Il nuovo Presidente del Consiglio Mario Draghi ha sottolineato come la campagna vaccinale debba avere la priorità su tutto. Ma organizzare una campagna vaccinale non è mai semplice. Lo sarebbe se lo Stato adottasse come unica strategia politica quella dell’antagonismo incondizionato “virus contro vaccino” (input/output) considerando sia il virus che il vaccino come entità inconciliabili, indiscutibili, assolute, prive di problemi.

In questo caso, teoricamente, si dovrebbe vaccinare incondizionatamente l’intera popolazione nel tempo più breve possibile – bambini compresi – e, al fine di essere efficaci, dichiarare l’obbligatorietà della vaccinazione, garantire la disponibilità sufficiente dei vaccini, oltre che disporre di una efficiente organizzazione sanitaria. Ma se la relazione virus/vaccino è più complessa di quello che si suppone, cioè se il virus e il vaccino sono scientificamente realtà controverse, problematiche, non scontate, e se di mezzo ci siamo noi cittadini, allora organizzare una campagna vaccinale è tutt’altro che semplice.

Se, ad esempio, l’autorizzazione dell’Ema ai vaccini in circolazione è solo condizionata, non definitiva, perché i dati d’efficacia e sicurezza disponibili sono insufficienti. Se l’attuale campagna di vaccinazione, di fatto, è la prosecuzione di una sperimentazione non conclusa. Se l’efficacia dei vaccini è possibile che sia inferiore a quanto dichiarato da Big Pharma (sponsorship bias). Se oggi siamo nell’impossibilità di valutare sul lungo periodo il rapporto rischi-benefici dei vaccini (per esempio la cancerogenicità). Se abbiamo presumibilmente a che fare con vaccini che hanno una anche minima probabilità di eventi avversi disabilitanti e nello stesso tempo non disponiamo di credibili sistemi di sorveglianza attiva. Allora, se tutte queste questioni sono reali, fare una campagna vaccinale come vuole il Presidente Mario Draghi non è semplice.

Vorrei chiarire subito a scanso di equivoci che tutti i “se” che ho citato non presuppongono che poiché vi è una insufficiente conoscenza dei vaccini in questa terribile pandemia non si deve fare la campagna vaccinale. Io sono per usare i vaccini che ci sono e farlo con criterio. Vorrei anche chiarire che, nonostante le lacunose conoscenze scientifiche, è del tutto legittimo anche da un punto di vista scientifico – soprattutto in una emergenza – autorizzare i vaccini e usarli per quello che sono. In una emergenza non è saggio puntare sulla perfezione, ma è saggio arrangiarsi al meglio con quello che si ha.

Ciò che però non si può fare è impostare una campagna vaccinale come se esistesse la perfezione e i problemi non ci fossero, come se la campagna si potesse fare solo in un modo, come se lo Stato per forza debba giocare a fare il tutore del cittadino, considerandolo in nome del bene pubblico come un bue davanti all’aratro. Ho già spiegato le mie perplessità sulla riconferma di Roberto Speranza al Ministero della Salute (Quotidiano sanità, 15 febbraio 2020), ma davanti ai tanti “se” trovo grave che egli a tutt’oggi non abbia provveduto a chiarire i postulati sulla base dei quali definire una “strategia per la salute” nella quale c’è anche, ma non solo, la campagna vaccinale.

Quindi il ministro chiarisca subito che la sua, la nostra, campagna vaccinale si baserà prima di tutto sulla “scelta informata” e si organizzi subito in tal senso, cioè col necessario consenso informato, una seria campagna di informazione e di sensibilizzazione, organizzando seri ed efficaci sistemi di sorveglianza attiva. Non solo, ma sarebbe grave se Speranza non chiarisse un’altra cosa importante: è giusto fare in modo di ridurre con i vaccini il numero di malati e soprattutto quelli gravi, e quindi ridurre la pressione in ospedale, ma “vaccinare tutti ad ogni costo” non è l’unica strategia e, oltretutto, è un messaggio fuorviante: vi sono anche strategie di cura, di educazione del malato, modi diversi di proteggere il cittadino dalle infezioni.

Se è vero che esistono rispetto al Covid-19 rischi maggiori e rischi minori, allora è ragionevole usare la vaccinazione in modo discreto e non in modo indiscriminato. Oggi sta passando il messaggio che la vaccinazione di massa sia l’unica soluzione. La vaccinazione non esime la popolazione dall’adottare stili di vita salutari che rafforzino la capacità di resistenza alle infezioni (non solo Covid-19). Oggi, quindi, più che mai assume importanza la prevenzione e l’educazione sanitaria, una nuova ecologia ambientale, una nuova idea di comunità, una idea nuova di tutela e di salute, un nuovo protagonismo del cittadino.

Ormai sappiamo che l’inquinamento ambientale favorisce la diffusione dei virus. Ma i vaccini non risolvono i problemi ambientali. Inseguire le varianti di un virus e nuove epidemie con vaccini sempre nuovi puntando su una società eternamente inquinata e quindi da vaccinare e da rivaccinare è una follia.

Quindi ci dica il ministro Speranza, oltre alla campagna vaccinale, quali strategie di salute intende adottare per evitare che le persone si ammalino, per resistere di più e meglio ai virus, e ci spieghi come dobbiamo fare per non essere come paese totalmente dipendenti da Big Pharma.

Secondo me, considerando tutto, oggi occorre ragionare su strategie differenziate e più realistiche, che facciano cooperare vaccinazioni meno indiscriminate/più mirate a soggetti a rischio, con immunizzazioni naturali di gruppi a rischio minore (mi preoccupa l’insistenza nel rilanciare una vaccinazione dei bambini per esempio), su una base comune di rafforzamento delle difese naturali delle popolazioni con miglioramenti ambientali, degli stili di vita, delle condizioni socioeconomiche e dei determinanti della salute globale delle popolazioni.

Insomma, signor Ministro, se la vaccinazione – pur necessaria – non è l’unica strategia, lei a quale strategia intende ispirare le sue politiche?

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