“Malati Covid non rianimati perché disabili cognitivi“. È la denuncia lanciata in Regno Unito dalla Royal Mencap Society, un’associazione britannica attiva sul fronte della disabilità, secondo cui in diverse strutture di cura sarebbe stato dato l’ordine di non rianimare (“Do not attempt cardiopulomonary resuscitation”) le persone affette da disturbi cognitivi come autismo o sindrome di Down. La scoperta di tali comportamenti è emersa a seguito di diverse segnalazioni alla Mencap e delle pressioni di alcuni attivisti sui ministeri, accusati di non aver dato alle persone più fragili la priorità nelle vaccinazioni contro il coronavirus. Secondo il Public Health England, infatti, i disabili cognitivi tra i 18-34 anni hanno una probabilità di morire di Covid 30 volte superiore rispetto ai loro coetanei.

L’ordine di “non rianimare”, scrive il Guardian, sarebbe stato applicato in questi mesi nonostante lo scandalo fosse già emerso durante la prima ondata della pandemia. A dicembre la Care Quality Commission (CQC), un ente regolatore della sanità e dell’assistenza sociale, aveva dichiarato “inappropriato” tale comportamento, spiegando che la mancata rianimazione aveva causato diversi decessi potenzialmente evitabili. La CQC ha aggiunto inoltre che l’ordine di non rianimare va applicato, in campo sanitario, unicamente su persone considerate troppo fragili per poter essere soccorse attraverso la rianimazione polmonare. La Mencap sostiene invece che sia stata implementata anche su pazienti affetti da disabilità cognitive, indipendentemente dalla loro fragilità.

Secondo il National Health Service, nelle settimane successive al terzo lockdown – annunciato dal premier inglese Boris Johnson il 4 gennaio 2021 – i decessi tra i disabili intellettivi sono avvenuti a causa del Covid nel 65% dei casi, mentre nella media della popolazione la percentuale è del 39%. L’amministratrice delegata della Mencap, Edel Harris, ha detto che “durante la pandemia molte persone con disabilità intellettiva hanno dovuto affrontare un trattamento discriminatorio nei loro confronti e ostacoli nell’accesso alle cure, con l’inappropriata pratica del Dnacpr e i tagli al loro supporto sociale. È inaccettabile – continua la Ceo – che una categoria di persone così duramente colpita dal virus, e che anche prima del Covid moriva 20 anni prima della media della popolazione, sia messa nelle condizioni di chiedersi perché sia lasciata indietro nelle cure“.

“Questa notizia lascia sgomenti, ma richiama anche tutti noi sulla necessità di tutelare al massimo le persone più vulnerabili in questa pandemia”, lo dichiara la deputata di Italia Viva Lisa Noja, capogruppo in Commissione Affari Sociali. “Per tale ragione – spiega -, torno a evidenziare come si debba subito intervenire per stabilire la priorità vaccinale per le persone con disabilità e i loro caregiver, anche a prescindere dal rischio clinico legato alla specifica patologia. Non farlo – sottolinea – significa ignorare altri fattori di pericolo importanti”.

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