Mario Draghi inizierà il suo percorso in Parlamento verso la fiducia mercoledì 17 alle 10, quando terrà il suo discorso programmatico nell’aula del Senato. Novanta minuti dopo consegnerà il testo alla Camera, quindi tornerà a Palazzo Madama per ricevere il primo largo Sì al nuovo governo che verrà bissato giovedì a Montecitorio. Incassato il via libera delle due aule, l’esecutivo guidato dall’ex presidente della Banca centrale europea sarà pienamente all’opera sui temi che il premier metterà sul tavolo e che ruoteranno principalmente attorno a pandemia, vaccini, scuola e Recovery Plan e scuola. Temi che richiedono risposte rapide, anche alla luce degli allarmi lanciati dall’Istituto Superiore di Sanità riguardo alla circolazione della variante inglese, destinata a diventare il ceppo prevalente nel giro di 5-6 settimane.
Draghi incasserà una fiducia larga, tra le più larghe della storia repubblicana. I No al nuovo governo difficilmente supereranno quota 50 alla Camera e quota 30 al Senato. Giorgia Meloni ha annunciato che la sua proposta al gruppo di Fratelli d’Italia sarà quello di esprimere un parere negativo, andando oltre la non-fiducia. “Fratelli d’Italia ha chiarito, fin dall’inizio, che non avrebbe votato la fiducia al governo Draghi. Allo stesso tempo, ci siamo riservati di vedere in particolare come fosse composto il “Governo dei migliori” per scegliere tra voto di astensione e voto contrario”, ricorda la leader di Fdi. “Per questo abbiamo convocato per domani la direzione nazionale di Fratelli d’Italia. Ecco, annuncio che nella mia relazione proporrò che Fratelli d’Italia voti contro la fiducia al nuovo esecutivo”, annuncia specificando che “continueremo ovviamente a valutare i singoli provvedimenti, e li voteremo se saranno buoni”.
Dando per scontato che la sua relazione otterrà il via libera, i voti contrari saranno certamente 33 alla Camera e 19 al Senato. A questi potrebbero aggiungersi i ‘No’ dei delusi del Movimento Cinque Stelle, che da due giorni minacciano di esprimersi in maniera diversa dalla linea decisa dagli iscritti attraverso il voto sulla piattaforma Rousseau. Tra questi c’è il senatore Emanuele Dessì, tornato a ribadire il suo no dopo aver “insistito per un appoggio esterno”, dice al Corriere della Sera. “Ma quando Draghi ha letto la lista dei ministri – spiega – sono crollate tutte le speranze di proseguire il nostro percorso politico. Avrei voluto scelte più condivise”. In quanti si schiereranno su posizioni simili? A Palazzo Madama ci sarà Mattia Crucioli, alla Camera invece Pino Cabras. Lo hanno annunciato a Radio Popolare, dando voce al dissenso interno al gruppo pentastellato che però potrebbe esaurirsi a un altro manipolo di deputati e senatori.
Mentre Stefano Fassina ha annunciato il voto favorevole “ma no a cambiali in bianco”, restano indecisa la posizione di Sinistra Italiana, che alla Camera è nel gruppo Liberi e Uguali e al Senato nel Misto. Nicola Fratoianni ed Erasmo Palazzotto a Montecitorio e Loredana De Petris al Senato non hanno ancora trovato una posizione unitaria. Ad aprire la discussione è stato Fratoianni, segretario di Si, che si è rimesso all’assemblea del partito proponendo il no perché “ci aspettavamo di meglio di un ‘governo dei migliori’ con così tanta destra, con la sinistra stretta ai margini seppur rappresentata da persone che stimiamo”. Fratoianni chiarisce che quella di proporre all’assemblea di non votare la fiducia al governo Draghi è “una scelta nel merito, non pregiudiziale, che guarda al dopo Draghi” perché “il fronte progressista deve imparare in Italia a dialogare tra diversi, dandosi l’opportunità di ricostruire un progetto politico che riprenda il cammino interrotto”.