Sono un tecnico: studio la biodiversità e il funzionamento degli ecosistemi e ho competenze comprovate da produzione scientifica. Da tecnico, dico che i tecnici dovrebbero fare i tecnici e non i politici: non sono favorevole ai governi tecnici, preferisco che la politica sia fatta da politici in grado di utilizzare le competenze di molti tecnici e di fare una sintesi dei loro pareri, in modo da prendere decisioni basate sulla migliore conoscenza disponibile.

A volte tecnici con competenze differenti possono dare consigli discordanti: il politico deve decidere quali considerare preminenti. Un tecnico assurto a ruolo politico potrebbe non essere incline ad ascoltare tecnici con convinzioni differenti dalle sue. Pensate a un Ministero della Salute affidato a Zangrillo, oppure a Burioni. Il ministro Speranza non è un medico, è laureato in Scienze Politiche. Le sue competenze in campo medico sono irrilevanti. Da Ministro della Salute si è affidato ad un Comitato Tecnico Scientifico, che comprende personalità di alta competenza in campo medico. Ma non è il Cts a definire la politica. Speranza deve ascoltare anche i portatori di interessi influenzati dalle sue decisioni, prima di tutto quelli economici, e decidere se dare più importanza alla salute o all’economia.

La seconda ondata pandemica è dovuta al rallentamento estivo della stretta che limitava i rapporti tra le persone: forte di questa esperienza, Speranza non cede alle pressioni di chi privilegia gli interessi economici, e il Cts riceve più ascolto rispetto ai portatori di interesse.

Il generalizzato disprezzo per i politici, dovuto al fallimento di molta politica, è giustificato, ma non può diventare disprezzo per la politica. La politica è assolutamente necessaria e, se paragoniamo la lotta alla pandemia ad una guerra, il politico è il generale che non scende in campo, ma guida chi è sul campo e combatte, ordinando cosa fare, come farlo e dove. E deve fare in modo che i rifornimenti e i rinforzi arrivino tempestivamente alle truppe, curando l’organizzazione del corpo di armata, cambiando rapidamente tattica per rispondere alle azioni del nemico, perseguendo una strategia.

Un buon generale, ovviamente, dovrebbe prevedere le azioni del nemico e non dovrebbe farsi guidare dagli eventi, dovrebbe guidarli. Ma questa è la teoria. In pratica sappiamo che è proprio la prontezza nel fronteggiare eventi imprevisti che fa la differenza tra un generale diligente e un generale geniale, che impara dai propri errori.

Questa lunghissima premessa di stampo medico-militare mi permette di passare all’area tecnica in cui ho qualche competenza. In questo blog ho lamentato in modo ossessivo la mancanza di temi ambientali nel Programma di Ripresa e Resilienza (il Pnrr) che risponde alle richieste della Commissione Europea che ci mette a disposizione 209 miliardi con il Recovery Plan, per rispondere alle indicazioni del New Green Deal, nell’interesse delle prossime generazioni di europei (Next Generation Eu).

Nel momento di fare il governo, ci si è resi conto all’improvviso di quel che predicavo da mesi (ovviamente non perché lo predicavo io: diciamo che finalmente avranno letto le linee guida): i soldi arrivano per realizzare la transizione ecologica e nel Pnrr non esiste traccia di attenzione per l’ambiente, identificato dalla Commissione in termini di biodiversità ed ecosistemi.

Per riparare questa lacuna, che sarebbe stata esiziale per il Pnrr, si è formato il Ministero della Transizione Ecologica e Mario Draghi ha etichettato il suo governo con l’aggettivo “ambientalista”. Non posso che essere pienamente soddisfatto della mossa che mette una toppa a un buco enorme nel Piano predisposto dal governo Conte. A comandare l’esercito della transizione ecologica è stato chiamato un generale (Roberto Cingolani) che ha dato prova di grande competenza organizzativa. Ora deve organizzare il suo esercito.

Chi ha scritto il Pnrr ha competenze di tipo economico e ingegneristico-tecnologico, ma è ovvio che manchino competenze in campo ecologico. Una lacuna non da poco per realizzare la transizione ecologica! Nei ministeri non c’è un esercito di specialisti di scienze della natura (biologi, naturalisti, geologi, ambientalisti) e non basta chiamare un esperto per coprire la lacuna. Bisogna reclutare in fretta e furia un esercito di persone competenti.

Sono un professore universitario e in decenni di carriera ho preparato centinaia di giovani che sono diventati esperti di ambiente – e come me ha fatto una miriade di colleghi. Molti dei nostri laureati sono all’estero, altri lavorano in enti pubblici di ricerca, agenzie e università, pochissimi lavorano nell’industria perché i “sistemi produttivi” considerano la cura dell’ambiente un impedimento e non un valore. Gli uffici ambiente di comuni, province e regioni di solito sono popolati da ingegneri.

Esiste un capitale umano su cui il paese ha investito in termini di formazione, senza valorizzarlo. come finalmente si riconosce che meriti. Ho sempre detto ai miei studenti: prima o poi ci renderemo conto dell’importanza dell’ambiente, e prima o poi sarà il vostro turno di contribuire allo sviluppo del paese. Assieme ai giuristi, agli economisti, ai tecnologi. Quel momento dovrebbe essere giunto: se non ora, quando?

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