La nomina dell'aggiunto, già braccio destro di Giuseppe Pignatone, arrivò al termine di un percorso travagliato dopo la bufera sulle nomine scoppiata con il caso Palamara. I procuratori Viola e Creazzo avevano presentato il ricorso contro la nomina il 23 giugno dell'anno scorso.
Il caso Palamara, le sue chat e gli incontri per pilotare le nomine degli uffici giudiziari continua ad avere conseguenze. Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha accolto due dei tre ricorsi presentati dal procuratore generale di Firenze, Marcello Viola, e dai procuratori di Palermo, Francesco Lo Voi, e di Firenze, Giuseppe Creazzo, contro la nomina di Michele Prestipino a capo della procura di Roma, da parte del Csm, il 4 marzo dello scorso anno. La nomina di Prestipino arrivò al termine di un percorso travagliato dopo la bufera sulle nomine scoppiata con il caso Palamara. Viola e Creazzo avevano presentato il ricorso contro la nomina il 23 giugno dell’anno scorso. I nomi di Creazzo e Viola comparivano nelle intercettazioni captate nel cellulare di Palamara. Di Creazzo Luca Lotti, ex ministro, diceva che gli andava messa paura e che doveva liberare Firenze. La missione era di virare su Viola.
Il ricorso di Creazzo, procuratore capo a Palmi dal 2009 e a Firenze dal 2014, è stato respinto. Mentre sono stati accolti i ricorsi del procuratore generale di Firenze, Marcello Viola, e dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi. Il Tar ha accolto il ricorso di Viola, escluso dalla corsa dopo che il suo nome era stato avanzato a maggioranza dalla commissione per gli incarichi direttivi prima che quella procedura partita nella primavera 2019 venisse annullata, e quello di Lo Voi, sconfitto al ballottaggio in plenum nel marzo scorso da Prestipino, per anni “vice” di Pignatone e reggente dopo che il capo dei pm era andato in pensione.
Come si legge nella sentenza relativa al ricorso di Viola, “non risulta in atti una motivazione specifica sull’esclusione”, “per cui deve concludersi che, in realtà, la procedura di conferimento dell’incarico direttivo è stata “viziata ‘a monte’ dalla carenza di motivazione in ordine all’esclusione”, e ciò “vale tanto più per la omissione di un candidato dapprima proposto e che aveva acquisito una legittima aspettativa alla valutazione comparativa finale, risultando anche all’uopo ascoltato in audizione”. Ne consegue che “l’omissione della valutazione”, “data dalla revoca della proposta a lui favorevole del 23 maggio 2019, appare priva della necessaria motivazione, in assenza di elementi oggettivamente riscontrabili a suo carico (rinvio a giudizio, apertura di procedimento disciplinare e simili)”. Nel caso di Lo Voi, già a capo di un ufficio di grandi dimensioni, il Tar sottolinea che se un candidato può “in concreto vantare indicatori specifici”, non significa che prevalga automaticamente sugli altri candidati, ma si “impone nondimeno l’onere di una particolare ed adeguata motivazione, nella valutazione complessiva”. Ora la palla passa al Csm, che deve decidere se fare ricorso a sua volta al Consiglio di Stato.
Nel ricorso di Viola si ricordava che il 23 maggio 2019 la V Commissione del Csm avanzò al Plenum del Consiglio superiore della magistratura una proposta di delibera, assunta a maggioranza (con quattro voti favorevoli) a favore di Viola, una (con un voto favorevole) per Francesco Lo Voi (procuratore di Palermo) e una un voto favorevole per Giuseppe Creazzo (procuratore di Firenze). Successivamente la procura di Perugia avviò l’inchiesta un’indagine sull’ex presidente dell’Anm e su componenti del Csm. Il Consiglio superiore aveva acquisito da Perugia copia delle trascrizioni e in seguito aveva disposto la revoca delle proposte originariamente formulate a favore di Viola, Creazzo e Lo Voi.
Nella seduta del 14 gennaio 2020 la V Commissione formulò tre nuove proposte: Lo Voi, Creazzo e Prestipino, allora procuratore aggiunto a Roma nell’ufficio guidato da Giuseppe Pignatone. Il 4 marzo 2020 in plenum, a seguito di un doppio ballottaggio, nominò Prestipino. Gli avvocati di Viola hanno sostenuto sostengono che il Csm da un lato ha ammesso come fosse acclarato il “mancato coinvolgimento” di Viola rispetto al procedimento di Perugia e che lo stesso fosse “parte offesa rispetto alle macchinazioni o aspirazioni di altri”; ma dall’altro lato ha” illegittimamente revocato l’originaria proposta a favore di Viola e, senza esternare alcuna motivazione idonea a giustificare tale cambio di indirizzo, non ha formulato nei suoi confronti alcuna nuova proposta”. Il Csm, stando agli avvocati del magistrato, avrebbe valorizzato, in modo decisivo, il “radicamento territoriale di Prestipino e la conoscenza da parte di quest’ultimo del contesto di riferimento della Procura di Roma, senza condurre correttamente il giudizio comparativo e omettendo di valutare i numerosi titoli e le importanti esperienze vantate da Viola”.
Citando specifici precedenti giurisprudenziali del Tar e del Consiglio di Stato, i legali avevano sottolineato come “il Csm avrebbe errato nel ritenere prevalente il profilo di Prestipino nonostante lo stesso avesse svolto solo funzioni semidirettive (aggiunto presso le Procure di Reggio Calabria e di Roma) a fronte delle funzioni direttive svolte da Viola, procuratore a Trapani e attualmente procuratore generale a Firenze”. Infine, sempre secondo i legali, il Csm avrebbe errato nel ritenere prevalente l’esperienza di Prestipino in materia di criminalità organizzata, senza tenere adeguatamente conto delle esperienze di Viola quale procuratore a Trapani e quale componente della Dda di Palermo e di Gip nel capoluogo siciliano.