In totale il primo discorso in Parlamento del nuovo presidente del consiglio è durato 53 minuti, il tempo necessario a pronunciare 1.893 parole. L'ex presidente della Bce ha toccato gli argomenti più disparati: la lotta al coronavirus, le riforme da fare, il Recovery, la natura atlantista ed europeista del suo governo, persino un pizzico di "sicurezza e legalità". Poca giustizia, lo stretto indispensabile, niente antimafia, moltissimo ambiente. Non sarà ricordato come un discorso capace di provocare negli ascoltatori particolare empatia, anche se l'uomo noto a livello mondiale per il suo "whatever it takes" conserva sempre un certo gusto per qualche frase a effetto
Chi si aspettava un discorso che marcasse la discontinuità col governo precedente è rimasto deluso. Chi aveva pronosticato un intervento breve, senza alcuna replica alle provocazioni delle ultime ore, ha sbagliato pronostico. Nel suo esordio in Parlamento Mario Draghi ha scelto di non alzare steccati che lo allontanassero dall’esecutivo di Giuseppe Conte. Certo, la citazione del suo predecessore può pure apparire come una semplice prassi. È un fatto, però, che il premier ha riconosciuto al governo precedente di aver “già svolto una grande mole di lavoro” sul Recovery. Da lì, dal piano scritto dal vecchio esecutivo, partirà il nuovo inquilino di Palazzo Chigi. Che trovandosi a Palazzo Madama ha deciso di marcare le distanze su alcune sparate del senatore Matteo Salvini. Non ne ha mai pronunciato il nome, non ce n’era bisogno, ma per quattro volte – lungo tutto il suo intervento – Draghi ha espresso concetti che fanno a pezzi qualsiasi provocazione sulla moneta unica, sull’adesione all’Unione europea e sul sovranismo: dichiarazioni rilanciate dal leader Lega meno di 24 ore fa.
Un discorso di 53 minuti – Completo scuro e una cravatta bordeaux, nel suo esordio a Palazzo Madama il premier non ha troppa dimestichezza sul protocollo. “Mi dite quando posso sedermi?”, ha chiesto ai ministri alla fine del suo intervento. Alla sua destra c’era un soddisfatto Giancarlo Giorgetti, numero due della Lega e titolare dello Sviluppo Economico. A sinistra Stefano Patuanelli, big del Movimento 5 stelle ora titolare dell’Agricoltura. Spiccava, seduto proprio davanti al premier, il sottosegretario alla presidenza Roberto Garofoli. I ministri c’erano tutti: tredici hanno trovato posto ai banchi del governo, dieci si sono dovuti accomodare a una scrivania vicina. In totale il primo discorso in Parlamento del nuovo presidente del consiglio è durato 53 minuti, il tempo necessario a pronunciare 1.893 parole. Quella che ricorre più volte (20) è “pandemia“, seguita da “paese” (18), e poi “programma“(14). Meno di duemila parole per toccare gli argomenti più disparati: la lotta al coronavirus, le riforme da fare, il Recovery, la natura atlantista ed europeista del suo governo, persino un pizzico di “sicurezza e legalità“. Poca giustizia, lo stretto indispensabile, niente antimafia, moltissimo ambiente. Non sarà ricordato come un discorso capace di provocare negli ascoltatori particolare empatia, visto che non è esattamente una specialità della casa, anche se l’incipit contiene un debole tentativo in questo senso: “Vorrei dirvi che non vi è mai stato, nella mia lunga vita professionale, un momento di emozione così intensa e di responsabilità così ampia“.
