Qualche giorno fa l’influencer Leandra Medine Cohen, autrice dell’irriverente blog Man Repeller (chiuso nell’ottobre 2020 perché pare che l’autrice abbia licenziato un’impiegata di colore a inizio pandemia, scatenando forti proteste da parte dell’associazione Black Lives Matter), pubblica una foto in cui indossa un abito bianco sporco di sangue mestruale, una roba splatter stile Kill Bill, con la dicitura “Senza sarcasmo, amo essere donna”.
Ora, per quanto assolutamente doveroso il fatto di abbattere i tabù sul ciclo mestruale, senza sarcasmo, credo che amare l’essere donna non implichi per forza mostrare una gonna macchiata di sangue. Forse avrei preferito leggere sotto quella foto: “Senza sarcasmo, pensate davvero che usare gli assorbenti sia un lusso?”. È infatti abbastanza vergognoso che nel 2021 in Italia, gli assorbenti siano considerati beni di lusso, alla stregua di un Rolex o di una bottiglia di vino e quindi tassati al 22%. Unico contentino per noi signore, un emendamento del 2019 che prevede l’abbassamento dell’Iva al 5% solo per assorbenti biodegradabili e lavabili o per le coppette riutilizzabili. In pratica, quelli meno utilizzati in assoluto.
Certo, potrebbe sembrare un passo in più verso la tutela dell’ambiente, fino a che non scopri che i rasoi da barba, notoriamente biodegradabili, sono invece considerati un bene primario, con aliquota al 5%. Giusto per rimarcare anche il grado di maschilismo della nostra società, nel caso vi foste convinte troppo di una qualche parità di genere nel 2021. Dunque, è vero che l’omo a’dda puzzà, l’importante però è che sia sbarbato.
Tornando all’influencer Leandra Medine Cohen e alla sua foto tributo a Quentin Tarantino, anch’io amo essere donna, ma con tutto il rispetto, amo un po’ meno andare in giro sporca di sangue e vorrei avere il sacrosanto diritto non solo di avere un’aliquota molto più bassa sugli assorbenti, ma di non pagarli affatto. Siano essi con o senza ali, traspiranti o meno, con o senza odor control, con o senza ricami e merletti, interni o esterni, plus o regular, con applicatore brevettato o senza, bio o non bio.
Voglio poter scegliere quelli che ritengo più adatti al mio flusso mestruale e potermeli portare a casa gratuitamente, riconoscendo finalmente alle mestruazioni il valore sociale che viene loro negato e che invece è attribuito senza troppi problemi alla barba dell’uomo che non deve chiedere mai e persino al tartufo! Sì, avete capito bene: “Per questo mese mettiti un pezzo di stoffa nelle mutande e andiamo a farci un bel piatto di tagliolini al tartufo fresco, che ce lo tassano solo al 5%”.
Per non parlare dell’uso di ridicoli sinonimi, quali: “le mie cose”, “sono indisposta”, “il marchese”, “in quei giorni”, “profondo rosso”. È più facile nominare Voldemort che la parola mestruazioni. Una tarantella senza fine per far capire al tipo con cui esci da poco che per stavolta non si combina nulla.
Il problema è che noi donne sperimentiamo il tabù delle mestruazioni sin dalla comparsa del primo ciclo, che diventa subito innominabile e quasi sempre sostituito dalla tipica frase “sei diventata signorina”. Gli anni passano e quel tabù persiste così tanto da essere tramandato di generazione in generazione. Occorre spezzare la catena, liberarci da questa ridicola limitazione, che non significa per forza esporre macchie di sangue su gonne griffate per raccontare al mondo che amiamo essere donne. Anche perché, se davvero vogliamo infrangere questo tabù, se vogliamo parlare di cosa significhi effettivamente avere il ciclo mestruale, non credo che il sorriso smagliante di Leandra Medine sia proprio l’espressione adatta allo scopo.
Forse in futuro accadrà, ma per adesso non conosco alcuna donna che sorrida in questo modo quando ha il ciclo e se lo fa è perché sta immaginando di dare una randellata sui denti a qualcuno, altro che pubblicare foto su Instagram. Avere le mestruazioni è una gran rottura di palle e per molte donne è anche una gran sofferenza, con dolori lancinanti e vere e proprie emorragie. Tra l’altro, vorrei proprio conoscerla sta donna coraggiosa che col ciclo mestruale, oltre a sorridere come se avesse appena ricevuto un invito a cena da Jude Law, se ne va in giro tutta vestita di bianco. Una cosa realistica più o meno come i capelli di Francesco Facchinetti.
Ma sopra ogni cosa, sarebbe ora che si capisse una cosa fondamentale: le mestruazioni non sono un lusso. Non sono una scelta, un appuntamento che puoi fissare a mesi alterni, weekend esclusi. Tranne forse nel mondo di Barbie Dreamhouse.
Certo, non è un problema solo italiano, sia chiaro. Ma se nel resto d’Europa molti Paesi hanno sensibilmente diminuito la tassazione sugli assorbenti, il nostro Paese rappresenta attualmente il fanalino di coda. Sulla vetta c’è invece la Scozia, che ha il merito di essere la prima nazione al mondo ad aver approvato una legislazione che rende i prodotti per il ciclo mestruale completamente gratuiti.
Senza sarcasmo, oggi ho le mestruazioni. Ho scelto il vestito più nero dell’armadio, quindi per stavolta niente Pulp Fiction e non sorrido manco per niente. Però giuro che amo lo stesso essere donna.