L’indipendentismo catalano si consolida, ma cambia leader. Un dettaglio non da poco, perché questa volta a guidare le trattative per il nuovo governo regionale sarà Esquerra Republicana (Erc), il partito di sinistra che preferisce il dialogo al separatismo unilaterale di Junts x Catalunya. Li separa solo un seggio, 33 a 32, sufficiente per cambiare gli equilibri in gioco. La ripetizione dell’alleanza non è però scontata: Erc ha bisogno di Candidatura de Unitat Popular (Cup), gli indipendentisti anticapitalisti, per superare la soglia della maggioranza assoluta e vuole includere nell’accordo En Comú Podem, il ramo regionale di Podemos. Ai margini resta il Partito Socialista di Pedro Sánchez, vincitore delle elezioni con il 23%, che spera di veder naufragare la coalizione per tentare di costituire un esecutivo progressista.
Il crollo dell’affluenza – La mobilitazione ha premiato gli indipendentisti, nonostante i voti siano 630mila in meno rispetto al 2017. L’affluenza, infatti, è la peggiore dal 1992: solo il 52% degli aventi diritto si è presentato alle urne, con dati molto bassi specialmente a Tarragona e Barcellona, dove si concentra il voto antisecessionista. La decisione del TAR regionale di confermare il 14 febbraio come data delle elezioni ha creato non pochi problemi logistici: il 25% degli scrutatori ha rinunciato alla chiamata e il voto per posta è aumentato del 350%. La giornata elettorale è iniziata dal voto degli anziani, sotto la pioggia incessante che ha influenzato i primi dati sull’affluenza, mentre alcuni seggi hanno aperto in ritardo. Questi fattori non hanno comunque impedito di concludere il conteggio dei voti in poche ore.
Il trionfo indipendentista – Con i voti di Erc, Junts x Cat e Cup, l’indipendentismo raggiunge i 74 seggi e supera i 68 richiesti per la maggioranza assoluta. Se si considera il 2,7% ottenuto dal PDeCAT, che non entrerà in parlamento, il fronte supera il 50% richiesto da Junts come requisito minimo per attivare di nuovo la dichiarazione unilaterale di indipendenza. Ma questa volta, Erc è il primo partito della coalizione e gli obiettivi chiave come l’autodeterminazione e l’amnistia dei politici prigionieri per il referendum del 2017 passano per il tavolo di dialogo promosso dalla formazione del presidente ad interim uscente, Pere Aragonés, a Madrid. Per questa ragione, Erc vuole includere nell’alleanza anche En Comú Podem, da sempre aperta al dialogo e favorevole a concedere maggiore autonomia alla Catalogna.
La fattibilità di questa alleanza non è così scontata. En Comú Podem predilige ripetere l’esperienza di Madrid con il Psoe e rifiuta di entrare in coalizione con Junts. Anche Cup insiste per includere la formazione di Pablo Iglesias ma al contempo chiede una banca e un’agenzia farmaceutica pubbliche.
L’alleanza progressista – I socialisti catalani (Psc) non ottenevano un risultato così positivo dal 2006. La strategia di candidare il dimissionario ministro della Salute Salvador Illa ha dato i suoi frutti, ma non è comunque sufficiente per governare. A pochi istanti dalla chiusura della campagna elettorale, i partiti indipendentisti si sono impegnati per iscritto a non formare alcuna alleanza con il Psc. La possibilità per Sánchez di replicare l’esperienza di Madrid, dove Erc ha allargato la maggioranza a dicembre votando la manovra di bilancio, sembra quindi difficile, ma non impossibile. Se dovessero naufragare le trattative del partito di Aragonés con Junts e Cup, sarebbe l’unica possibilità per formare un esecutivo.
Per il Psoe si tratta comunque di un grande obiettivo centrato, non solo per il 23% raggiunto dopo così tanto tempo ma anche per i risultati degli altri partiti. La vittoria di Erc permette di dialogare con la parte meno dura dell’indipendentismo e il risultato di Podemos, che ha ottenuto otto seggi, rafforza la coalizione di governo. Il partito di Illa è riuscito a canalizzare il voto anti indipendentismo attraendo l’elettorato di Ciudadanos, la destra neoliberale, che ha sofferto una debacle storica passando da 36 seggi a sei. Ancora peggio è andata al partito leader dell’opposizione, i popolari, che entrano nel Parlament con solo tre seggi.
L’irruzione di Vox – La grande sorpresa è rappresentata dalla formazione di estrema destra, Vox, che con 11 seggi e oltre il 7% dei voti, diventa leader della destra in Catalogna. Il partito di Santiago Abascal ha intenzione di imporsi come riferimento dell’opposizione anche a Madrid, scalzando il Partito Popolare, con cui i rapporti sono peggiorati durante la legislatura.