Roberto Speranza firma lo stop alla riapertura degli impianti sci, prevista per lunedì 15 nelle aree in zona gialla, e nel governo di unità nazionale è subito rissa. Contro la decisione del ministro della Salute, diretta conseguenza del parere del Comitato tecnico scientifico e dell’allarme dell’Istituto superiore di sanità sulla variante inglese, si scagliano i ministri Giancarlo Giorgetti e Massimo Garavaglia e tutta la Lega. Con l’assessore al Turismo della Regione Lombardia, l’ex sciatrice Lara Magoni, che arriva a parlare del nuovo governo in cui siede il suo partito come di un “rimpasto degli incapaci”. Critiche arrivano anche da Italia Viva che come il Carroccio chiede un “cambio di passo”, dai governatori di centrodestra di Lombardia, Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Veneto e della Valle d’Aosta nonché dal coordinatore della commissione Turismo della Conferenza delle Regioni. Mentre gli operatori di settore e la Federsci parlano di “follia” e “mancanza di rispetto”.
La via obbligata del ministro: “E ci saranno ristori” – La decisione di Speranza arriva a poche ore dalla riapertura, con le piste già tirate a lucido, ed è valida fino al 5 marzo. Una via obbligata per un ministro dimissionario fino a venerdì sera e che ha firmato il provvedimento sulla base di un parere del Comitato tecnico scientifico del 12 febbraio, frutto del report dell’Istituto superiore di Sanità sulla diffusione della variante inglese, alla quale è attribuibile il 17,8% del totale dei contagi. Il ceppo, aveva sottolineato il numero uno dell’Iss Silvio Brusaferro, è destinato a diventare predominante nel giro di “5-6 settimane”. Il Cts aveva dato un primo via libera, sulla base di uno stringente protocollo concordato con le Regioni, il 3 febbraio e quindi in montagna era iniziato il conto alla rovescia, interrotto a un passo dalla fine per gli allarmi sulle mutazioni di Sars-Cov-2: “La preoccupazione per la diffusione di questa e di altre varianti ha portato all’adozione di misure analoghe in Francia e in Germania”, sottolinea Speranza giustificando scientificamente la sua scelta e garantendo anche l’impegno del governo a “compensare al più presto gli operatori del settore con adeguati ristori”.
La Lega e Italia Viva subito contro: “Cambio di passo” – Non è bastato a evitare lo sciame di polemiche e proteste. Sul punto dei ristori battono subito i ministri leghisti Giancarlo Giorgetti e Massimo Garavaglia: “La montagna merita rispetto e attenzione”, dicono. “Non è detto nemmeno – aggiungono – che bastino i 4,5 miliardi richiesti quando la stagione non era ancora compromessa”. Si tratta, a loro avviso, “prima di tutto una questione di rispetto per un sistema delicato che tanto contribuisce al benessere del Paese”. Gli indennizzi, concludono, “devono avere la priorità assoluta, quando si reca un danno, il danno va indennizzato; già subito nel prossimo decreto”. L’attacco leghista, con Matteo Salvini che aveva già criticato l’ipotesi dello stop, è assai più esplicito nelle parole dei capigruppo Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari: “Non si può continuare con il ‘metodo Conte’, annuncio la domenica e chiusura il lunedì, ad opera del trio Ricciardi-Arcuri-Speranza”. Quindi la richiesta: “Serve un cambio di passo e rispetto per la gente di montagna e per chi lavora, oltre a rimborsi veri e immediati: aldilà di Speranza, appena riconfermato ministro, è necessario un cambio di squadra a livello tecnico”. Di “duro colpo” parlano deputati di Italia Viva Mauro Del Barba e Silvia Fregolent, che si dicono “certi” che il governo ‘spinto’ dal loro leader Matteo Renzi “saprà mostrare il cambio di passo rispetto al passato, ridando certezze a chi investe e crede nel turismo e nello sport montani”. Mentre Ettore Rosato definisce la decisione “una coda della caotica gestione del governo precedente e che lo stile da domani sarà molto diverso”. Discontinuità viene chiesto anche da Forza Italia, con Anna Maria Bernini: “Abbiamo chiesto al premier discontinuità e ci aspettiamo che le decisioni siano condivise. Speranza deve cambiare rotta”, dice la capogruppo al Senato a Stasera Italia.
Le Regioni: “Stupore e sconcerto” – La decisione di Speranza ha provocato l’immediata reazione anche delle Regioni. Critico il governatore della Valle d’Aosta Erik Lavevaz (“Non c’è rispetto”), mentre il piemontese Alberto Cirio si dice “allibito” perché le regole “non possono cambiare tutte le settimane”. Di “una decisione dell’ultimo secondo” che dà “un ulteriore colpo gravissimo” parla Attilio Fontana e Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia-Romagna e della Conferenza delle Regioni, si dice “stupito” e “sconcertato” parlando a nome anche “delle altre Regioni”. Più morbido Luca Zaia: “Pur considerando che la salute dei cittadini viene prima di tutto, è innegabile che questo provvedimento in zona Cesarini mette in crisi tutti gli impiantisti”. Il friulano Massimiliano Fedriga chiede di “cambiare sistema” perché “questo è un risultato fallimentare vista la decisione dell’ultimo momento”. Mentre il coordinatore della Commissione speciale Turismo ed Industria alberghiera della Conferenza delle Regioni, Daniele D’Amario, assessore al Turismo nella giunta di centrodestra dell’Abruzzo, dice: “È una mazzata all’ultimo secondo, perché dopo due rinvii arriva un altro stop. Le Regioni in zona gialla si erano organizzate per attuare un protocollo di sicurezza e ingaggiare personale adeguato, ma si rispegne una macchina che si era messa in moto nel rispetto delle regole”.
Gli operatori del settore: “Una follia, senza parole” – Critici anche gli operatori di settore, che già avevano espresso forte preoccupazione per il verbale del Comitato scientifico. L’Associazione piemontese delle imprese delle funivie parlano di “follia” che “lascia senza parole” a poche ore dall’inizio di un periodo con “migliaia di prenotazioni” negli alberghi e per gli skipass che avrebbero permesso l’accesso alle piste, chiuse ormai da un anno. Sulla stessa lunghezza d’onda l’Anef, l’Associazione Nazionale Esercenti Funiviari: “Dopo il 3 dicembre, il 7 gennaio, il 18 gennaio e il 15 febbraio, adesso la proroga al 5 marzo. Ormai la stagione è saltata, ci sentiamo presi in giro di fronte a tutto quello che abbiamo speso per l’apertura di domani, in vista della quale abbiamo assunto altro personale – dicono i vertici – I ristori siano immediati, altrimenti il comparto va in fallimento. Siamo il settore più penalizzato: da 12 mesi senza un euro di incasso ma con spese e stipendi da pagare. La cassa integrazione è arrivata a dicembre, da luglio lavoravamo per preparare l’inverno”. I maestri di sci si dicono invece “abbandonati e umiliati” da una comunicazione tardiva, che “non ha rispetto per il lavoro di tante persone che in questi giorni si sono adoperati per una riapertura in sicurezza, investendo denaro e sacrifici”. Uno “schiaffo umiliante”, sottolinea il presidente Beppe Cuc.