di Alberto Siculella
Da Rousseau a Brunetta è bastato un click. Eppure c’era chi sperava che quel “senso di responsabilità” avrebbe prodotto il buonsenso di intendere il momento politico. Una speranza vana. Era già accaduto di avere una crisi economica, sociale, puntualmente trasformatasi anche in crisi politica; risolta sempre all’insegna di quell’insano senso di responsabilità, che per alcuni è una paraculata, per altri un tentativo di sopravvivere. Per pochi un effettivo passo da compiere, sacrificando qualcosa di proprio, per il “bene comune”.
Questa volta, come le altre, è andata male. Questa volta, come l’ultima, è arrivato un Mario, meno Monti, più Draghi. Le forze politiche hanno fatto a gara per salire sul carro, addirittura chi già stava sopra a un carroccio ha pensato di metterci la bandiera dell’Europa, quella dei brutti e cattivi ma, se arriva il Recovery, dallo sbattere i pugni al battere cassa è un attimo. Lo stesso insensato senso di responsabilità, chiesto e ottenuto da gran parte del Movimento 5 Stelle che, tirando per giacchetta la base, con un quesito “fuffa”, ha chiesto di votare per il Sì a Mario Draghi, al super-mega-ministro della super-mega-transizione-ecologica. La base ha risposto, meno dell’aspettativa, e con un click su Rousseau è apparso Brunetta.
Lo stesso insensato senso di responsabilità con il quale si sperava, poco lucidamente, in un governo di “alto profilo” che avrebbe “difeso i principali risultati del Movimento 5 Stelle”. E così ecco un governo di Comunione e Liberazione, quasi beffardamente preannunciato nel consueto meeting di Rimini dallo stesso Mario Draghi. Ecco che così, in un solo colpo, vedi la tua responsabilità diventare il rilancio di Forza Italia, con Brunetta, Carfagna, Gelmini. E il super-mega-ministro alla transizione ecologica? Più vicino a Renzi che a Grillo. E che dire del Ministro dell’Economia, lo stesso che da presidente della Ragioneria generale dello Stato si è scontrato più volte con il Movimento 5 Stelle, soprattutto sul reddito di cittadinanza.
Ed è così che, per quel maledetto senso di responsabilità, non si affronta il nodo cruciale della riforma della giustizia, con buona pace dei Bonafede e del tentativo di riformare la prescrizione. Proprio lì, alla Giustizia, ci va un’altra ciellina, Marta Cartabia, la prima donna eletta presidente della Consulta, che di riforma della prescrizione non vuole neanche sentir parlare.
È con quello strano e maledetto senso di responsabilità che ci ritroviamo un governo metà tecnico, metà politico, metà di Lega e Forza Italia, metà di Pd e M5S, metà Comunione e Liberazione, metà board della Bce. Un governo senza testa né coda, che doveva essere dei migliori, ma è il governo degli stessi. Un senso di responsabilità cui qualcuno si dovrà prendere la responsabilità di trovare un senso.