La giunta militare reprime le proteste con lacrimogeni e proiettili di gomma e ha diramato mandato di arresto contro i capi delle proteste. Le ambasciate di Stati Uniti, Gran Bretagna e Unione europea invocano la pace e denunciano l'interruzione dell'elettricità e delle comunicazioni da parte del regime
Non accennano a fermarsi le manifestazioni di protesta in Birmania contro il colpo di Stato militare che il 1 febbraio ha portato all’arresto della leader democraticamente eletta Aung San Suu Kyi, del presidente Win Myint e di membri del governo. I manifestanti sfidano il divieto di raduni e il coprifuoco imposto dalla giunta. Le proteste, scoppiate in tutto il Paese, vengono represse dalla polizia con lacrimogeni e proiettili di gomma. Cinque giornalisti, durante una manifetazione a Mytkyina, sono stati arrestati per aver protestato contro le forze di sicurezza che avevano aperto il fuoco sui dimostranti. E anche oggi, nonostante il giro di vite, centinaia di persone sono tornate in strada per manifestare, nonostante il nuovo esecutivo dei generali abbia rafforzato la presenza di forze dell’ordine nelle principali città dello Stato.
La giunta militare del Myanmar ha ammonito la popolazione a non coprire la fuga dei leader della protesta, contro i quali sono stati emessi mandati di arresto, invitando a fornire informazioni utili alla loro cattura. Le forze di sicurezza hanno intensificato gli arresti di medici e altre persone che continuano a unirsi al movimento di disobbedienza civile che ha visto enormi folle riempire le strade della Birmania. La polizia ha diramato un mandato di cattura speciale per sette persone che hanno sostenuto apertamente le proteste, tra cui uno dei più noti attivisti pro democrazia, Min Ko Naing, manifestante veterano arrestato nel 1988 per essersi schierato contro la dittatura militare birmana dell’epoca. “Stanno arrestando le persone di notte e dobbiamo stare attenti”, ha detto in un video pubblicato sabato su Facebook prima che fosse emesso il suo mandato di cattura. “Potrebbero aumentare il livello della repressione e dovremo essere preparati”.
La preoccupazione dell’opinione pubblica aumenta non solo per le crescenti violenze, ma anche per la manipolazione, da parte dei militari, di criminali rilasciati dalle prigioni per compiere atti di violenza e instillare il panico. La scorsa settimana il governo ha infatti concesso l’amnistia a oltre 23mila detenuti. Secondo alcuni, sono stati reclutati dalle autorità per svolgere attività violente di notte nelle zone residenziali, soprattutto appiccando incendi. In alcune aree sono stati istituiti gruppi di sorveglianza di quartiere per proteggere la popolazione.
Le ambasciate di Usa, Ue e Uk in Birmania avvertono di movimenti di truppe e interruzioni di comunicazioni: “Denunciamo – si legge in una nota – l’interruzione delle comunicazioni da parte della giunta militare, così come altre restrizioni dei diritti fondamentali dei cittadini birmani”. Le ambasciate chiedono inoltre l’interruzione delle violenze contro i manifestanti e una risposta alla loro richiesta di un governo democratico. “Supportiamo i cittadini birmani nella loro richiesta di democrazia, libertà, pace e prosperità. Il mondo sta guardando”.