Politica

Con Draghi torna in auge un antico sogno delle classi dominanti: il presidenzialismo

Fu, com’è noto, Aristotele a definire l’uomo un “animale politico”. La politica in effetti fa parte della più intima natura degli esseri umani e ogni tentativo di cancellare tale caratteristica imprescindibile è destinato al fallimento. Ne abbiamo avuto una conferma di recente in Italia colla presentazione dei ministri del governo Draghi, laddove un assemblaggio di personalità direttamente espressione di partiti, nonostante tutto fra di loro ancora profondamente diversi, si è accompagnata alla presenza di “tecnici”, tutti di grande competenza, ma fautori e promotori a loro volta di determinate visioni politiche che sarebbe del tutto mistificatorio e fuorviante voler presentare come neutrali o al di sopra delle parti.

Le parti, dal canto loro, continuano a esistere e anzi si accentuano le divisioni di natura sociale ed economica, come dimostrato dal fatto che la pandemia da Covid, specie nell’Occidente capitalistico e nelle vaste e desolate province da esso dipendenti, ha ulteriormente esasperato le diseguaglianze e che un’élite di ricchi sempre più ristretta e potente regge le sorti di un pianeta sempre più affollato di moltitudini disperate e indigenti. Anche in Italia, com’è noto, la povertà, sia assoluta che relativa, è in fortissima e costante crescita, e può dubitarsi che il, sia pur benemerito ed essenziale, reddito di cittadinanza possa sopperire in modo efficace a tale tendenza estremamente inquietante.

L’altro aspetto inquietante che ci riguarda da vicino, e che è stato confermato proprio dalla costituzione del governo Draghi, è l’assoluta egemonia di un pensiero unico che è l’ideologia di quelle ristrette élites dominanti. I programmi sono ancora alquanto vaghi e si può ritenere che tali permarranno per un certo periodo, ma basta analizzare le caratteristiche personali e professionali dei ministri incaricati, a cominciare dal presidente del Consiglio, per rendersene conto. Un banchiere, sia pure intelligente, illuminato, e compassionevole (e di tali tre caratteristiche possiamo senz’altro riconoscere a Draghi la prima), rimane pur sempre un banchiere.

I banchieri costituiscono evidentemente una categoria irrinunciabile nell’ambito delle società complesse da vari secoli a questa parte, ma attribuire ai banchieri lo scettro del comando non significa altro a ben vedere che riconoscere la primazia della finanza egemone e sovrana. Sul piano istituzionale ciò comporta la riduzione a mero orpello del principio fondamentale della sovranità popolare, affermato dall’art. 1 della Costituzione repubblicana.

Occorre quindi chiedersi, col costituzionalista Mauro Volpi nel Manifesto di sabato 13 febbraio, se non stia in effetti emergendo, e abbia subito colla nomina di Draghi una fortissima e pericolosa accelerazione, “una nuova Costituzione materiale che ha soppiantato quella formale trasformando di fatto la forma di governo da parlamentare a presidenziale o semipresidenziale”. Conclusione da condividere tenendo conto delle tendenze di fondo esistenti, pur tenendo in considerazione anche l’attenta presa di posizione di Massimo Villone, sempre sul Manifesto di domenica 14 febbraio che, pur sottolineando la correttezza delle scelte di Sergio Mattarella, afferma anche che “la crisi si poteva e si doveva evitare” e che risposte alternative erano pure possibili.

Rischia in tal modo di realizzarsi un antico sogno delle classi dominanti italiane che è il presidenzialismo o semipresidenzialismo, e si realizza in diretta connessione colle istanze egemoni della finanza internazionale, della quale Mario Draghi è un esponente di primo piano. Non appare per nulla casuale che tale esito sia stato ricercato con caparbietà e spregiudicatezza da quel Matteo Renzi che, in tal modo, parrebbe volersi prendere una rivincita sul popolo italiano che meno di cinque anni bocciò il suo progetto di liquidazione della Costituzione repubblicana, dopo che anche Silvio Berlusconi ci aveva provato in precedenza collo stesso insuccesso.

Non è quindi casuale nemmeno che Berlusconi stesso torni in circolo. Così come non è casuale che torni in circolo la Lega, mediante il suo stratega Giorgetti che a Draghi e alla finanza, come pure a un certo mondo imprenditoriale del Nord, è legato a doppio filo.I veri perdenti di questa operazione sono il Pd e i 5Stelle, ma soprattutto lo è il popolo italiano, che si ritrova senza rappresentanti e non può far altro che affidarsi alla clemenza del nuovo Principe.

Tornando ad Aristotele, nella Politica egli afferma fra l’altro che l’aristocrazia, che indica come una delle forme di governo possibili, può degenerare nell’oligarchia, se i governanti non sono all’altezza. È quanto avremo modo di verificare nei prossimi mesi, ammesso e non concesso che Draghi duri. Personalmente, e ritengo di non essere l’unico, propendo per un’altra delle forme di governo indicate come possibili dal filosofo greco, e cioè la democrazia, che potrà rigenerarsi, nella forma parlamentare o in altre ancora più avanzate, solo se emergeranno forze politiche all’altezza del popolo italiano e delle sue reali esigenze.

Su questi temi il Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia (CRED – www.ricercademocrazia.org) sta organizzando un webinar colla partecipazione di costituzionalisti ed esponenti dell’opposizione di sinistra al governo Draghi.