La pandemia di Sars-Cov-2 continua a provocare diverse criticità per gli ospiti dei Centri diurni per disabili (Cdd), chiusi nella prima fase di lockdown da marzo a maggio, poi riaperti a macchia di leopardo da giugno 2020 ma con tagli alle prestazioni, oltre che frequenze e qualità dei servizi molto ridotte.
Un po’ in tutta Italia è diminuito o temporaneamente sospeso l’accesso degli utenti in queste strutture di cura e assistenza per rispettare i regolamenti sul distanziamento e per prevenire eventuali contagi, senza però trovare sempre alternative valide per soggetti che vivono in condizione di fragilità. Un caso esemplare è quello di Edoardo, ragazzo autistico di 16 anni. “Sono state negate le prestazioni socio-sanitarie di cui ha urgentemente bisogno mio figlio, che è un minore con autismo”, è la denuncia della madre Alessandra, socia dell’Unione per la tutela delle persone con disabilità intellettiva (Utim), che la sta supportando per la battaglia legale a tutela del figlio minorenne. Insieme hanno organizzato – per fare pressione sulle istituzioni preposte per una rapida presa in carico del giovane – lunedì 8 febbraio un volantinaggio di protesta davanti alla sede dell’ASL Torino 5 a Moncalieri, ente responsabile delle prestazioni da erogare. “In quell’occasione finalmente abbiamo avuto un incontro con il Direttore Sanitario della ASL TO5 al quale siamo stati invitati e abbiamo partecipato io e la madre del ragazzo”, dice a Ilfattoquotidiano.it Vincenzo Bozza, presidente Utim. “Il Direttore ci ha assicurato che stanno lavorando per trovare una struttura adatta, si è scusato per il disguido e ha rassicurato sulla presa in carico secondo i bisogni del minore. Ci auguriamo – aggiunge Bozza – che la situazione si risolva presto”.
+++ Autismo: in via di soluzione il caso di un minore+++
Dopo le richieste della madre e le pressioni dell’Utim, l’Asl…Pubblicato da Elisa Pirro su Lunedì 8 febbraio 2021
I problemi sono iniziati l’anno scorso con l’arrivo del Coronavirus e relativo lockdown, che ha portato all’interruzione di una serie di servizi assistenziali fondamentali per il benessere psico-fisico del giovane. La situazione è esplosa il 5 febbraio, quando Edoardo ha avuto una crisi, che lo ha visto aggredire prima la madre e poi si è auto lesionato con un coltello sulle braccia. E’ stato portato al pronto soccorso dell’ospedale Regina Margherita di Torino e poi al reparto di neuropsichiatria, una volta sedato. “Attualmente il ragazzo resta ricoverato lì in attesa di poter essere inserito in un luogo idoneo di cui ha estremamente bisogno. La cosa grave è che la struttura che avrebbe dovuto ospitare il giovane dall’8 febbraio, peraltro proposta dalla stessa ASL TO5, si è rivelata non idonea ad accogliere un minore, dal momento che non è in possesso del titolo autorizzativo per gli under 18”, sottolinea Bozza.
Contattato dal Fatto.it la Direzione sanitaria dell’Asl ha risposto sulla non idoneità della struttura a ricevere ospiti minorenni che “questo fatto è emerso solo pochi giorni prima dell’inserimento ma i nostri operatori stanno valutando con la commissione di vigilanza dell’Asl territoriale su cui è ubicata la struttura per trovare adeguata sistemazione per il giovane”. Secondo l’Asl “la situazione è seguita da anni dai Servizi sociali e sanitari con una continua rimodulazione degli interventi sulla base delle esigenze sue e della famiglia (contributi economici, affidi familiari o extrafamiliari), frequenza al centro diurno e attività educativa territoriale. Alla fine del 2020 non è stato più possibile proseguire nei progetti di affido per indisponibilità degli affidatari. E’ stato quindi attivato un percorso per l’inserimento del ragazzo in una struttura residenziale, unica soluzione in quanto nei centri diurni, dall’inizio della pandemia e secondo le direttive regionali, sono state ridotte le ore e i giorni per la frequenza per poter rispettare le normative sul distanziamento e prevenire la diffusione del contagio”. Sulla riduzione delle ore nei centri diurni l’Utim ha citato in giudizio anche la ASL di Torino “perché non garantisce più dall’ inizio della pandemia le ore che spettano di frequenza. L’udienza è fissata per il 25 febbraio”, dice Bozza al Fatto.it
La mamma continua a sostenere che il figlio deve essere accolto in un centro diurno con le 8 ore al giorno con le quali veniva assistito in precedenza fino allo scoppiare della pandemia, “perché questo è un diritto personale, esigibile e indifferibile in base ai Livelli essenziali di assistenza (Lea)”, afferma. La Direzione sanitaria ha aggiunto che “non si tratta di un problema economico bensì quello di trovare una struttura autorizzata alla gestione di minori per avere massima garanzia di un’assistenza adeguata. Né l’Asl né il centro diurno hanno potuto assicurare questo trattamento”. Ed è per questo motivo che la signora ha citato l’Asl a giudizio. “Lei rischia il collasso fisico e psichico perché il figlio non riceve i servizi di cui ha bisogno e che sono un suo diritto esigibile previsto dai Lea (dpcm 12 gennaio 2017) e dalla delibera regionale 51/2003” spiega l’Utim. La madre è dovuta ricorrere alla aspettativa non retribuita dal lavoro per poter curare il figlio con autismo. “Continuiamo a seguire la vicenda e siamo pronti a mobilitarci di nuovo perché si trovi subito una corretta soluzione prima di tutto per il bene del ragazzo”, conclude Bozza.