Ambiente & Veleni

La manipolazione del meteo non è vietata del tutto. Fortuna che qualcuno ha usato prudenza

La Convenzione Enmod (Convenzione sul divieto dell’uso di tecniche di modificazione dell’ambiente a fini militari o a ogni altro scopo ostile) vieta qualsiasi manipolazione meteorologica in grado di produrre “effetti diffusi, duraturi o gravi, così come mezzo di distruzione, danno o lesione”. Nel 1977 le Nazioni Unite bandirono così l’uso bellico delle modificazioni ambientali senza deroga alcuna. Gli Stati Uniti furono i primi firmatari, anche per la spinta dell’opinione pubblica in seguito agli esperimenti sul campo condotti durante la guerra del Vietnam.

In pratica, Enmod vieta la manipolazione meteorologica a scopo bellico con qualsiasi tecnologia. Una pratica che associamo di norma alle varie tecniche di inseminazione, nel ricordo dell’operazione Popeye con cui l’Aeronautica degli Stati Uniti inseminò a lungo le nuvole sul sentiero di Ho Chi Minh nel tentativo, fallito, di evitare l’invasione del Vietnam del Sud. Enmod non interviene però sul controllo meteo a scopi civili. E nel corso degli anni si ha periodicamente notizia di ricerche e sviluppi con questo obiettivo, le cui basi scientifiche e tecnologiche sono spesso avvolte dal mistero.

Popeye non usava una tecnologia innovativa, giacché la manipolazione meteo tramite inseminazione è un’attività studiata e praticata fin dalla metà dell’800, soprattutto negli Stati Uniti. Il nostro paese si affacciò sulla scena dell’inseminazione negli anni ‘60, con una serie di progetti del Consiglio Nazionale delle Ricerche, dagli esiti modesti se non insignificanti. E ci fu anche chi incolpò dell’alluvione fiorentina del 1966 “la manipolazione meteorologica, insinuando che ci fosse sotto una vera e propria manina colpevole, legata al possibile effetto di alcuni esperimenti di inseminazione artificiale delle nuvole condotti nelle colline del Prenestino a Est di Roma, tra l’inizio del 1966 e l’estate del 1968” (Rosso, R., Bombe d’acqua, Venezia: Marsilio, 2017).

L’idea di modificare il tempo meteorologico è quindi abbastanza antica. Uno dei precursori propose di bruciare foreste per aumentare le precipitazioni. Una inseminazione dal basso. Era un noto meteorologo americano, James Pollard Espy, poi soprannominato The Storm King (cioè, Il Re delle Tempeste). Aveva sviluppato una propria, avanzata, innovativa teoria sulla fisica dei temporali, pubblicata nel volume The Philosophy of Storms (Boston: Little & Brown, 1840).

La teoria identificava la causa dei temporali nel moto ascendente dell’aria e nel potere auto-generativo associato alla cessione di calore latente. Ebbe l’onore di presentare la sua scoperta presso l’American Philosophical Society, l’Académie des Sciences francese e la British Royal Society. E, in servizio come meteorologo nei ministeri della Guerra e della Marina, sviluppò l’uso del telegrafo per trasmettere le osservazioni con cui studiava i nubifragi, gettando le basi scientifiche delle previsioni meteorologiche.

Nel suo libro, Espy propose di contrastare le periodiche siccità bruciando le foreste della catena appalachiana per far piovere. Se si candidò come uno dei primi ingegneri del clima, Espy non guardò con particolare attenzione alle conseguenze ambientali che un metodo così spiccio avrebbe comportato. E, fortunatamente, non se ne fece nulla.

Rispondendo a una richiesta di fondi ad hoc da parte degli agrari, il senatore John Crittenden del Kentucky avvertì che, se pure la proposta di Espy avesse funzionato, “avrebbe potuto avvolgere quegli Stati con un continuo e persistente manto nuvoloso; e, magari, non rispettare la promessa che le terre non sarebbero state inondate. E se costui (Epsy, nda) avesse il potere di provocare la pioggia, dovrebbe anche avere quello di trattenerla”. Non erano soltanto preoccupazioni ambientali, ma anche timori che il giocattolo potesse sfuggire di mano, andando fuori controllo.

La manipolazione meteorologica fu un tema assai discusso negli Stati Uniti durante tutta la seconda metà dell’800, come testimoniano parecchi aforismi di Mark Twain. Una poesia ironica di Frank Wigglesworth Clark, pubblicata su Life nel 1891, termina con questi versi (tradotti qui liberamente):

Per controllare l’alluvione che hai avviato, ho sentito
Che ogni sforzo fu vano;
Fintanto che il Ministero a Washington si diede una mossa
E fermò la tempesta con una sola parola,
Prevedendo semplicemente – Pioggia!

La lunga, divertente poesia s’intitolava Ode alla Pluvicultura o La Poesia dalla Macchina della Pioggia. E Clark, che viene spesso citato come il padre dello geochimica, non era uno studioso qualunque: a lui dobbiamo la scoperta della composizione chimica della crosta terrestre.

Invero, l’uomo contempla la possibilità di controllare il meteo fin dall’antichità. Ed Espy avrebbe dovuto conoscere la lezione di Johann Forster, pastore di anime e naturalista che, assieme al figlio Georg, accompagnò il capitano Cook durante la sua seconda circumnavigazione del Pacifico (1772-75). Forster annotava come la deforestazione delle isole Barbados e Capo Verde avesse causato terribili siccità. Per contro, egli commentava positivamente il comportamento degli inglesi, che, nella colonizzazione delle Indie Orientali, si erano preoccupati di vincolare una certa estensione di “foreste riservate alla pioggia” sulle montagne più alte, vietandovi il taglio dei boschi (Rosso, R., Effetto serra: istruzioni per l’uso, 1994).

Ho scritto questo secondo post sul tema poiché alcuni lettori del precedente post mi hanno incoraggiato a condividere il poco che so sulla manipolazione meteorologica. Se giudicherete il tema ancora interessante – anche in vista delle iniziative più recenti, a partire dal progetto Tibet e non solo – continueremo a discuterne su questo blog.