Empatia e frasi a effetto – Deve essere stato sincero visto che a un certo punto l’ex presidente della Bce ha confuso milioni con migliaia riferendosi ai ricoverati in terapia intensiva e miliardi con milioni per le ore di cassa integrazione: un errore più da comune mortale che da salvatore dell’euro. L’ex presidente della Bce non si è scomposto: si è corretto e ha continuato a parlare per quasi un’ora. Alla fine l’intervento del nuovo premier è risultato abbastanza asciutto, schematico: Draghi si è tenuto lontano da passaggi smaccatemente retorici, a parte il “commosso ricordo di chi non c’è più che cresce il nostro impegno” contro il virus “nemico di tutti“. Ha più successo il passaggio dedicato all’orgoglio nazionale: “Mi sono sempre stupito e un pò addolorato in questi anni, nel notare come spesso il giudizio degli altri sul nostro Paese sia migliore del nostro. Dobbiamo essere più orgogliosi, più giusti e più generosi nei confronti del nostro Paese. E riconoscere i tanti primati, la profonda ricchezza del nostro capitale sociale, del nostro volontariato, che altri ci invidiano”. Da segnalare che l’uomo noto a livello mondiale per il suo “whatever it takes” conserva sempre un certo gusto per le frasi a effetto: “Quando usciremo dalla pandemia, e ne usciremo“, “uscire dalla pandemia non sarà come riaccendere la luce“, “una vera parità di genere non significa un farisaico rispetto di quote rosa richieste dalla legge”, “vogliamo lasciare un buon pianeta, non solo una buona moneta“.
Il ringraziamento a Conte e gli applausi – Il rischio era che l’ex presidente della Bce si facesse trascinare da spiegoni super tecnici: pericolo scampato. A parte forse l’intervento sul Fisco, in cui la parte più discorsiva è questa: “Non bisogna dimenticare che il sistema tributario è un meccanismo complesso, le cui parti si legano una all’altra. Non è una buona idea cambiare le tasse una alla volta“. I senatori, nel dubbio, hanno applaudito. Lo hanno fatto, in totale, 21 volte, senza tuttavia interromperlo davvero quasi mai. L’unico momento in cui l’oratore è stato costretto a ripetere un concetto è quando ha ringraziato il suo predecessore. Lo ha chiamato per nome: “Giuseppe Conte che ha affrontato una situazione di emergenza sanitaria ed economica come mai era accaduto dall’Unità d’Italia“. Lì si è dovuto fermare perché dai banchi del M5s e del Pd battevano le mani più forte rispetto alle altre 20 volte. Dopo qualche secondo dagli scranni Lega sono arrivati i “buuh” che hanno costretto la presidente Casellati a intervenire, Draghi a interrompersi e poi a riprendere il discorso dalla frase precedente.
Le quattro repliche a Salvini (mai citato) – I banchi del Carroccio, invece, sono rimasti muti quando il premier ha replicato alle provocazioni di Salvini sulla reversibilità della moneta unica. “Sostenere questo governo significa condividere l’irreversibilità della scelta dell’euro, significa condividere la prospettiva di un’Unione Europea sempre più integrata. Gli Stati nazionali rimangono il riferimento dei nostri cittadini, ma nelle aree definite dalla loro debolezza cedono sovranità nazionale per acquistare sovranità condivisa“. Era solo il primo atto. Per evitare fraintendimenti, poco dopo Draghi ha spiegato come la pensa sui sovranismi: “Dobbiamo essere orgogliosi del contributo italiano alla crescita e allo sviluppo dell’Unione europea. Senza l’Italia non c’è l’Europa. Ma, fuori dall’Europa c’è meno Italia. Non c’è sovranità nella solitudine. C’è solo l’inganno di ciò che siamo, nell’oblio di ciò che siamo stati e nella negazione di quello che potremmo essere“. E se per caso qualcuno si fosse perso quel passaggio, ci è tornato di nuovo alla fine del suo discorso: “Questo governo nasce nel solco dell’appartenenza del nostro Paese, come socio fondatore, all’Unione europea, e come protagonista dell’Alleanza Atlantica, nel solco delle grandi democrazie occidentali, a difesa dei loro irrinunciabili principi e valori”. Il quarto intervento era pieno di maiuscole: “Questo governo sarà convintamente europeista e atlantista, in linea con gli ancoraggi storici dell’Italia: Unione europea, Alleanza Atlantica, Nazioni Unite. Ancoraggi che abbiamo scelto fin dal dopoguerra, in un percorso che ha portato benessere, sicurezza e prestigio internazionale. Profonda è la nostra vocazione a favore di un multilateralismo efficace, fondato sul ruolo insostituibile delle Nazioni Unite”. Chi intende ancora flirtare con Visegrad, insomma, è avvisato.
