di vittoria elettorale farebbe esattamente lo stesso o peggio.

La questione interessante è semmai un’altra: come organizzare un sistema di governance resiliente di fronte alla possibilità di questi errori, a volte catastrofici, dei singoli: anche dei “migliori” in condizioni difficili. Una risposta giusta a tale quesito potrebbe finalmente sottrarre l’Italia al suo lungo declino. Ma oggi non vi dico la mia: dite la vostra nei commenti.

Lo so. Una parte di lettori, non avendo approfondito l’epidemiologia del Covid-19, incantati dai tanti pifferai che calcano i nostri palcoscenici, non credono alla scienza, né che “un altro mondo è possibile”; e non capiscono di cosa parlo. Innamorati di Conte, Speranza, Salvini, diranno… “Non è vero che i dati italiani [chiusura scuole + variazione Pil + morti per Covid pro capite] sono [tra] i peggiori al mondo”. “Non si può fare meglio”. “Non dobbiamo confrontarci con i Paesi virtuosi, ma con quelli epidemiologicamente mal gestiti [europei non scandinavi]”. “In Italia ci sono più anziani” [e in Giappone?]. “Australia, Nuova Zelanda, Taiwan sono isole!” [il Regno Unito no?]… Volete Speranza? Tenetevelo, ve lo meritate. Ma non dite che ce lo meritiamo tutti. C’è un’altra Italia, aperta al mondo, che sperava di essere rappresentata dal nuovo governo, e che ancora una volta, forse, non lo sarà.

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