La prima cosa che ho pensato, leggendo di Rocco Casalino e della sua affermazione “Se ci fosse una pillola per diventare etero, la prenderei”, è stata: no dai, è una cretinata pazzesca, non ha davvero senso spenderci anche solo un pensiero. Poi, però, ho ri-pensato. Quel messaggio – mi si permetta: un messaggio violento – avrebbe potuto raggiungere la vita di molte persone. Di adolescenti, magari, che in questo momento si interrogano su chi sono e su come affrontare il mondo là fuori. Di famiglie, di genitori che hanno capito di avere figli Lgbt+ e sono attraversati da dubbi e paure. E mi sono chiesto quanto possano aver ferito, quelle parole.
Per questa ragione credo che la frase incriminata sia violenta. Non volutamente, ma tale. Perché, per quanto possa essere una considerazione personale, ferisce. È una forma indiretta di colpevolizzazione della vittima. Rocco Casalino ha provato a spiegare il perché di questa affermazione: crede di non aver trovato l’amore a causa del suo orientamento sessuale. Non voglio entrare nel privato dell’ex portavoce di Giuseppe Conte, sebbene quel privato sia stato messo su un libro e dato in pasto al pubblico. Mi interrogo invece sulle ragioni che possono portare una persona a non avere una vita sentimentale soddisfacente. E possono essere molte.
Voglio partire da me, perché mi piace parlare di qualcosa che conosco già. Per molti anni ho creduto di essere incapace di amare e di avere una vita relazionale soddisfacente. A causa delle ferite che mi hanno inferto quando ero ragazzo. Ciò ha portato, in età adulta, a relazioni disfunzionali. Ci ho lavorato molto, in psicoterapia. Sì, la società mi aveva fatto molto male. Sia col suo bullismo, in età adolescenziale, sia col suo sistema omofobico e discriminatorio a più ampio spettro. E ho imparato che a essere sbagliato non ero certo io. Era quel sistema che andava rigettato, in toto. Un sistema che ti condanna per i legittimi desideri che ti attraversano e per i sentimenti che provi, è un sistema malato. Da ribaltare come un calzino.
Accanto a questioni “di sistema”, ci possono essere anche ragioni personali. Narcisismo, incapacità di vedere l’altro, inseguire chi non ti guarda per verificare quei modelli disconfermanti a cui sei abituato, divorare rapporti per dimostrare al mondo – lo stesso mondo che ti disprezza – di essere all’altezza delle aspettative sociali… tutte queste cose, e molte altre, ci possono appartenere. Possono far parte del nostro vissuto sentimentale. E possono essere reazioni e conseguenze all’ambiente in cui sei cresciuto. Non siamo isole, ma specchi di tutto ciò che ci circonda. E ciò vale per chiunque, eterosessuali o persone Lgbt+.
Forse Rocco Casalino dovrebbe interrogarsi su questo. La sua infelicità sentimentale è dovuta a questioni di sistema o a problemi personali? Perché in entrambi i casi, oltre a chiedere un supporto specialistico qualora ne sentisse l’esigenza, non è colpa del suo orientamento sessuale. Così come non è colpa dell’eterosessualità se un uomo e una donna divorziano. E così come non esistono pillole che trasformano i neri in bianchi – perché non è essere di pelle scura il problema, ma la reazione che la società bianca ha nei confronti di chi ha un colore diverso – allo stesso modo non esistono farmaci siffatti. Anche perché non può e non deve essere trattata come patologia una condizione naturale: provare attrazione, desiderio e amore per una persona del proprio sesso.
Io so che se dovessi rinascere e se potessi essere messo nelle condizioni di poter scegliere, sceglierei di essere ancora una volta gay. Perché la mia condizione personale, riconosciuta e garantita per altro dall’articolo 3 della nostra Costituzione in quanto tale, mi ha portato moltissime conferme. So che la mia famiglia mi ama non nonostante, ma proprio per ciò che sono. Essere gay mi ha portato a conoscere amici e amiche che fanno parte della mia vita e che, altrimenti, non avrebbero incrociato il mio destino. E che la rendono ricca di amore, di affetto, di conferme continue. Essere gay mi ha insegnato il coraggio di essere pienamente me stesso. Mi ha reso felice, ben più di una volta. E mi ha anche fatto innamorare. E per tutto questo, io non chiedo scusa a nessuno. Non c’è niente di sbagliato, in tutto questo, semplicemente perché è accaduto e continua ad accadere.
Essere un uomo anche gay mi ha fatto vivere e crescere in un certo modo. La sofferenza che ho attraversato non risiede nella mia identità, ma nella reazione della società di fronte a ciò che sono. Se c’è un errore, sta nella violenza a cui sono stato esposto. E torniamo a quel sistema che va cambiato, profondamente.