Un discorso politico – La replica alle provocazioni di Salvini è probabilmente la parte più politica del discorso di Draghi. Insieme alla scelta, per nulla casuale, di non porsi in contrapposizione con l’esecutivo di Conte. “Il precedente Governo ha già svolto una grande mole di lavoro sul Programma di ripresa e resilienza. Dobbiamo approfondire e completare quel lavoro che, includendo le necessarie interlocuzioni con la Commissione Europea, avrebbe una scadenza molto ravvicinata, la fine di aprile”, dice per spiegare cosa c’è da fare sul Recovery. E dire che per Matteo Renzi il lavoro di Conte era tutto da rifare. Anzi: è proprio con la scusa del Recovery che il leader d’Italia viva ha fatto cadere la vecchia maggioranza. È ad alta percentuale politica ha anche la breve analisi che il premier ha dedicato al suo stesso esecutivo: “Si è detto e scritto che questo governo è stato reso necessario dal fallimento della politica. Mi sia consentito di non essere d’accordo. Nessuno fa un passo indietro rispetto alla propria identità ma semmai, in un nuovo e del tutto inconsueto perimetro di collaborazione, ne fa uno avanti nel rispondere alle necessità del Paese, nell’avvicinarsi ai problemi quotidiani delle famiglie e delle imprese che ben sanno quando è il momento di lavorare insieme, senza pregiudizi e rivalità“. Al presidente del consiglio non piace l’etichetta di governo tecnico: “Un esecutivo come quello che ho l’onore di presiedere, specialmente in una situazione drammatica come quella che stiamo vivendo, è semplicemente il governo del Paese. Non ha bisogno di alcun aggettivo che lo definisca. Riassume la volontà, la consapevolezza, il senso di responsabilità delle forze politiche che lo sostengono alle quali è stata chiesta una rinuncia per il bene di tutti”.
Le riforme “a tempo” e la citazione di Cavour – Poi ha aggiunto una frase che sembra dare una data di scadenza all’esecutivo: “La durata dei governi in Italia è stata mediamente breve ma ciò non ha impedito, in momenti anche drammatici della vita della nazione, di compiere scelte decisive per il futuro dei nostri figli e nipoti. Conta la qualità delle decisioni, conta il coraggio delle visioni, non contano i giorni. Il tempo del potere può essere sprecato anche nella sola preoccupazione di conservarlo”. Un concetto rafforzato pescando addirittura dall’archivio di Camillo Benso di Cavour: “Il Governo farà le riforme ma affronterà anche l’emergenza. Non esiste un prima e un dopo. Siamo consci dell’insegnamento di Cavour; le riforme compiute a tempo, invece di indebolire l’autorità, la rafforzano. Ma nel frattempo dobbiamo occuparci di chi soffre adesso, di chi oggi perde il lavoro o è costretto a chiudere la propria attività”.
La pandemia e il mea culpa sul ritardo delle informazioni –“. Il primo intervento pubblico si è aperto con la pandemia e pure con un mea culpa: “Ci impegniamo a informare i cittadini con sufficiente anticipo, per quanto compatibile con la rapida evoluzione della pandemia, di ogni cambiamento nelle regole”. Il riferimento è a domenica scorsa, quando il divieto di riapertura degli impianti da sci è stato comunicato solo 24 ore prima. Un concetto sul quale il premier ha insistito più volte è che la lotta alla pandemia è propedeutica alla ripresa economica: “La diffusione del virus ha comportato gravissime conseguenze anche sul tessuto economico e sociale del nostro Paese. Con rilevanti impatti sull’occupazione, specialmente quella dei giovani e delle donne. Un fenomeno destinato ad aggravarsi quando verrà meno il divieto di licenziamento nel numero totale di ore di Cassa integrazione per emergenza sanitaria dal 1 aprile al 31 dicembre dello scorso anno supera i 4 milioni. Nel 2020 gli occupati sono scesi di 444 mila unità ma il calo si è accentrato su contratti a termine (-393 mila) e lavoratori autonomi (-209). La pandemia ha finora ha colpito soprattutto giovani e donne, una disoccupazione selettiva ma che presto potrebbe iniziare a colpire anche i lavoratori con contratti a tempo indeterminato“.
