“Trovare un lavoro qui in Calabria non è semplice. Dopo la laurea ho deciso di fare le valigie e andare a Londra. Sono tornato per riaprire l’azienda agricola di famiglia ormai chiusa da 30 anni”. A quasi 1300 metri d’altitudine spicca il sorriso di Lorenzo Pupo, 28 anni, calabrese, felice di essere dov’è. “Molti mi dicevano di lasciar perdere. Ma io sono ancora qua”. Con una laurea in tasca in Scienze Turistiche dal 2014 Lorenzo, qualche anno fa, ha provato a trovare lavoro nella sua Regione. Sforzi andati a vuoto che lo hanno spinto a partire per il Regno Unito, in cui era già emigrato suo fratello, dove ha iniziato a fare esperienza negli alberghi di Londra e Manchester. “Per i miei genitori la decisione di partire non è stata semplice da accettare”. E la vita in una grande città, precisa, “non è facile come sembra”.
Dopo qualche anno e diverse esperienze all’estero, Lorenzo decide che è arrivato il momento di tornare a Camigliatello Silano, località montana del comune di Spezzano della Sila, poco meno di mille abitanti in provincia di Cosenza. “Quando ho deciso di riaprire l’azienda di famiglia, che era stata chiusa dopo la morte di mio nonno, mi dicevano: ‘ma chi te lo fa fare’”, ricorda. Voci che però non lo hanno scoraggiato: oggi Lorenzo ha riacquistato le mucche, avviato la coltivazione di patate in 5 ettari di terreno e avviato un’impresa in un’area montana tra pini, faggi e abeti della Sila che rendono i suoi frutti un prodotto di eccellenza.
“Purtroppo le difficoltà in questi anni non sono mancate, ma in compenso non mi sono mai pentito di aver fatto questa scelta – spiega –. Gli amici? Alcuni mi appoggiavano, altri meno. Mi dicevano: ‘Ti conviene?’. Ma io ero deciso, mi sono messo sotto e mi sono dato da fare per realizzare il mio sogno”.
Il ritmo del lavoro in campagna, racconta, è determinato dalle stagioni. La sveglia è quasi sempre prima dell’alba, il riposo è poco, le giornate trascorrono senza tv o computer. “D’estate si lavora quasi 24 ore al giorno. Le mie attività quotidiane principali sono l’allevamento e la coltivazione delle patate”, continua. Si portano le mucche al pascolo, ci si prende cura dei vitelli, si irriga il campo anche di notte, quando necessario.
Se da un lato ci sono momenti “straordinari”, come la prima raccolta di patate, l’acquisto di alcune mucche, la nascita della prima vitellina, Lorenzo spiega che “avviare un’azienda agricola qui al Sud è veramente un’impresa, a maggior ragione in un’area montana come quella della Sila”. La lentezza e la complessità della burocrazia “scoraggiano e fanno perdere un’infinità di tempo prezioso. Ma credo fortemente nel rilancio dell’agricoltura in questa ragione”. Volere è potere è il motto di Lorenzo.
Vantaggi? “Non ce ne sono, la burocrazia rallenta tutto”, aggiunge. Ad esempio, “io rispetto ai miei colleghi del Nord – continua – sono molto svantaggiato. Lo Stato dovrebbe aiutarci negli investimenti a lungo termine, come i bandi pubblici e i Programmi di Sviluppo Rurali, assicurando tempi certi”.
Durante le settimane del lockdown di marzo Lorenzo ha continuato a lavorare, occupandosi della sua azienda e mandando avanti da solo l’attività. “In fondo, dicevano i miei amici, ero fortunato a vivere in campagna”, sorride. Le rinunce sono state tante: stare in montagna da solo, senza la famiglia, è “pesante, ma me la sono cavata”. Le patate della Sila, poi, grazie anche al consorzio che è riuscito ad accordarsi con tutti i canali di grande distribuzione, nei mesi successivi ha aumentato le vendite. “Insomma, abbiamo retto il colpo”.
Le preoccupazioni ora sono per il futuro, che è “quanto mai incerto: qui viviamo in una zona molto svantaggiata sotto tantissimi punti di vista. Bisogna lottare con problemi enormi e il virus rischia di affossare una situazione già precaria”. Lorenzo però non molla. Anzi, rilancia. Le tante difficoltà si trasformano in spinta per continuare a far meglio. Vuole ingrandire l’allevamento e trasformare la sua struttura in un’azienda multifunzionale, coltivando nuovi frutti e allevando altri animali. Se tornasse indietro, a dirla tutta, non partirebbe più per lasciare l’Italia e andare a Londra. “Mi sono reso conto che con l’impegno i propri sogni si possono realizzare. Anche se – conclude – l’esperienza lì mi è servita per capire cosa io realmente volessi fare della mia vita”.