La scuola si allunga – Sui vaccini, il premier ha detto che vanno organizzati in tutte le strutture esistenti, pubbliche e private. “La velocità è essenziale”, dice rimarcando la necessità di mobilitare tutte le forze possibili: protezione civile, forze armate, volontari. Poi dice che bisogna ridisegnare la sanità territoriale. Altro tema: il ritorno a scuola. “La diffusione del Covid ha provocato ferite profonde nelle nostre comunità, non solo sul piano sanitario ed economico, ma anche su quello culturale ed educativo. Le ragazze e i ragazzi hanno avuto, soprattutto quelli nelle scuole secondarie di secondo grado, il servizio scolastico attraverso la didattica a distanza che, pur garantendo la continuità del servizio, non può non creare disagi ed evidenziare diseguaglianze”. Per questo, secondo il premier “non solo dobbiamo tornare rapidamente a un orario scolastico normale, anche distribuendolo su diverse fasce orarie, ma dobbiamo fare il possibile, con le modalità più adatte, per recuperare le ore di didattica in presenza perse lo scorso anno, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno in cui la didattica a distanza ha incontrato maggiori difficoltà”.
Sul Recovery si riparte dal piano di Conte- Parte fondamentale dell’intervento dell’ex presidente della Bce è ovviamente quella dedicata al Recovery: il suo governo è stato formato per mettere in sicurezza il piano di aiuti europei. “Ogni spreco oggi è un torto che facciamo alle prossime generazioni, una sottrazione dei loro diritti. Esprimo davanti a voi, che siete i rappresentanti eletti degli italiani, l’auspicio che il desiderio e la necessità di costruire un futuro migliore orientino saggiamente le nostre decisioni”, è il messaggio. Il cuore dell’intervento è rappresentato invece dal fatto che sugli aiuti europei il governo ascolterà il Parlamento e intende partire dal piano varato dall’esecutivo di Conte. Le missioni del programma potranno essere rimodulate o accorpate ma restano quelle già note. E la governance, annuncia Draghi, sarà a capo del Ministero dell’Economia, “in strettissima collaborazione” con i ministeri competenti. La strategia per i progetti “non può che essere trasversale e sinergica, basata sul principio dei co-benefici”, spiega ancora Draghi. Che sugli investimenti nelle infrastrutture, traccia una novità rispetto al passato: “Il settore privato deve essere invitato a partecipare alla realizzazione degli investimenti pubblici apportando più che finanza, competenza, efficienza e innovazione”. C’è una notizia pure sulla quota di prestiti del Recovery che – dice il premier – “dovrà essere modulata in base agli obiettivi di finanza pubblica”.
Il tema conduttore: l’ambiente- Il tema che attraversa ogni pezzo di ragionamento dell’inquilino di Palazzo Chigi è l’ambiente, argomento caro al primo gruppo in Parlamento, cioè il Movimento 5 stelle. È per la creazione del super ministero alla transizione ecologica che i 5 stelle hanno appoggiato il nuovo esecutivo. Ed è in nome dell’ambiente che Beppe Grillo si è speso personalmente per Draghi. “Proteggere il futuro dell’ambiente, conciliandolo con il progresso e il benessere sociale, richiede un approccio nuovo. I modelli di crescita dovranno cambiare”, avverte il premier annunciando “una combinazione di politiche strutturali che facilitino l’innovazione, di politiche finanziarie che facilitino l’accesso delle imprese capaci di crescere al capitale e al credito e di politiche monetarie e fiscali espansive che agevolino gli investimenti e creino domanda per le nuove attività sostenibili che sono state create. Vogliamo lasciare un buon pianeta, non solo una buona moneta”. E una buona moneta deve essere la cosa più preziosa da lasciare in eredità. Almeno per uno che ha fatto per dieci anni il presidente della Bce,
Lavoratori tutti protetti, attività economiche un po’ meno- Il premier ha legato l’ambiente anche al mondo del lavoro. “Anche nel nostro Paese alcuni modelli di crescita dovranno cambiare. Ad esempio il modello di turismo, un’attività che prima della pandemia rappresentava il 14 per cento del totale delle nostre attività economiche. Imprese e lavoratori in quel settore vanno aiutati ad uscire dal disastro creato dalla pandemia. Ma senza scordare che il nostro turismo avrà un futuro se non dimentichiamo che esso vive della nostra capacità di preservare, cioè almeno non sciupare, città d’arte, luoghi e tradizioni che successive generazioni attraverso molti secoli hanno saputo preservare e ci hanno tramandato”. Su questo fronte si registra uno dei passaggi fondamentali del discorso di Draghi. “Uscire dalla pandemia non sarà come riaccendere la luce. Questa osservazione, che gli scienziati non smettono di ripeterci, ha una conseguenza importante. Il governo dovrà proteggere i lavoratori, tutti i lavoratori, ma sarebbe un errore proteggere indifferentemente tutte le attività economiche. Alcune dovranno cambiare, anche radicalmente. E la scelta di quali attività proteggere e quali accompagnare nel cambiamento è il difficile compito che la politica economica dovrà affrontare nei prossimi mesi”.
Pochissima giustizia (lo stretto indispensabile= – Trova pochissimo spazio, invece, la riforma della giustizia. Consapevole che si tratti di un tema divisivo il presidente del consiglio si limita a parlare di quella civile. E cita soltato quanto viene riportato nel Recovery plan di Conte e Alfonso Bonafede. “Nelle Country Specific Recommendations indirizzate al nostro Paese negli anni 2019 e 2020, la Commissione, pur dando atto dei progressi compiuti negli ultimi anni, ci esorta: ad aumentare l’efficienza del sistema giudiziario civile, attuando e favorendo l’applicazione dei decreti di riforma in materia di insolvenza, garantendo un funzionamento più efficiente dei tribunali, favorendo lo smaltimento dell’arretrato e una migliore gestione dei carichi di lavoro, adottando norme procedurali più semplici, coprendo i posti vacanti del personale amministrativo, riducendo le differenze che sussistono nella gestione dei casi da tribunale a tribunale e infine favorendo la repressione della corruzione“. L’altra riforma citata è quella della pubblica amministrazione. “Non si può procrastinare, dovremo muoverci su due direttive: investimenti in connettività con anche la realizzazione di piattaforme efficienti e di facile utilizzo da parte dei cittadini; aggiornamento continuo delle competenze dei dipendenti pubblici, anche selezionando nelle assunzioni le migliori competenze e attitudini in modo rapido, efficiente e sicuro, senza costringere a lunghissime attese decine di migliaia di candidati”.
Quello che manca al governo: donne e Sud – In fondo al discorso spazio anche a Sud e a parità di genere, due grandi assenti da questo governo, formato in grande maggioranza da uomini provenienti dal Nord Italia. “Benessere, autodeterminazione, legalità, sicurezza sono strettamente legati all’aumento dell’occupazione femminile nel Mezzogiorno“, sostiene il nuovo abitante di Palazzo Chigi. Che poi ha aggiunto: “la mobilitazione di tutte le energie del Paese nel suo rilancio non può prescindere dal coinvolgimento delle donne” anche perché “il divario di genere nei tassi di occupazione in Italia rimane tra i più alti di Europa”. E qui ha lanciato una delle sue frasi da titolo: “Una vera parità di genere non significa un farisaico rispetto di quote rosa richieste dalla legge: richiede che siano garantite parità di condizioni competitive tra generi”. A sentire Draghi il governo intende “lavorare in questo senso, puntando a un riequilibrio del gap salariale e un sistema di welfare che permetta alle donne di dedicare alla loro carriera le stesse energie dei loro colleghi uomini, superando la scelta tra famiglia o lavoro”. Spazio anche alle politiche migratorie, tema toccato in modo talmente soft che neanche la Lega potrà mai dirsi in disaccordo: “Cruciale sarà anche la costruzione di una politica europea dei rimpatri dei non aventi diritto alla protezione internazionale, accanto al pieno rispetto dei diritti dei rifugiati“. Quindi ecco la chiusa, scritta per ricevere l’ultimo applauso: “Questo è il terzo governo della legislatura. Non c’è nulla che faccia pensare che possa far bene senza il sostegno convinto di questo Parlamento. Oggi, l’unità non è un’opzione, l’unità è un dovere. Ma è un dovere guidato da ciò che son certo ci unisce tutti: l’amore per l’Italia“.